DICEMBRE
2012
Ma potrebbero essere imbarazzanti per Monti
Bene le liste separate alla
Camera
di Salvatore Sfrecola
Giusta la scelta delle forze di centro che si riconoscono
nell’“Agenda Monti”di correre alla Camera con liste
distinte. È un modo per pescare nei vari ambienti
politici, culturali, locali, senza che vi sia possibilità
che manchi qualche consenso perché in lista c’è chi non
piace o è stato avversario politico, ciò che spesso in
sede locale crea contrasti gravi e duraturi.
Separati per correre verso un solo obiettivo, far emergere il
consenso intorno all’iniziativa del Professore. Vedremo
che ne dirà Mannheimer al prossimo sondaggio, ma è certo
che l’esperienza dice che è stata fatta una scelta giusta.
C’è solo un pericolo, quello che l’autonomia delle singole liste
possa portare i partiti a candidare anche qualche
personaggio con scheletri nell’armadio o peggio,
condannato o indagato. E questa evenienza, tutt’altro che
remota, anzi molto verosimile, potrebbe creare imbarazzo
per Monti perché sul quel o su quei candidati si
getterebbero subito gli avversari politici per dire che è
smentito nei fatti quel che Monti vuol presentare, la
faccia onesta degli italiani.
Staremo a vedere.
29 dicembre 2012
Bersani, il rottamator cortese
di Salvatore Sfrecola
Matteo Renzi l’ha teorizzata, Pierluigi Bersani l’ha
attuata. La “rottamazione”, brutta espressione che
tuttavia rende plasticamente l’idea di eliminare il
vecchio, nel linguaggio della politica coloro che stanno
sulla scena da troppo tempo, è realizzata mediante lo
strumento delle primarie che mette a confronto chi fa
politica nel Partito Democratico, costringendo
giovani emergenti a competere con i notabili, molti dei
quali disabituati a ricercare il consenso perché comunque
inseriti d’ufficio negli organi dirigenti e perché
rieletti nelle ultime elezioni in ragione della loro
collocazione privilegiata nelle liste grazie al
porcellum.
Questa situazione di calma piatta è sconvolta
dall’iniziativa di Bersani di indire le primarie che,
esclusi coloro i quali rientreranno nelle liste comunque,
quasi fosse un Oscar alla carriera, costringerà le fasce
medie ad una competizione alla quale erano da tempo
disabituati. Con la conseguenza che coloro i quali hanno
trascurato di curare il territorio e magari hanno allevato
qualche giovane rampante si troveranno in serie
difficoltà, magari scalzati dal loro stesso “delfino”.
Bersani ha, dunque, attuato una rottamazione di fatto,
mettendo a correre chi spesso ha il fiato corto insieme a
giovani pieni di energia e di voglia di farsi avanti.
Avremo un nuovo Partito Democratico? È presto per
dirlo, anche perché i vecchi leoni hanno spesso dimostrato
di avere cartucce di riserva ed una capacità di reazione
dovuta all’esperienza degli anni giovanili nei quali la
presenza nelle sezioni e nel collegio era condizione di
affermazione politica.
In che misura sarà rinnovata la classe parlamentare del PD
lo vedremo, ma è certo che Bersani si è posto come
rinnovatore accorto e prudente, ancorando lo svecchiamento
della dirigenza del partito ad una iniziativa certamente
democratica, sulla quale nessuno avrà da ridire. In primo
luogo Renzi che, avendo lottato in giro per l’Italia per
la sua candidatura, sarà in condizione, con ogni
probabilità, di portare nelle liste molti di coloro che lo
hanno sorretto nel confronto con Bersani.
Una “rottamazione” di fatto, dunque, indolore. Ma solo per
alcuni.
29 dicembre 2012
Ingroia, Grasso, Dambruoso
Magistrati in politica: ed
è subito polemica
di Salvatore Sfrecola
I giornali di oggi danno spazio
a prese di posizione, il più delle volte critiche, nei
confronti dei magistrati che in questi giorni hanno
manifestato l’intenzione di partecipare alle elezioni del
2013, Ingroia con il Movimento arancione, Grasso
con il Partito Democratico, Dambruoso con Italia
Futura. Sono nomi di spicco della magistratura, come
ho scritto ieri, sollecitati da un desiderio di
intervenire nell’agone politico per difendere le ragioni
della legalità. Lo vuole la gente indignata dagli scandali
che hanno riguardato nei mesi scorsi la gestione delle
risorse pubbliche, dello Stato, delle regioni, dei comuni.
Ed i partiti raccolgono questa aspettativa.
Ma dov’è il problema e come
viene posto?
Lo abbiamo già accennato. Un
magistrato che entra in politica, anche se ha sempre
esercitato le funzioni di Pubblico Ministero o di Giudice
con il massimo dell’indipendenza, provoca in molti
cittadini disagio e li induce a dubitare che, in
precedenza, non sia stato così indipendente come avrebbe
dovuto essere se è vero che, all’ingresso in magistratura,
si ammonisce che coloro che indossano la toga della
giustizia debbono non solo essere ma anche apparire
indipendenti. E certamente non appare tale chi, in
servizio, partecipa ad iniziative politiche qualificate,
come i comizi od ai convegni delle organizzazioni
parallele ma "di area". Ricordo negli anni passati le
molteplici iniziative fiancheggiatrici del partito
comunista qualificate come democratiche. Per cui ovunque
andassi trovavo i giuristi "democratici" i giornalisti
ugualmente così qualificati e perfino i genitori che non
capivo perché dovessero essere qualificati "democratici".
D’altra parte la Costituzione,
all’art. 98, dopo aver affermato che “i pubblici impiegati
sono al servizio esclusivo della Nazione” dispone, al
comma 3, che “si possono con legge stabilire limitazioni
al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i
magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i
funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti
diplomatici e consolari all’estero”.
La ragione della norma è
evidente, non far venire meno quella necessaria neutralità
ed indipendenza (ricordiamo che l’art. 97, comma 2, della
Costituzione prevede che “i pubblici uffici dono
organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che
siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione”, laddove l’imparzialità
evidentemente assume una speciale connotazione nel caso di
chi deve amministrare la giustizia e, pertanto, è soggetto
“soltanto alla legge” (art. 101 Cost.). Ed è per questo
che “i magistrati sono inamovibili” (art. 107 Cost.) che i
cittadini pretendono da chi esercita funzioni pubbliche.
Ai magistrati dovrebbe, quindi,
essere inibita la partecipazione alle elezioni? Sarebbe
troppo, una limitazione della libertà di manifestazione
del pensiero incompatibile con una democrazia
rappresentativa. E viene subito da chiedersi perché un
medico si può presentare candidato, come un docente
universitario o di scuola media, come un funzionario
qualunque dello Stato, anche militare o funzionario o
agente delle forze dell’ordine.
La questione è delicata. Si può
sostenere che un medico entra in politica perché è un
"tecnico" della sanità che potrebbe contribuire a riforme
in un settore delicato, di interesse generale. Ma si
potrebbe anche sostenere che vorrebbe, da deputato o
senatore, rappresentare una lobby di interessi.
La posizione dei
magistrati è indubbiamente diversa. Rappresentano lo Stato
nella sua più importante funzione.
E come al solito non c’è una
soluzione che possa soddisfare tutti, in rapporto al
diritto di manifestare il proprio pensiero di cui è
certamente espressione la partecipazione ad una campagna
elettorale.
