FEBBRAIO 2015
Domenico Fisichella al Circolo Rex
Per iniziativa del Circolo di Cultura ed Educazione
Politica Rex domenica 1 marzo, ore 10,30, in via Marsala
42, il Sen. Prof. Domenico Fisichella parlerà sul tema “Il
ruolo dell'Italia nella genesi delle due guerre mondiali”
Mattarella e Renzi: questioni di stile
di Senator
Lo stile fa l’uomo, si dice, e lo ha dimostrato ancora una
volta Sergio Mattarella. Il Presidente della Repubblica,
all’indomani della elezione, era andato a Palermo, sua
città natale, con un volo di linea. Ed era volato nei
sondaggi che indicano il gradimento degli uomini politici,
lui che fino al giorno prima conoscevano pochissimi
italiani
Ed oggi si è recato a Firenze per assistere
all’inaugurazione dell’anno accademico della Scuola della
Magistratura prendendo il treno, come tutti. Sceso a Santa
Maria Novella è salito sulla filovia per recarsi a
Scandicci, sede della scuola, dove ha tenuto un discorso
del quale le agenzie e le televisioni hanno trasmesso gli
stralci più significativi. Molto interessanti, un invito
ai magistrati a non essere burocrati e a non esibirsi se
non nella celerità del loro lavoro, per corrispondere al
desiderio “di legalità” diffuso tra la gente.
Un bel gesto, belle parole. Intanto a Parigi il Presidente
del Consiglio si recava con la sua corte di fedelissimi a
parlare con Hollande. Anche qui agenzie e televisioni
hanno fatto la loro parte diffondendo le immagini del
gioioso sbarco della Boschi e della Madia scherzose e
festanti. Poi hanno dato conto dell’intervista del premier
che, ad una domanda sull’eccesso di decreti legge, ha
sentenziato “farò meno decreti legge quando le opposizioni
faranno meno ostruzionismo”.
Strana idea della democrazia quella del giovanotto di
Rignano sull’Armo che pure ha ricordato essere la nostra
una Repubblica parlamentare.
Peccato che a lui il Parlamento vada bene solo se non lo
critica o non propone qualcosa di diverso da quello che
lui ritiene essere “il bene del Paese”, una idea per
“entrare nel futuro”.
Arroganza e improntitudine tipica del parvenu,
naturalmente messa a confronto con lo stile di un uomo,
Sergio Mattarella, di ben alta classe, personale e
professionale.
24 febbraio 2015
La prima “grana” per il Presidente Mattarella
Pericoli per la democrazia se il Governo abusa della
delega legislativa
di Salvatore Sfrecola
Era inevitabile che l’approvazione dei primi decreti
concernenti la delega del lavoro avrebbero scatenato
polemiche, soprattutto da parte della sinistra del
Partito Democratico e dei sindacati che avevano già
affilato le armi nella fase di approvazione della legge
delega, ritenuta per molti aspetti “in bianco”, cioè priva
di “principi e criteri direttivi”, i requisiti previsti
dall’art. 76 della Costituzione.
A queste polemiche si sono aggiunte le critiche della
Presidente della Camera, Boldrini, che ha lamentato il
mancato accoglimento delle osservazioni formulate dalle
Commissioni parlamentari sugli schemi dei decreti
delegati. Ed ha formulato accuse pesanti al Presidente del
Consiglio, perché un “uomo solo” al potere “non rispetta
l’idea di democrazia”.
Non entro nelle polemiche che, come è stato sottolineato,
scontano forti distinzioni ideologiche, ma è certo che
questa vicenda rivela un uso non costituzionalmente
corretto del ricorso alla delega legislativa, anche in
considerazione della forte espansione del fenomeno, tanto
che le leggi delega hanno superato il numero delle leggi
ordinarie, come si legge nel Rapporto 2006 sulla
legislazione della Camera dei deputati.
Com’è noto, infatti, in via ordinaria, a norma dell’art.
70 della Costituzione, “la funzione legislativa è
esercitata collettivamente dalle due Camere”, che,
tuttavia, possono delegare il governo ad “emanare decreti
che abbiano valore di legge ordinaria” (art. 77) previa
“determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto
per tempo limitato e per oggetti definiti” (art. 76).