Sovvengono, allora, alcune
regole, che potremmo chiamare deontologiche, che
appartengono certamente al foro interno della persona ma
che hanno anche un riflesso istituzionale, nel senso che
devono essere fatte rispettare da chi, nell’ordinamento, è
preposto al rispetto delle prescrizioni costituzionali che
abbiamo richiamato. Nel caso del magistrato, dunque, sarà
il Consiglio Superiore della Magistratura o, per le
magistrature amministrative i rispettivi organi di
autogoverno, a vigilare sui comportamenti dei singoli,
censurando, nelle forme previste dalla legge (le
disposizioni sanzionatorie sono necessariamente stabilite
da fonti primarie e sono di stretta interpretazione), i
comportamenti che possono in qualche modo mettere in
dubbio l’indipendenza di chi indossa la toga e destare
scandalo tra i cittadini. È la regola, che più volte ho
richiamato, della “Moglie di Cesare”, della cui moralità
nessuno poteva dubitare.
Non c’è dubbio che il Consiglio
Superiore della Magistratura dovrebbe vigilare più
attentamente sui comportamenti dei magistrati, anche i più
modesti, quando possono far ritenere che essi in quel
modo, anche in volontariamente, dimostrato di aver
indossato una casacca, ciò che offusca la credibilità
della magistratura nel suo complesso e il prestigio di
ogni magistrato.
Chi ha desiderio di apparire di
parte, anche nel senso più nobile del termine, quale
espressione della partecipazione alla vita della polis
lo faccia apertamente, lasciando la toga. Vorrà dire che i
cittadini gli riconosceranno coerenza e neppure coloro che
sono di altro orientamento politico avranno nulla da
ridire, se in servizio ha dato effettivamente
dimostrazione di essere soggetto “soltanto alla legge”.
Grasso avrebbe fatto sapere
che, in caso fosse eletto, chiederà il collocamento a
riposo. Degli altri non si sa ancora nulla, al di là
dell’aspettativa richiesta per partecipare alle elezioni.
L’ormai ex Procuratore
Nazionale Antimafia ha detto di voler riformare
profondamente la Giustizia, certo conosce pregi e difetti
dell’attuale sistema fatto di leggi che disciplinano
diritti e doveri, che delineano procedure. Ma anche di
uomini e mezzi, perché il servizio “Giustizia”,
fondamentale per il buon funzionamento della società,
dacché da sempre le regole dei diritto fanno la differenza
(ubi societas ibi ius), come la loro applicazione,
è un servizio complesso fatto di tanti tasselli che ne
determinano unitariamente il buon funzionamento.
Corre da Ministro Grasso. Ma
riuscirà a mantenere quel che, per la verità
genericamente, si è ripromesso di fare?
Ma non potrà fare
il Ministro della Giustizia. Quel ruolo spetta ad un
politico "puro". Così non è bene che alla Difesa ci sia un
generale, alla salute un medico, all'economia un
ragioniere ed allo sviluppo economico un imprenditore. I
tecnici possono essere i consiglieri ma la decisione
politica spetta a chi ha una visione della società nella
complessità che le è propria.
Continueranno ancora le
polemiche. Fanno comodo a destra come a sinistra. Toghe
“rosse”, “nere” e “arancione” o diversamente colorate o
scolorite. Piace ai polemisti questa semplificazione di un
problema che, come ho scritto, esiste ma è stato fin qui
difficile definire in termini di conciliazione tra
l’indipendenza del magistrati, più esattamente di alcuni
magistrati, e l’eventuale impegno politico che gli stessi
possono lecitamente attuare. Uscendo dai ranghi.
28 dicembre 2012
I magistrati in
politica
Desiderio di
legalità
di Salvatore Sfrecola
La notizia di oggi è che Pietro
Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia, ha chiesto al
Consiglio Superiore della Magistratura di essere collocato
in aspettativa per partecipare alla campagna elettorale.
Pochi giorni dopo che Michele Vietti, Vice Presidente del
Consiglio Superiore aveva auspicato che i magistrati non
entrassero in politica.
Non sappiamo dove Grasso andrà
a collocarsi, ma non è dubbio che la “salita” in campo,
come si dice da qualche giorno dopo che in tal modo il
Senatore Mario Monti ha voluto definire il suo ingresso in
politica, suscitando l’ironia di Silvio Berlusconi (lui
sale, ha detto, io sono sceso perché più in alto) merita
qualche riflessione.
Grasso dopo Ingroia e gli altri
già presenti in Parlamento e quanti i partiti stanno
cercando di convincere, la ricerca di magistrati tenta di
soddisfare le esigenze della gente, il desiderio della
legalità diffuso dopo gli scandali che a ripetizione hanno
interessato un po’ tutti i partiti, ovunque, al centro
come in periferia.
Una situazione che la gente,
esasperata dalle tasse e dalla mancanza di lavoro, non è
più disposta a tollerare. Perché i professionisti della
politica hanno dimostrato di essere in molti casi, oltre
che incapaci, disonesti. Giacché, come dico spesso, chi
spreca risorse pubbliche o è incapace o disonesto. Più
disonesto, considerato che amministrare secondo la regola
del buon padre di famiglia, ovvero nel rispetto
delle regole costituzionali del buon andamento e
dell’imparzialità non è poi così difficile per
amministratori che possono avvalersi della collaborazione
di funzionari di valore e dei pareri del Consiglio di
Stato e della Corte dei conti.
Così i partiti, che hanno
imbarcato nel tempo personaggi di dubbia moralità e di
scarsa preparazione amministrativa e finanziaria,
ricorrono ai magistrati per presentare la faccia buona e
legalitaria, convinti che queste personalità possano
operare nel rispetto della legge e con senso dello Stato.
Stupisce solamente che la
ricerca di queste collaborazioni sia diretta
prevalentemente verso la magistratura ordinaria meno
versata in tema di amministrazione e finanza, i punti
dolenti di questa stagione del nostro Paese.
In ogni caso è un fatto
positivo che i partiti siano indotti, dal diffuso clima di
sfiducia nei confronti della politica, a ricercare
personalità “della società civile”, come si sente
ripetere, che diano un’immagine credibile ad una tornata
elettorale che chiude una legislatura nella quale
l’inefficienza, ai vari livelli di governo, ha agevolato
il consolidarsi della crisi economica e finanziaria resa
palese dalle dimensioni del debito pubblico, duemila
miliardi di euro, un fardello pauroso capace di
condizionare le politiche pubbliche in tutti i settori.
Resta aperto il problema del
futuro di questi magistrati che entrano in politica, un
problema non indifferente in quanto lo schierarsi in un
partito ne offusca necessariamente l’immagine di terzietà
che deve caratterizzare l’esercizio della funzione
giurisdizionale, sia requirente che giudicante.
A parte, dunque, l’ipotesi che
rientrando in ruolo dovrebbero essere assegnati a funzioni
diverse da quelle in precedenza rivestite e in località
diversa, si potrebbe pensare ad una uscita senza ritorno o
ad un’assegnazione a funzioni amministrative, magari al
Ministero della Giustizia o alla Presidenza del Consiglio
dei ministri.
Oggi apprezziamo la scelta in
favore della legalità da parte dei partiti che fin qui non
hanno saputo selezionare la classe dirigente né reprimere
i comportamenti illeciti, al di là della loro rilevanza
penale.
La regola della “moglie di
Cesare” che non può essere neppure sospettata è da tempo
caduta in desuetudine.