La delegazione di poteri legislativi all’Esecutivo è
strumento antico, usato “per affrontare argomenti
tecnicamente molto complessi e “tecnici””, scrivono
Roberto Bin e Giovanni Pitruzzella nel loro “Diritto
costituzionale”, come i codici, i testi normativi
riguardanti l’ordinamento del pubblico impiego,
l’ordinamento contabile e tributario e tutte le altre
normative che esigono precisazioni tecniche di dettaglio
non compatibili con le procedure ordinarie della
discussione parlamentare.
Queste norme di dettaglio, adottate con i decreti
legislativi, trovano la loro legittimazione nei principi e
nei criteri direttivi e nell’oggetto definito che
costituiscono i cosiddetti contenuti necessari della legge
delega, che non può essere generale, perché altrimenti il
Parlamento svuoterebbe di significato art. 70, ma non può
essere neanche generica. “Spetta al Parlamento decidere se
l’oggetto sia più o meno esteso: può trattarsi di una
delega che riguarda un argomento molto specifico, come può
trattarsi invece di una delega assai vasta, che riguarda
settori assai ampi della legislazione (un intero codice o
la riforma dell’amministrazione pubblica, ad esempio)”
(Bin e Pitruzzella).
La legge di delega deve restringere l’ambito della
discrezionalità del governo indicando i principi e i
criteri direttivi che servono da guida per l’esercizio del
potere delegato. “La determinazione degli interessi da
soddisfare e degli scopi da perseguire resta quindi una
competenza riservata al Parlamento, che ad essa non può
legittimamente rinunciare”. Pertanto “la Corte
costituzionale ha più volte ripetuto che la legge di
delega che mancasse di definire i principi e criteri
direttivi sarebbe illegittima, ma ha anche sempre lasciato
alla valutazione del Parlamento la scelta del grado di
precisione e di analiticità di queste indicazioni” (Bin
Pitrizzella).
Una volta approvata la delega il governo adotta i “decreti
legislativi” o “decreti delegati” che vengono adottati su
deliberazione del Consiglio dei ministri in prima lettura
e sottoposti al parere delle Camere e quindi nuovamente
approvati in via definitiva dal governo in forma di
decreto del Presidente della Repubblica. Per cui le
critiche della Boldrini per non aver il Consiglio dei
ministri tenuto conto delle osservazioni delle Commissioni
parlamentari.
Un tempo la procedura era diversa. Trattandosi di atti
amministrativi (decreti del Presidente della Repubblica)
sia pure a contenuto normativo i decreti legislativi erano
sottoposti al controllo della Corte dei conti in base
all’art. 100 della Costituzione che prevede che la Corte
eserciti controllo preventivo di legittimità sugli atti
del governo.
Abolito il controllo della Corte, l’art. 14 della legge
400 del 1988 ha introdotto il parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia ritenendo che, avendo
esse delegato il governo, siano idonee a verificare la
rispondenza del provvedimento delegato ai principi e
criteri direttivi della legge di delegazione. Questo pone
un interrogativo sulla forza di questo parere, cioè che si
tratti di un parere obbligatorio o di un parere
vincolante. Che sia obbligatorio non c’è dubbio, essendo
necessariamente da richiedere, che sia vincolante, invece,
non è condiviso in dottrina, in quanto, in presenza di un
parere vincolante, il soggetto che decide non è chi chiede
ma chi dà il parere. In sostanza “introducendo il parere
vincolante nella legge di delega si modificherebbe la sua
stessa natura, perché il destinatario reale della delega
non sarebbe più il governo ha il soggetto cui esso deve
chiedere il parere” (Bin e Pitruzzella).
La questione, ovviamente, è molto delicata perché, da un
lato, le Camere sono chiamate a fornire un parere che deve
poggiare sulla rispondenza della norma delegata alle
prescrizioni della legge delega, dall’altro, non si può
espropriare il governo del proprio ruolo. La previsione,
un tempo, del controllo preventivo di legittimità della
Corte dei conti dimostra che la preoccupazione di
assicurare ai decreti legislativi un contenuto conforme
alla delega era presente nell’ordinamento italiano già
prima della legge 400 del 1988, che ha eliminato questo
controllo. Tanto è vero che la Presidente della Camera ha
protestato nei confronti del governo perché non è stato
dato risalto ai pareri delle Commissioni parlamentari.