27 dicembre 2012
Ad evitare
sorprese
Vacanzieri,
leggete bene i contratti di assicurazione!
di Salvatore Sfrecola
Capita spesso che, quando
andiamo in vacanza, l’operatore turistico ci consigli di
assicurarci in modo che, se capita qualche disguido di
carattere sanitario che ci impedisce di partire, si possa
recuperare almeno parte della somma spesa per il viaggio e
il soggiorno.
Un consiglio, tuttavia, è
necessario. Leggete bene i contratti per identificare il
“sinistro”, così normalmente si esprimono gli
assicuratori, che consente di essere indennizzati. Leggete
bene, perché spesso non lo leggono neppure gli operatori
turistici.
È accaduto a me, che pure
queste cose dovrei conoscerle bene in quanto giurista e
magistrato, che, esattamente in questi giorni del 2011,
avendo previsto di trascorrere una settimana nelle Canarie
(destinazione Tenerife), all’atto dell’acquisto del
pacchetto turistico (volo e soggiorno) mi sono sentito
proporre la sottoscrizione dell’assicurazione cui ho
aderito immediatamente. Anche per la notoria serietà della
Compagnia Aga International SA.
È accaduto, dunque, che,
proprio un paio di giorni prima della partenza mi sia
svegliato con una tremenda sciatalgia che non è stato
possibile debellare nei tempi necessari per imbarcarmi.
Così, su suggerimento dell’operatore turistico, ho denunciato il
sinistro a
ilmiosinistro@mondial-assistance.it e
successivamente, con qualche ritardo, dovuto ad impegni di
lavoro che a volte mi fanno trascurare i miei interessi,
ho fornito la documentazione richiesta, il certificato del
medico che mi aveva visitato e diagnosticato la
sciatalgia, che poi mi ha curato con l’agopuntura, il
dottor Francesco Calveri, al quale, memore dell’efficacia
della terapia, ho successivamente indirizzato amici con
analoga patologia, e la documentazione che mi aveva
fornito l’operatore turistico, le ricevute di pagamento e
ogni altro documento richiesto. C’era stata qualche
incomprensione nelle comunicazioni (l’assicuratore
risponde in forma anonima, senza mai una firma che
identifichi il “responsabile del procedimento”, come si
direbbe con linguaggio dell’amministrazione pubblica che,
dico spesso, molti privati non possono assolutamente
criticare). Inoltre, pur richiedendo la notifica della
ricezione e della lettura la posta elettronica
dell’assicuratore non ha mai restituito queste
informazioni.
Ebbene, avendo inviato la denuncia via mail,
come previsto, all’indomani del “sinistro”, il 2 gennaio
2012, trasmesso il certificato medico scannerizzato e
quindi in originale con l’altra documentazione richiesta,
dopo una decina di mail, una raccomandata ecc., in data 4
settembre ho ricevuto una lettera, questa volta firmata,
con la quale vengo informato che non è possibile il
rimborso perché il contratto lo prevede solo a seguito di
patologia che abbia comportato "il ricovero ospedaliero".
Ovvia la mia reazione “non lo potevate dire
subito? O pensate che la gente abbia tempo da perdere?”
Per concludere che “questa assicurazione in ogni caso è
assolutamente inutile perché non ogni patologia
momentaneamente invalidante ... comporta un ricovero
ospedaliero”.
La spesa di una simile assicurazione è
assolutamente da evitare, nonostante la serietà dell’Aga
International che, tuttavia, se mi avesse
immediatamente fatto presente, richiedendo il certificato
medico, che non sarebbe stato sufficiente (anzi era a quel
punto inutile) occorrendo la documentazione del ricovero
ospedaliero, mi avrebbe fatto risparmiare tanto tempo e
qualche arrabbiatura, considerando contrario alle regole
della trasparenza (e della buona educazione) che chi mi
scrive non si palesi. Ma il mondo, si dice per
consolazione, è bello perché vario!
Contattato l’operatore turistico, del quale
avevo ed ho un’ottima considerazione, mi è stato
candidamente risposto che non aveva letto bene il
contratto che mi aveva proposto.
Può accadere, ovviamente.
Niente di male, basta che le cose si sappiano.
Pertanto, racconto questo episodio (pur
comprendendo che da giurista non ci faccio una bella
figura per aver omesso di leggere quello che, nei libri di
scuola, si segnala sempre come opportuna cautela
verificare attentamente, le clausole) perché mi auguro
che, almeno i lettori di Un Sogno Italiano,
prendano l’abitudine di leggere bene i contratti che
vengono loro proposti, per valutare esattamente
l’interesse alla loro sottoscrizione.
E poi, buon viaggio!
26 dicembre 2012
Un Nobel per la pace immeritato
Dove va l’Europa?
di Salvatore Sfrecola
Strage ancora ieri in Siria, con le bombe che cadono sulla
gente in fila per comprare il pane che scarseggia ovunque
in quel paese martoriato.
E l’Europa? Non aveva appena ricevuto il Premio Nobel per
la pace, a sorpresa, come hanno titolato alcuni giornali
all’indomani dell’annuncio? Una sorpresa, che ha suscitato
ovunque una generale reazione di orgoglio. Il presidente
del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha notato che il
premio è un riconoscimento delle “profonde motivazioni
politiche alla base della nostra Unione”. Le motivazioni
del Comitato norvegese del Premio Nobel, presieduto
dall'europeista Thorbjoern Jagland, dicono che l'Unione
europea ha “contribuito per sei decenni all'avanzamento
della pace e della riconciliazione, la democrazia e i
diritti umani in Europa”.
Non basta. Il processo di integrazione iniziato
all'indomani della guerra ad iniziativa di sei Paesi, oggi
divenuti ventisette, che hanno raggiunto più o meno
l’estensione territoriale di quello che fu il Sacro Romano
Impero non ha realizzato una Unione politica capace di
contribuire alla pace nel mondo. E infatti il Nobel guarda
solo all’interno dell’Unione, ad una pace tutto sommato
scontata. Da quando i paesi europei, che per secoli si
erano confrontati in armi, hanno capito, guardando le
rovine fumanti delle città devastate dai bombardamenti
della seconda guerra mondiale, che il futuro di ognuno e
di tutti era nella riconciliazione e nel comune impegno
per la crescita civile ed economica. E fu la Comunità
Europea del Carbone e dell’Acciaio (C.E.C.A) e poi la
Comunità Economica Europea (C.C.E.) e la Comunità per
l’energia atomica e poi l’Unione Europea, con progressi
continui in tema di commerci, circolazione delle persone e
sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma non si è voluto dar
vita ad un Esercito Europeo che fosse presente nelle aree
calde del pianeta ed un Ministro degli esteri, come pure
aveva previsto la bozza di Trattato costituzionale
elaborato dalla Convenzione europea, con ciò rendendo
palese che questo Continente, che è una potenza economica,
che può vantare cultura e tecnologia, non è ancora
intenzionato a presentarsi nello scacchiere internazionale
con un’unica voce, quella che gli darebbe l’autorevolezza
che porterebbe con se anche lo sviluppo economico e la
primazia sui mercati internazionali.
Invece non riusciamo a coordinare le politiche della spesa
e soprattutto quelle fiscali necessarie ad un progresso
omogeneo delle varie economie.
L'Europa di oggi, che ha le sue radici nella cultura greco
romana, nelle istituzioni giuridiche dell’Impero dell’Urbe
e di Carlomagno sembra che non abbia interesse ad ergersi,
alla pari, di fronte agli Stati Uniti d’America ed alle
potenze emergenti dell’Asia e dell’America latina.
Il Presidente della Commissione José Manuel Barroso ha
definito il Nobel “un riconoscimento giustificato per un
progetto unico che è di beneficio per i suoi cittadini e
per il mondo”. Con un po’ di enfasi, quanto al “mondo” nei
confronti del quale fa ben poco, se nessuno va a Damasco a
dire al dittatore siriano che è ora di andare a passare
gli ultimi anni della sua vita in qualche dorato esilio
lontano dal Medio Oriente.
Ed anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
dice bene quando afferma che il Premio “pone in massima
evidenza una semplice grande verità storica: la verità è
che l'integrazione europea è nata innanzitutto come
progetto di pace”. Al suo interno, naturalmente. Il che è
un fallimento rispetto al ruolo politico internazionale
che l’Europa meriterebbe ed al quale dovrebbero ambire
tutti gli stati membri.
Un’Europa piccina, dunque, quella emerge da questi
commenti, che guarda al suo interno neppure con molta
attenzione ai problemi reali dell’equilibrio finanziario e
dello sviluppo, se giornalmente si sentono e si leggono
polemiche e recriminazioni che usano linguaggi
incompatibili con “la formula stessa dell'integrazione” di
cui ha parlato il Premier Monti “per impedire la guerra e
garantire la pace”.
“Dove va l’Europa?”, si chiede, dunque Radici Cristiane,
il mensile diretto da Roberto de Mattei, che a quella base
culturale e spirituale si richiama per dire
dell’inadeguatezza dell’Europa rispetto ai problemi della
pace e dello sviluppo mondiale. Il dossier di Radici
Cristiane si apre con un articolo di Julio Loredo che
ricorda le parole di Giovanni Paolo II a Santiago di
Compostela nel 1989, “Io, … successore di Pietro . ..
Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale, da
Santiago grido con amore a te, antica Europa: Ritrova tre
stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le
tue radici. Torna a vivere dei valori che hanno resa
gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza negli
altri continenti. Ricostruisci la tua unità spirituale”.
Che vuol dire avere la capacità di dialogare col mondo con
una sola voce.
E Antonio Martino, già Ministro degli esteri e della
difesa, figlio di quel Gaetano, Ministro degli esteri tra
i più impegnati nella nascita della Comunità, nel 1957,
“euroscettico” per come l’Europa oggi si atteggia,
soprattutto in campo economico e monetario, giudica
“vergognoso che si sia deciso di escludere ogni
riferimento alla radici cristiane degli Stati europei per
non inserire elementi distintivi”.
Ed Ida Magli, che chiude il dossier , insiste nel
giudicare l’euro “inventato a tavolino, privo sia della
forza di un Popolo sia della forza di uno Stato”.
Sembra ovvio che una Unione che ha così tanti problemi al
suo interno non possa esprimere una forza “di pace”
all’esterno.
24 dicembre 2012
Auguri cafoni
di Salvatore Sfrecola
Ho appena terminato un altro
invio di auguri natalizi ad amici e colleghi. Siamo oltre
quota mille biglietti che ho scritto, uno ad uno,
augurando un sereno Natale ed un 2013 ricco di
soddisfazioni personali e professionali. Lo faccio da
anni, seguendo un’abitudine che era di mio padre e che ho
imparato a riconoscere anche in altri, ad esempio nel
senatore a vita Giulio Andreotti, un esempio di buona
educazione e di attenzione per la persona. Per tutti l’ex
Presidente del Consiglio ha sempre avuto una parola
particolare. Con me, ad esempio, ricorda anche mio padre
che, da giovane funzionario, fu suo vice capo di gabinetto
al Ministero delle finanze.
È la fatica della vigilia di
Natale, ogni anno. Ma è un gesto al quale sono
affezionato. Mi dà la misura dell’attenzione che riservo
ad amici, colleghi e conoscenti e che vedo ricambiata.
Ricevo un biglietto – che spesso s’incrocia con quello che
ho inviato – o una telefonata. È un rito di affetto e
buona educazione.
Purtroppo ci sono anche
comportamenti diversi.
Dilagano, ad esempio, le e-mail
con la cartolina prestampata, non personalizzata ma a mo’
di circolare. Come gli sms. Tutti uguali. Ho ricevuto da
conoscenti che operano presso un’Autorità auguri tutti
uguali, con allegata la stessa cartolina, con lo stesso
pupazzo di neve.
Che tristezza!
Ma il top di una moda che non
condivido, che a me pare molto cafona, è quella dei
biglietti prestampati, senza personalizzazione, senza una
parola specifica al destinatario, senza una firma
autentica. Quando ricevo un biglietto che sembra scritto a
mano provo a verificare se è inchiostro. Così passo il
dito umido sulla firma. Se il tratto non si spande, a
conferma che è una firma stampata, cancello la persona
dalla lista degli amici.
È una cattiva abitudine che va
dilagando, soprattutto in ambienti politici, con la scusa
che gli auguri sono tanti.
Ho ricevuto addirittura da un
ministro una mail con allegato un biglietto di
ringraziamento in formato pdf, uno per tutti,
evidentemente. La sola scusante è che si tratta di un
ministro “tecnico”, che non ha bisogno di consenso. Ma
comunque è un tecnico privo di umanità. E comunque con una
segreteria inefficiente.
Un anno, avendo scritto ad un
amico ministro un biglietto di congratulazioni per essere
tornato alla guida del ministero che già aveva diretto,
gli ho dato del tu firmando con il solo nome. Mi sono
visto ringraziare con un biglietto prestampato nel quale
mi si dava del lei. Colpa della segreteria, certamente,
che avendo la possibilità di verificare il rapporto di
amicizia dato dall’uso del “tu” e la mia qualifica
professionale avrebbe dovuto capire che era necessario
usare semmai un altro tipo di biglietto.
Sono stato Capo di Gabinetto di
una personalità che aveva anch’essa l’abitudine di inviare
biglietti con la firma prestampata, quando in ogni caso
firmava con le iniziali del nome e del cognome. Lo avrebbe
potuto imitare chiunque della segreteria. Niente. Ma è
possibile che vi siano segretari così poco attenti alla
figura che fanno fare alla personalità con la quale
collaborano? Ed è possibile che queste personalità che
vivono di relazioni si tengano quei segretari incapaci di
contribuire a curare i rapporti personali di colui che
sono stati chiamati ad assistere?
Insomma, gli auguri non sono e
non possono essere una fredda e formale esternazione di un
sentimento che, per essere tale deve assumere la forma di
un rapporto vivo, concreto che solo può dare l’espressione
che l’apre “caro …” e quella che la chiude, la firma.
L’augurio può anche essere
telefonico, naturalmente. Non stampato e meno che mai via
sms o mail se non accompagnato da espressioni che rivelino
il rapporto personale con il destinatario.
Certo la mia abitudine di
scrivere costa un po’: il biglietto e la busta,
l’indirizzo (se con targhetta), il francobollo da 0,60
euro.
Ma ne vale la pena.
22 dicembre 2012
Incredibili! (cioè a loro
non si può credete!)
di Senator
C’ero anch’io, convocato d’ufficio, nel parterre del Popolo
della Libertà schierato al Teatro Olimpico. Tutti, da
Alemanno a Cicchitto, per ascoltare Angelino Alfano e
leggere il messaggio del Cavaliere. Tutti, quanti hanno
ricoperto incarichi parlamentari e coloro che da ministro o
sottosegretario hanno governato l’Italia negli ultimi
diciotto anni, con qualche breve intervallo. Tutti, per dire
che occorre mobilitare i moderati, che è necessario unire le
forze per evitare il probabile successo della sinistra,
perché non vogliono Bersani a Palazzo Chigi. Tutti, per
“salvare” l’Italia, loro che l’hanno demolita giorno dopo
giorno con l’inefficienza, innanzitutto, con la
disattenzione per i fenomeni di malcostume che
quotidianamente giungono all’“onore” della cronaca,
nazionale e locale.