Potrebbe ovviarsi a questa situazione prevedendo che il
Governo motivi il dissenso rispetto al parere delle
Commissioni, come è previsto per i Regolamenti dell’Unione
Europea. Servirebbe anche a guidare l’interprete e, del
caso, il giudice, compresa la Corte costituzionale.
Ma dubito che ciò possa avvenire in un contesto di
compressione evidente del poteri del Parlamento, come
dimostra il ripetuto ricorso al voto di fiducia.
I provvedimenti passano adesso al vaglio del Presidente
della Repubblica il quale esercita in questa sede un
controllo di legittimità che consiste nella verifica della
corrispondenza del decreto legislativo alle prescrizioni
contenute nella legge di delega. Si tratta di una funzione
di controllo che il Presidente esercita “in termini almeno
pari”, come ha affermato la Corte costituzionale, a quello
che svolge in sede di promulgazione della legge, anche se
in questo caso il parametro non è la Costituzione ma la
legge di delegazione.
La patata bollente passa dunque al Quirinale.
22 febbraio 2015
Dopo le devastazioni di Roma ad opera degli olandesi
Ci attendiamo un gestore regale, le scuse e il
risarcimento dei danni
di Salvatore Sfrecola
Un gesto regale, cioè un gesto normale per un Sovrano, è
quello che ci attendiamo da Sua Maestà Guglielmo
Alessandro di Orange Nassau, Re dei Paesi Bassi. Una
parola di scuse a Roma e all’Italia per la devastazione
della berniniana Fontana della Barcaccia, in Piazza di
Spagna, e un gesto concreto, un assegno di importo
corrispondente alla somma necessaria per il restauro.
Piccola somma, tutto sommato, ma grande è l’atto che ci si
attende da un Re.
Lo attendiamo con fiducia, anche se quel gesto doveva
essere già stato fatto, mentre l’Ambasciatore del Re degli
olandesi si è detto indisponibile a qualunque risarcimento
dei danni subiti dal monumento. Danni permanenti. Danni
“sicuramente maggiori di quelli accertati da un primo
sopraluogo…
che hanno creato danni indelebili e permanenti",
dice il Sovrintendente ai beni culturali di Roma
Claudio Parisi Presicce.
L'Ambasciatore olandese, ha riferito il Sindaco Marino, ha
detto di non sentirsi responsabile dell'esborso economico
per riparare la fontana del Bernini. Sbaglia il
diplomatico arancione perché, al di là della
responsabilità giuridica che potrebbe essere fatta valere
in Tribunale, c’è una evidente responsabilità morale alla
quale l’Olanda non può sottrarsi e della quale il Sovrano
si deve dare carico, come hanno scritto su Twitter e su
Facebook quanti hanno risposto alle mie sollecitazioni nei
confronti del RE.
Nella tristezza del momento, mentre s’inseguono polemiche
sulle responsabilità dei soggetti incaricati della tutela
dell’ordine pubblico, fa piacere sentire che diversi
privati italiani si sono immediatamente offerti di
contribuire alle spese del restauro. “L'Olanda farà di
tutto per aiutare l'Italia a individuare i colpevoli in
modo che possano risarcire i danni”, dice l'ambasciatore
olandese. È un suo preciso dovere, anche per riscattare il
danno all’immagine del suo paese prodotto dai teppisti
ubriachi. Ma non è sufficiente.
20 febbraio 2015
Un sorriso timido, un bel gesto
e Mattarella vola nei sondaggi
di Salvatore Sfrecola
È bastato il suo sorriso, timido ma non di circosatnza, e
soprattutto un gesto, il viaggio a Palermo su un volo di
linea anziché con un aereo di Stato, a richiamare
l’attenzione degli italiani per il nuovo presidente della
Repubblica. Così i sondaggi, che fino al giorno prima lo
davano pressoché sconosciuto alla maggioranza degli
italiani lo hanno fatto volare nei sondaggi assegnandogli
la posizione del più gradito dei politici. Al 48%
“staccando” di più di 10 lunghezze il presidente del
consiglio che compare in televisione più volte al giorno,
prima e dopo i pasti.