Oggi credono che sia possibile fare qualche timida critica a
Berlusconi per rifarsi una verginità politica, per chiedere
il voto in nome dei cattolici e dei liberali, dei moderati
che hanno scoperto essere la maggioranza nel Paese.
Credibili? No, Incredibili! Nel senso che a loro non si può credere,
non si deve credere perché se il centrodestra vuole
sopravvivere agli errori e alla incapacità politica deve
proporre nuove idee e soprattutto presentarsi con nuove
facce.
Certamente non con quella del socialista Cicchitto, del socialista
Tremonti, del socialista Brunetta, del socialista Sacconi e
via dicendo. La squadra del socialista Berlusconi. Dove sono
i liberali, se, a sentire il Cavaliere, il PDL è il partito
dei liberali e dei moderati?
Berlusconi dice: “L’Italia dei moderati è
maggioranza nel paese”. Aggiungendo che “nell’attuale
contesto, se lo riterrà, il professor Mario Monti potrà
essere il federatore di quest’area. Egli condivide i miei, i
vostri, i nostri stessi ideali: quelli della grande famiglia
dei
Popolari
europei”.
Italia Popolare
campeggia sullo schermo alle spalle di Alfano che si
esibisce in un festival di ovvietà, alzando, di tanto in
tanto, la voce per far vedere che è un uomo energico.
Parla alla pancia del pubblico. Dice delle tasse, che vuole
diminuire. Lo aveva detto il Cavaliere fin dal 1994. Non lo
ha fatto, anzi ha aggravato la situazione degli italiani
aumentando tasse e tariffe.
Ha detto dei magistrati, che devono pagare in caso di
errori. Non sa l’ex Ministro della giustizia che non avviene
in nessun ordinamento che paga sempre lo stato, salva la
rivalsa in caso di dolo o colpa grave. Per non condizionare
i magistrati nelle loro indagini nei confronti dei potenti.
Ciò a cui il partito del Cavaliere punta. Infatti vuole
eliminare anche le intercettazioni scomode. Che poi sono
quelle che svelano la corruzione nella quale sono coinvolti
molti del suo partito.
Alfano rilancia: ”Ci sono due strade per
vincere: unire i moderati con la guida di Mario Monti o, se
il presidente Monti non si riterrà pronto a cogliere questa
occasione che la storia gli consegna, saremo noi capaci di
ricostruire l’area” dei moderati ”per vincere”.
Per lui ”la sinistra crede di aver già
vinto. Si Sbaglia. Vogliamo e possiamo vincere ancora noi”.
Nel giorno che sarebbe dovuto
essere quello delle primarie,
Giorgia Meloni e Guido Crosetto,
all’Auditorium della Conciliazione, suonano un’altra musica,
contro Monti e il montismo. “Per noi Monti non è l’orizzonte
e la candidatura di Berlusconi sarebbe un errore”, ha detto
Meloni, mentre per Crosetto “un centrodestra credibile sa
anche dire all’uomo che l’ha fondato e che gli ha portato
voti ‘noi non siamo d’accordo con te’”.
Con quelle facce non si va da nessuna parte. Chiedere ai romani di
votare Alemanno, ad esempio? Una follia. Un sindaco
inesistente. E così via. Dio fa impazzire coloro che
vuol, perdere! È così.
16 dicembre 2012
Berlusconi: più lo
attaccano, più cresce
di Salvatore Sfrecola
“Più mi attaccano in Europa, più cresco nei sondaggi”. Può sembrare
una sbruffonata, ma è abbastanza evidente che certi
attacchi, soprattutto di provenienza germanica giovano al
Cavaliere. Sbagliato, dunque, un titolo tipo “La Germania
contro Berlusconi” (La Stampa) o “Merkel contro…” (Il
Messaggero).
Queste critiche e preoccupazioni, fondate e meno, risvegliano quel
poco di orgoglio nazionale che, nonostante tutto, è nel
cuore e nella mente degli italiani, da sempre antitedeschi i
quali, a livello di popolo, ci ricambiano di altrettanta
antipatia, almeno dal tempo in cui Caio Giulio Cesare,
passato il Reno su un ponte costruito a tempo di record dai
genieri delle sue legioni, fece sentire ai germani il peso
della daga romana.
Non è, dunque, con gli attacchi esteri, enfatizzati dai media
italiani, che si può fermare la campagna elettorale del
leader del Popolo della libertà o di Forza Italia
2.0, non è chiaro quale sia lo schieramento in campo.
Anzi, semmai, un po’ per un ritorno di amor patrio
all’indomani dei festeggiamenti del 150° dello Stato
unitario ottenuto battendo l’odiato tedesco (che poi era
austriaco!), queste iniziative possono avere l’effetto
opposto a quello che molti si attendono.
Il “Governo germanocentrico” del Professore Monti può infatti
apparire a molti una definizione appropriata, considerato il
ruolo che la Repubblica federale tedesca si è ritagliato in
Europa, come custode del rigore. Che alcuni potranno dire a
senso unico. Come sempre ha fatto la Germania, già prima
della sua riunificazione.
Il fatto è che non si può accusare altri di essere forti per
mascherare la propria debolezza. Perché dobbiamo dire
onestamente che il ruolo giocato dall’Italia, paese
fondatore, in Europa è stato nettamente inferiore a quello
che avremmo potuto rivendicare, tra l’altro ritagliandoci
una posizione privilegiata nei rapporti con gli stati
mediterranei con i quali i nostri rapporti culturali e
commerciali si perdono nei secoli.
Abbiamo avuto al governo del Pese persone modeste, estremamente
modeste, a destra e a sinistra, per cui oggi subiamo le
conseguenze della scarsa credibilità delle nostre
istituzioni e una evidente sottovalutazione della stessa
rilevanza economica del nostro sistema produttivo.
In queste condizioni gli italiani possono essere indotti a non fare
autocritica ma a sentirsi aggrediti. E questo giova a
Berlusconi nella sua campagna elettorale. Che peraltro
questa mattina non sappiamo come evolverà, considerato
l’invito a Monti a farsi leader del centrodestra moderato. È
un’idea che questo giornale aveva manifestato ripetutamente
fin dall’indomani della formazione del governo dei tecnici,
tenendola una evoluzione naturale.
La scelta di un leader come il Professore darebbe indubbiamente al
centrodestra la possibilità di battere lo schieramento della
Sinistra di Bersani e Vendola. Un’avvisaglia si è vista con
la primarie che hanno incoronato Matteo Renzi leader
dell’ala moderata di una sinistra moderna, europea, senza
nostalgie comuniste.
Berlusconi, che noi abbiamo criticato ripetutamente per come ha
governato e messo nei guai il centrodestra, è tuttavia uno
straordinario animale politico, un po’ corsaro ma certamente
con grande intuito. La mossa di invitare Monti è certamente
capace di spiazzare molti e di modificare gli equilibri
politici, a destra ed a centro.
Non c’è che da aspettare le reazioni del Professore, che non saranno
certamente immediate, come nello stile dell’uomo.
13 dicembre 2012
Politica e
istituzioni
Lo spettro
dell’ingovernabilità
di Salvatore Sfrecola
In avvio di campagna elettorale
i sondaggisti accelerano le loro rilevazioni sulle
intenzioni di voto, correggendo quel che fino ad oggi hanno
detto e che non è più vero dopo la discesa in campo di
Berlusconi.
Variano i dati offerti ieri al
pubblico da La7 e da 8 e mezzo. E ancor più
varieranno nelle prossime settimane. Ma un dato già emerge.
Come li combiniamo i presunti consensi dei partiti, l’Italia
sembra destinata d una nuova stagione di ingovernabilità.
Che nuova non è certamente. Così è stato al tempo del
Governo Prodi, quando la maggioranza che lo sosteneva alla
Camera non aveva la stessa forza al Senato.
Sembra che quella situazione
caratterizzerà la prossima legislatura. Lo fa temere il
confronto che si apre tra partiti tenuti da un collante
incerto, sia a sinistra che a destra, che al centro.
Infatti, se il Partito Democratico presenta una certa
compattezza essa è essenzialmente di facciata e regge finché
non entra in gioco Vendola, con la sua capacità di ricatto
per essere l’espressione più autentica della sinistra
comunista e di un orientamento su quelli che lui chiama
“diritti” ma che tali non sono, ad esempio, per i cattolici
schierati con Bersani, come nel caso delle nozze gay e delle
adozioni che il Presidente della Puglia reclama.
In una maggioranza a Sinistra
potrebbe esserci sempre la Binetti di turno che perde la
pazienza, che non ce la fa più a reggere una politica di
dissesto della famiglia che subisce gli effetti di una
mancata intelligente regolamentazione delle unioni di fatto,
una realtà molto diversificata, solo che si pensi che sotto
questa denominazione convivono coppie eterosessuali e
omosessuali. Insomma una somma di problemi che costituiscono
una mina vagante per la “maggioranza” esigua che si
prospetta. Una disciplina che esalti il ruolo della famiglia
come l'ha voluta la Costituzione con il ruolo di procreare
ed educare, ma riconosca in qualche modo le coppie
eterosessuali con diritti e doveri, dei quali mai si parla.
Vediamo che già i sondaggisti
danno Berlusconi e i suoi possibili alleati al 25 per cento,
un dato credibile, proprio per la generalizzata ostilità del
popolo moderato verso la Sinistra che non ha oscurato
l’immagine del vecchio partito comunista. Che ha dimostrato
di non sapere né governare né fare l’opposizione. Una
Sinistra che il Cavaliere aggredirà con veemenza ed
argomenti che sul centrodestra fanno colpo. In particolate
la paura della pressione fiscale. Berlusconi ricorderà che
Amato ha messo le mani nelle tasche degli italiani, come ha
fatto anche lui in altro modo che molti non ricorderanno.
Perché è stata l’incapacità di governare che del PDL
che ha impoverito gli italiani.
Eppure Berlusconi ha un
notevole potenziale. E da quel 25 per cento può aumentare.
Al centro, purtroppo, c’è il
vuoto. Anche questo giornale, che aveva visto con favore
l’iniziativa di Casini di rimanere autonomo (“Corri
Pierferdy, corri da solo” avevamo scritto nel 2008) deve
oggi constatare che l’UDC non è cresciuta, forse a causa
anche di screditati compagni di strada, non credibili,
espressione del niente, senza nessun riferimento ideale. Né
Montezemolo può portare significativi consensi in tempi
brevi. Siamo nell’ordine di poche unità.
Ecco dunque che lo spettro
dell’ingovernabilità torna ad aleggiare sul nostro
sfortunato Paese nel quale non si riesce a formare partiti
moderni, legati al territorio ed ideologicamente saldi, con
una classe dirigente selezionata per meriti e capacità
politica e di governo. La tecnica della cooptazione ha
ammazzato la politica. Come in economia la moneta cattiva
scaccia quella buona, in politica i cattivi politici tengono
lontani i migliori. Ognuno si circonda di chi non gli fa
ombra. E con queste mezze calzette che ci ritroviamo è
facile che molti sentano il pericolo di essere scalzati.
È stato il peggior danno che
Berlusconi ha fatto al Centrodestra. Quello di mettere in
campo delle autentiche nullità, personaggi senza nessuna
esperienza politica e professionale catapultati in
Parlamento ed a posti di responsabilità di governo.
Andiamo verso un periodo di
instabilità. Avete visto Renzi? Attaccato da esponenti del
suo stesso partito timorosi di essere collocati a riposo.
Gente modesta che non ha avuto neppure la capacità di
comprendere che il giovane sindaco di Firenze avrebbe potuto
restituire interesse ai cittadini verso la politica.
Il fatto è che questi
mestieranti della politica, che stanno in tutti i partiti,
sono abbarbicati alla sedia che hanno conquistato, perché
non hanno altra risorsa, non un mestiere, non una
professione che avrebbero dato loro autonomia di giudizio e
capacità di percepire gli interessi della gente.
Pessimismo il mio? Non
realismo! Ma sempre, comunque, fiducia che si possa
cambiare, che la gente trovi un riferimento in una
personalità che intenda impegnarsi in politica. Ma che non
sia un uomo “della Provvidenza”. Ne abbiamo avuti troppi,
come ricorda una nota barzelletta, con invito alla medesima
Provvidenza a tenere con se questi personaggi. A noi bastano
uomini comuni, ma onesti e capaci di dedicare il loro
impegno agli interessi della Comunità. Sembra poco, ma
sarebbe tanto.
11 dicembre 2012
Monti: il tramonto del tecnocrate
di Senator
“Addio monti sorgenti dall'acque …”. L’incipit de I promessi
sposi sarà tornato in mente a molti in questi giorni,
almeno da quando Angelino Alfano gli ha dato il benservito
alla Camera su disposizione del Cavaliere. Addio Monti,
professore, buoni studi di economia, importanti relazioni
personali, disponibilità istituzionale, come ha dimostrato
nel novembre 2011 accettando l’invito di Napolitano a
salvare l’Italia sull’orlo del baratro. Tanti meriti ma
scarsa sensibilità politica dimostrata da subito, fin dalla
formazione della squadra di governo, con un ministro del
lavoro sprovveduta e incapace di una disposizione
transitoria che avrebbe evitato gli esodati, con un ministro
dell’economia che è stato un modesto Ragioniere Generale
dello Stato, con un Ministro delle sviluppo economico che
non ha saputo neppure fare la mossa di un incentivo alla
ripresa sul mercato interno, che non ha aperto o riavviato
un cantiere.
Tecnici, senza nessuna conoscenza dell’apparato, circondati da
grand commis buoni per tutte le stagioni, pessimi
consiglieri dei governi Berlusconi e Prodi e via
indietreggiando, che negli anni non hanno spiegato ai loro
ministri che non si va da nessuna parre se non si riordina
l’apparato e le leggi che ne disciplinano l'azione, se non
lo si rende impermeabile alle influenze delle lobby, come
dimostra il vergognoso dato sulla diffusione della
corruzione, resa nota nei giorni scorsi da Trasparency
International.
Un triste epilogo, dunque, per il Professore che pure aveva destato
speranze, tanto che gli italiani si sono presto rassegnati a
misure durissime, soprattutto fiscali ed alla mancanza di
lavoro.