Il dato merita qualche commento, estremamente facile, per
la verità.
In primo luogo gli italiani dimostrano di apprezzare chi
ha rispetto per le istituzioni e del pubblico denaro, come
dimostra la scelta di usare un volo di linea per un
viaggio personale in un contesto giornalistico nel quale
anche Twitter diffonde immagini del primo ministro inglese
Cameron e del ministro dei trasporti che raggiungono il
loro ufficio a Londra utilizzando la metropolitana.
D’altra parte su Facebook, che in questo periodo pubblica
foto storiche, in particolare della prima guerra mondiale,
dà conto della sobrietà delle autorità pubbliche
dell’epoca nell’uso dei mezzi dello Stato. E qualcuno, a
commento della foto con un corteo di auto che accompagnava
il presidente Napolitano, ha ricordato che il re Vittorio
Emanuele III, nel percorso da villa Savoia al palazzo del
Quirinale, aveva una sola autovettura di scorta.
Oggi il presidente Mattarella mette a disposizione degli
italiani altre sale del palazzo del Quirinale per le
visite e nuovi spazi per la fruizione di iniziative
culturali al centro della Capitale, in un contesto di
straordinaria bellezza.
Dunque Mattarella si colloca al 48% dei consensi davanti a
Renzi (34%), Matteo Salvini (23%), Giorgia Meloni (16%),
Silvio Berlusconi (15%), Beppe Grillo (14%, +1), Angelino
Alfano (12%) e Nichi Vendola (10%).
Sfiora il 50% che viene considerato un indice di
gradimento significativo.
Attendiamo la prossima rilevazione. Certamente crescerà
agli occhi degli italiani e chissà se non riuscirà a
restituire fiducia nella politica in quei “concittadini”,
come lui ha chiamato subito dopo l’elezione i nostri
connazionali, che se ne sono distaccati, che non votano,
non tanto e non soltanto per protesta ma perché
evidentemente non hanno fiducia che qualcosa cambi.
Per restituire fiducia nessuno è più adatto di un
Presidente che apre il Palazzo e sale su un aereo di linea
per tornare a casa.
17 febbraio 2015
Il discorso di Mattarella
Un richiamo forte alla legalità
di Salvatore Sfrecola
Qualcuno certamente ripercorrerà, ancora nei prossimi
giorni, il discorso pronunciato dal Presidente Mattarella
dinanzi al Parlamento in seduta comune, per commentare
soprattutto alcune affermazioni che hanno riscosso il
gradimento di Senatori e Deputati. Sottolineate da
applausi ripetuti, non tutti di rito e non tutti, forse,
sinceri. In ogni caso ha colpito la forza straordinaria
della semplicità di certe proposizioni, la stringatezza
dei concetti che richiamano l’attenzione, stimolano
l’immaginazione politica e suscitano emozioni. Quelle
manifestazioni di consenso hanno sottolineato in molti
casi una condivisione di valori, in altri una
sollecitazione a fare, come quando il Presidente ha
espresso forti e ripetute preoccupazioni per la situazione
economica e per il disagio dei “concittadini”, come aveva
già fatto il giorno dell’elezione, dei giovani, in
particolare, di quelli delle aree disagiate, come nel
“suo” Meridione. Per la lunga crisi che “ha aumentato le
ingiustizie. Ha generato nuove povertà. Ha prodotto
emarginazione e solitudine”. E angoscia, “in tante
famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle
ragazze e ai ragazzi”.
Con indicazione di una prospettiva ragionevole. “E'
indispensabile – ha detto - che al consolidamento
finanziario si accompagni una robusta iniziativa di
crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo”.
In un Paese nel quale esistono “energie che attendono
soltanto di trovare modo di esprimersi compiutamente” Per
cui la necessità “che al consolidamento finanziario si
accompagni una robusta iniziativa di crescita, da
articolare innanzitutto a livello europeo. Penso ai
giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero
vedere riconosciuto il merito”. I giovani presenti, come
mai in passato, in Parlamento con “le speranze e le attese
dei propri coetanei”. Con una “capacità di critica, e
persino di indignazione”. Che ha fatto pensare ad una
attenzione verso i CinqueStelle.