Triste epilogo di chi poteva circondarsi di persone capaci di curare
le relazioni con la gente e con le categorie per convincerle
a cedere su posizioni di potere assurde, dai notai ai
tassisti, ai commercianti per attuare quelle semplificazioni
che avrebbero dato immediatamente la sensazione agli
italiani che qualcosa stava cambiando, che oltre la buona
immagine internazionale il Professore era capace di
governare, di operare per lo sviluppo pur assicurando la
buona tenuta dei conti pubblici.
Invece di gaffe in gaffe lui ed i suoi ministri hanno rapidamente
gettato via quel patrimonio di credibilità che pure lo aveva
circondato, la cattedra universitaria, l’incarico europeo di
Commissario alla concorrenza, i suoi editoriali sul
Corriere della Sera.
E adesso? Avevamo pensato che si sarebbe potuto porre alla guida di
un Centrodestra moderno, veramente liberale. Non è stato
così, non poteva essere così per gli errori dei quali
abbiamo appena detto. D’altra parte non gli sono stati buoni
amici i centristi di Casini, appiattiti su iniziative
impopolari senza che fossero accompagnate da qualche, sia
pure labile, prospettiva di sviluppo, di ripresa dei
consumi, di contenimento della disoccupazione.
Scenderà in campo il Professore? È probabile, ma non potrà andare
lontano. UDC più Italia Futura fanno pochi
punti. FLI è quotata come un prefisso telefonico. Una
allegra brigata di professionisti della politica e di
apprendisti politici, come Montezemolo, che non può attirare
l’attenzione di consistenti fette dell’Italia moderata che
sarà ancora una volta galvanizzata dal Cavaliere, con i suoi
slogan azzeccati, con la critica al fisco esoso, con la
contestazione delle scelte europee che non riesce ad avere
una dimensione veramente politica, da stati uniti del
vecchio Continente, come la volevano i padri fondatori. E
poi c’è la critica alla magistratura, certamente pro domo
sua, ma che Berlusconi sa condivisa da un popolo
abituato a non rispettare le regole, dal parcheggio in
seconda fila con le portiere chiuse, alla dichiarazione
sostitutiva falsa, tanto non controlla nessuno, alla
mazzetta facile, pagata o riscossa, per ungere le ruote.
Lontani dalla condivisione di valori etici, religiosi e civili, gli
italiani del “franza o spagna purché se magna” non hanno la
dignità di cittadini di uno stato che in effetti hanno
conquistato con secoli di ritardo rispetto a Francia, Spagna
o Inghilterra, forzati all'unione da Vittorio Emanuale II,
Cavour, Garibaldi e Mazzini quando la maggioranza stava
benissimo nello staterello inefficiente e corrotto dei quali
fino al 1861 avevamo molteplici esempi.
In queste condizioni il populismo è la massima espressione della
politica italiana. Ne abbiamo oggi due campioni, Berlusconi
e Grillo. Chi prevarrà? Povera Italia! Avrà comunque perso
chiunque di loro due vinca o domini lo scenario
parlamentare. Perché al Partito Democratico, perso
Renzi è venuta meno la possibilità di trasformarsi in un
partito socialdemocratico europeo.
9 dicembre 2012
ULTIM'ORA:
Monti annuncia le dimissioni
All'uscita dal Quirinale Mario Monti
annuncia le dimissioni. A chi giova l'accelerazione della
crisi? E' presto per dirlo. Più probabilmente a Berlusconi
anche se questa battaglia, che sa tanto di guerriglia, è
certo che non gioverà all'Italia.
Berlusconi: non
sottovalutatelo!
di Senator
Il giudizio negativo
sull’operato di Berlusconi è noto. Questo giornale lo ha
ospitato negli ultimi anni anche seguendo l’analisi condotta
dal nostro direttore nel suoi libro “Un’occasione mancata”,
uscito nel 2006 ed ancora di straordinaria attualità.
Ebbene in quel libro si dice
che nel 2006, quando Fini e Casini erano da un paio d’anni
convinti che il Centrodestra avrebbe perduto le elezioni,
solo l’impegno di Berlusconi ha consentito una straordinaria
rimonta con sconfitta di misura, per quei 24 mila voti che
hanno dato la prevalenza a Prodi ma non gli hanno consentito
di governare.
E va anche ricordato quel che
Francesco Storace disse al nostro direttore: “ho letto il
libro ed ho capito perché abbiamo perso per 24 mila voti
quando avremmo potuto vincere per due milioni”.
Insomma, Berlusconi è un
animale politico, uno che dà il meglio di se durante la
campagna elettorale e trascina. Pertanto già i sondaggisti
cominciano a rivedere le loro stime. Il Cavaliere non potrà
vincere, ma è certo che sarà capace di raccogliere un
consenso superiore a quello che fino a qualche mese fa si
poteva prevedere. Il fatto è che il popolo moderato non vota
a sinistra. Ha istintivamente una forte ostilità nei
confronti dei postcomunisti, non li sopporta, in particolare
quelli come Vendola. Inoltre ha subito in questo ultimo anno
la falcidia di stipendi e pensioni, la crisi economica che
impedisce ai suoi figli di trovare un lavoro, mentre lo
toglie ai padri.
Questo popolo è pronto ad una
campagna elettorale che demonizzi il Governo Monti e quanti
lo hanno appoggiato. Per questo il Popolo della Libertà
si è sfilato per tempo e Berlusconi riuscirà a far
dimenticare che ha approvato alcune delle iniziative più
severe del governo. Dirà che si è sacrificato, che ha
lasciato il Governo per senso di responsabilità, che ha
fatto un passo indietro per il bene del Paese e via dicendo.
Tutti argomenti per una campagna elettorale che sarà
combattuta senza esclusione di colpi, che metterà in seria
difficoltà Bersani al quale l’ala sinistra chiederà di
prendere posizioni largamente impopolari, soprattutto in
materia fiscale, dando spunti al Cavaliere, che
recupererà anche su Grillo perché indubbiamente il leader
del PDL protesta meglio del comico genovese.
Oltretutto l’accelerazione dei
tempi della campagna elettorale per effetto dell’annuncio
delle dimissioni del Prof. Monti, preannunciata questa sera,
giova molto al Cavaliere che nei tempi brevi riesce a
rendere di più, a promettere l’eliminazione dell’IMU sulla
prima casa all’indomani del salasso di fine anno, con il
cenone più sobrio, con meno fuochi artificiali, con tante
preoccupazioni sul futuro.
Ne vedremo sicuramente delle
belle in una campagna elettorale al calor bianco, che potrà
portare a esiti diversi quanto agli schieramenti, tuttavia
con una conclusione certa, l’ingovernabilità.
8 dicembre 2012
Verso le elezioni
B contro B: il
socialpopulista Berlusconi contro il comunista Bersani
e il centrodestra liberal
cattolico sta a guardare
di Senator
Si giustificano a vicenda. Berlusconi scende in campo perché Bersani
ha vinto le primarie e si appresta a capeggiare la Sinistra,
compreso Vendola e soci. Una compagnia imbarazzante per gli
ex margheritini, da Fioroni a Parisi, democristiani “di
sinistra” da sempre, come la stucchevole Rosy Bindi, ma
costretti a ingoiare bocconi amari quotidianamente, si
tratti delle nozze gay, argomento sul quale Bersani ha molto
insistito nella campagna per le primarie, per adesso
abbandonato ma che certamente sarà ripreso quando Vendola lo
incalzerà. Così per le adozioni da parte di quelle coppie.
Imbarazzo, come ebbe a sostenere Paola Binetti, così giustificando
l’uscita dal Partito Democratico nel quale era
entrata dicendo di essere stata sempre di sinistra.