Ma c’è stato anche un significativo richiamo ad altri
valori e regole costituzionali, in primo luogo al ruolo
delle Camere in una Repubblica parlamentare, che appare
anche come una presa di distanza dalla prassi di una
decretazione d’urgenza di assai dubbia legittimità, e di
dimensioni particolarmente rilevanti, al punto di limitare
il dibattito parlamentare nella sede della conversione in
legge, sempre sulla base di mozioni di fiducia.
Il Presidente, uomo di diritto con significative
esperienze governative sa bene del ruolo centrale che
riveste la Pubblica Amministrazione per il perseguimento
delle politiche pubbliche. Un’Amministrazione “che
possiede competenze di valore ma che deve declinare i
principi costituzionali, adeguandosi alle possibilità
offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei
cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza,
semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni”.
Poi uno sguardo al futuro, all’esigenza di una “tenace
mobilitazione di tutte le risorse della società italiana”,
nelle sue varie articolazioni. “La strada maestra di un
Paese unito – ha affermato Mattarella - è quella che
indica la nostra Costituzione, quando sottolinea il ruolo
delle formazioni sociali, corollario di una piena
partecipazione alla vita pubblica.
La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli
strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla
società emergono, con forza, nuove modalità di espressione
che hanno già prodotto risultati avvertibili nella
politica e nei suoi soggetti”.
E qui molti hanno ritenuto di intravedere una critica
implicita al comportamento di Renzi da molti accusato di
aver ignorato, quando non emarginato, le rappresentanze
delle formazioni sociali, a cominciare dai sindacati.
“Per riaccostare gli italiani alle istituzioni”,
sottolinea il Presidente, è necessario “intendere la
politica come servizio al bene comune, patrimonio di
ognuno e di tutti”.
E, poi, quella perorazione forte, ritmata dai ripetuti,
incalzanti “significa” per “Garantire la Costituzione”.
Garantire “il diritto allo studio”, “il diritto al
lavoro”, la promozione della “cultura diffusa” e “la
ricerca di eccellenza”, “amare i nostri tesori ambientali
e artistici”, “i diritti dei malati”, concorrere “alle
spese della comunità nazionale”, “ottenere giustizia in
tempi rapidi”. E via con riferimento ai diritti sanciti in
Costituzione. Quanto alle persone con disabilità e alla
“famiglia, risorsa della società”, al “pluralismo
dell'informazione”.
Infine. “Garantire la Costituzione significa affermare e
diffondere un senso forte della legalità”. Per cui “la
lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità
assolute”.
6 febbraio 2015
Quel che è mancato negli ultimi anni
Sergio Mattarella garante imparziale delle regole
costituzionali
di Salvatore Sfrecola
Scrivo senza aver letto nessuno dei commenti che oggi
sulla stampa hanno certamente accompagnato l’elezione di
Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. E c’è
da esser certi che saranno di vario tenore, improntati al
metodo usato dal segretario del Partito Democratico,
Matteo Renzi, nella gestione dell’operazione Quirinale ed
alle conseguenze che questo ha lasciato nel mondo
politico, soprattutto con le gravi lacerazioni che già si
registrano a destra, ed alla personalità dell’eletto del
quale, già nei commenti che hanno caratterizzato i
dibattiti televisivi, si è detto essere un esponente della
sinistra democristiana, un uomo della prima Repubblica, un
giurista attento alle regole.
Il riferimento alla prima Repubblica ha quasi sempre un
significato negativo, ma, in realtà, quella stagione della
vita politica italiana è stata caratterizzata, per gran
parte, da una positiva espansione dell’economia italiana,
da condizioni di vita della nostra gente generalmente
buone e da un rispetto delle regole costituzionali che
potremmo definire diffuso. Infatti solo con la gestione
Craxi il debito pubblico è più che raddoppiato, la
corruzione si è estesa si è avviato il tramonto di quella
che, appunto, è stata chiamata “prima Repubblica”.
Quanto ai riferimenti personali concernenti la cultura
giuridica del presidente Mattarella per la sua rigidità
nel rispetto della Costituzione e delle regole non c’è
dubbio che si tratti di pregi in un momento nel quale
l’esigenza di riforme è stata assai spesso interpretata
nel senso di una manipolazione della normativa esistente e
della introduzione di disposizioni confuse o inefficaci.
Una deriva legislativa che ha raggiunto il suo acme nella
riforma costituzionale e della legge elettorale che hanno
sollevato più di un dubbio tra i costituzionalisti e le
persone di buon senso.
Ed è certo che dai prossimi giorni la presidenza della
Repubblica non sarà il luogo dove si appone la firma a
qualunque provvedimento proveniente dalla presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Voglio dare conto di una mia personale esperienza. Ho
conosciuto anni fa l’onorevole Mattarella quando era
presidente del Gruppo parlamentare della Camera dei
deputati del Partito Popolare Italiano. Avevo
chiesto un appuntamento, nella mia qualità di presidente
dell’associazione Magistrati della Corte dei conti per
rappresentargli alcune esigenze in relazione a riforme
normative che interessavano l’Istituzione. Da quel
colloquio compresi subito che il mio interlocutore era la
persona capace di ascoltare e di comprendere anche
questioni tecniche complesse, di quelle che non si leggono
libri di scuola ma che spesso sono la ragione del
funzionamento delle istituzioni dello Stato, in
particolare di una magistratura che applica normative
oggetto di interventi legislativi spesso occasionali e
alluvionali. E questo, a parte la cortesia personale, il
garbo con il quale l’onorevole Mattarella aveva ascoltato
le mie considerazioni intervenendo in modo appropriato e
propositivo nella discussione.
Ottimo giurista, dunque, e uomo delle istituzioni che non
è di tutti coloro i quali rivestono una carica nell’ambito
dei partiti, del Parlamento, e del Governo. Uomo delle
istituzioni significa avere alto il senso dello Stato e
del ruolo rivestito, considerando l’attività politica e
legislativa finalizzata non al perseguimento di fini di
parte ma dell’interesse generale. L’ho verificato in
ulteriori successivi incontri anche quando l’On.
Mattarella rivestiva il ruolo di vice presidente del
Consiglio dei Ministri, quando la magistratura della corte
dei conti ambiva ad una nomina al vertice dell’Istituto
attraverso la individuazione di una personalità
proveniente dai ruoli dei giudici contabili.
Mi è capitato più volte, al di là delle occasioni che ho
ricordato, di incontrare l’onorevole Mattarella nei
dintorni dei palazzi del potere, come spesso accade con
tutti coloro che hanno una funzione istituzionale. E l’ho
trovato sempre cortese, sorridente nel ricambiare il
saluto, con quel sorriso che è stato definito timido ma
che in realtà è segno di buona educazione tra le persone.
Ricevuto il verbale della seduta del Parlamento che lo ha
eletto presidente della Repubblica ha detto poche parole
che attestano della sua personalità, attento ai problemi
delle persone, dei “concittadini”, come ha precisato con
espressione non consueta. Sentiremo il suo discorso in
occasione del giuramento, martedì. E sono certo che certe
mie considerazioni sulla personalità del nuovo presidente,
sulla sua cultura giuridica e sul suo senso dello Stato
saranno confermate quando parlerà del suo ruolo al
Quirinale, dove avremo un garante della Costituzione e
delle regole, che possono essere certamente modificate ma
con il rispetto dei meccanismi che la Carta fondamentale
ci ha consegnato a garanzia del buon funzionamento della
nostra democrazia.
Sotto questo profilo è certo che la presidenza Mattarella
sarà molto diversa da quella del suo predecessore, che in
molti casi poco ha fatto per frenare l’irruenza del Capo
del Governo che, probabilmente mal consigliato, ha
adottato provvedimenti d’urgenza laddove questa non era
presente, creando non pochi problemi al funzionamento
delle istituzioni senza che quelle preoccupazioni che
giustamente hanno colorito le prime parole del nuovo
presidente della Repubblica ricevessero l’attenzione
necessaria in questo momento di grave crisi economica.
Con Sergio Mattarella gli italiani impareranno presto a
capire che al vertice dello Stato c’è una personalità di
grande equilibrio, di capacità di dialogo con tutti e di
mediazione tra le forze politiche, ma nel rispetto della
Costituzione e delle sue regole perché in questo rispetto
e in queste regole sta il buon funzionamento dello Stato e
la tutela delle libertà individuali e collettive.
1 febbraio 2015