In uscita la Binetti
osservò che non si può convivere con i comunisti di sempre,
sbiaditi ma al fondo fedeli alla falce e al martello della
loro gioventù. Non più dipendenti da Mosca sono pur sempre
impermeabili ai principi liberali che dominano l'occidente
democratico.
Già emergono le argomentazioni di Berlusconi, le stesse del 1994.
L’Italia rischia i comunisti al governo, la dissoluzione
della famiglia, la tassazione selvaggia delle persone e
delle imprese. Rispolvererà anche la tutela della Chiesa ed
alzerà la bandiera del liberalismo, la riforma della
Giustizia.
In realtà Berlusconi è un socialista craxiano, quindi sicuramente
anticomunista e populista, ma non è un liberale, non crede
nella legalità costituzionale, è espressione vivente del
conflitto di interessi, avendo portato in Parlamento ed al
Governo incapaci o affaristi, come dimostra l’occasione
mancata del 2001-2006, quando con una maggioranza senza
precedenti non ha saputo modernizzare il Paese. Ugualmente
nel 2008, incapace di governare fino a cedere, a fine 2011,
la guida del Governo di fronte alla situazione economica non
prevista, anche se prevedibile, lasciando l’esecutivo ad una
pattuglia di “tecnici” nella maggior parte privi di
sensibilità politica, tanto è vero che non ha saputo portare
a compimento le necessarie semplificazioni proprio nel
momento del suo massimo consenso, né offrire incentivi allo
sviluppo.
Oggi il Popolo della Libertà, che pure ha votato i
provvedimenti impopolari del Governo Monti, anche quando
necessari, si sfila e lascia il cerino tra le dita del PD
che quelle stesse misure impopolari ha sistematicamente
approvato sia pure con qualche distinguo.
È, dunque, una battaglia tra movimenti in difficoltà. E questo giova
sicuramente a Berlusconi, molto più capace di Bersani di
toccare i nervi scoperti della gente tartassata a tutti i
livelli della società civile, a parlare “alla pancia” della
gente come si usa dire.
Battaglia difficile, dunque, che dà spazio alla protesta di un altro
populista di razza, Beppe Grillo, il cui Movimento cinque
stelle è stimato sul 20 per cento dei votanti.
E il centro destra autentico, quello dei cattolici e dei liberali ma
anche della destra dura e pura cosa fa? Poco o niente.
Casini troppo appiattito su Monti e sulle misure del suo
governo, che avrebbe potuto in parte condizionare e sulle
quali avrebbe potuto rilanciare. Lo dicono i numeri che
relegano l’UDC in un misero 5 per cento, nei sondaggi
più favorevoli, limato da Italia Futura, mentre la
Destra di Storace non supera la misura di un misero 2 per
cento.
Così ricostruito, lo scenario è tragico per il Paese perché fa
intravedere una maggioranza incerta, una situazione
ingovernabile mentre l’Italia avrebbe avuto necessità di una
guida sicura che restituisca efficienza alle istituzioni
rappresentative della volontà popolare ed all’apparato
amministrativo ai vari livelli di governo, assicurando agli
enti gestori dei servizi sanitari e sociali quell’efficienza
che sprechi e corruzione relegano a livelli modestissimi,
comunque decisamente inferiori alle risorse impiegate.
Renzi ha promesso diligentemente fedeltà al PD del quale fa
parte. Ma in questo modo è una risorsa sprecata. La sua
campagna elettorale impetuosa e appassionata ha convogliato
su di lui un’attenzione che non porterà voti al PD. Renzi è
piaciuto per la sua impostazione moderata, sostanzialmente
liberale, attenta ai valori ed ai diritti, non di quelli
“alla Vendola”, per intenderci, ma a quelli autentici nei
quali crede la maggioranza moderata di questo Paese.
Una lista Renzi è immaginabile. Qualcuno ne parla. Ma forse il
Sindaco di Firenze attende di vedere se Bersani potrà e
saprà governare. C’è per lui ancora tempo. Il dopo Bersani e
Berlusconi può essere suo.
8 dicembre 2012
Il record della
vergogna
Italia, sempre
più corruzione
di Salvatore Sfrecola
Dopo le riserve della
Cassazione sulle nuove norme battezzate anticorruzione
arriva Transparency International Italia
(info@transparency.it
www.transparency.it) con
le sue statistiche e l’indice di percezione della corruzione
nel settore pubblico e politico.
Rinnovato nella
metodologia l’indice è impietoso e posiziona nel mondo
Italia al 72° posto su 174 con un . punteggio di 42
su 100
Anche quest’anno, dunque, il
nostro Paese rimane in fondo alla classifica europea della
trasparenza, accompagnato da Bulgaria e Grecia, con un voto
ben lontano dalla sufficienza e soprattutto dai Paesi
ritenuti più etici: Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda
(tutti e tre con un voto di 90/100).
Corruzione, opacità, scarsi
livelli di integrità, uniti a deboli sistemi di controllo e
valutazione non comportano “solamente” una mancanza di
moralità ed eticità nella governance del Paese, ma
hanno un impatto negativo devastante sull’economica e la
credibilità dell’intero sistema Paese: la Corte dei conti –
ricorda Trasparency - ha stimato che ogni punto in
meno nel CPI pesa in maniera grave sugli investimenti esteri,
che fuggono anche a causa dell’indeterminatezza e opacità
delle regole. Nell’ultimo rapporto del 2012 la Corte ha
inoltre denunciato come la corruzione sia in grado di far
lievitare i prezzi delle grandi opere
pubbliche fino al 40% in più.
60 miliardi ogni anno, secondo la Corte dei conti,
esattamente la metà di quanto percepito nei paesi
dell’Unione e Europea globalmente considerati. In sostanza
l’Italia da sola fa la metà della corruzione negli altri 26
paesi.
Ieri sera la televisione ha ricordato che l’Emiro del Quatar
aveva di recente espresso dubbi sulla possibilità di
investire in Italia proprio a causa della corruzione diffusa
a tutti i livelli.
Secondo la presidente di
Transparency International Italia M. T. Brassiolo “Il
Governo presente e quelli futuri dovranno mantenere
l’anticorruzione in cima alla loro agenda politica: non
siamo solo noi addetti del mestiere a richiederlo, ma i
cittadini e le imprese che non ne possono più di veder
distrutto il frutto del loro lavoro per corruzione o
negligenza nell’uso delle risorse pubbliche”.
I cittadini, pur mostrando una
sfiducia dilagante nell’operato della politica e, in
particolar modo, dei partiti, richiedono allo stesso tempo
un rinnovato impegno per riformare e modernizzare il Paese
sui pilastri della legalità, della trasparenza e della
responsabilità. Del Monte, project officer di TI-Italia,
sottolinea come “i cittadini si sentano chiamati in causa e
vogliono essere protagonisti del cambiamento. La loro
partecipazione non può essere limitata al solo momento
elettorale, ma può e deve diventare più incisiva e costante,
anche grazie ai nuovi impegni in materia di governo
aperto assunti dal nostro Paese”.
Le regole etiche alle quali
Transparency International Italia intende chiedere
l'adesione dei futuri candidati alle elezioni politiche
regionali, nazionali ed europee si inseriscono in un
processo di costruzione di una classe politica europea già
in atto: "Dall'Unione Europea - osserva Nicoletta Parisi -
proviene la richiesta di standard elevati di democrazia
interna dei partiti, di responsabilità, di trasparenza, di
condivisione dei valori dello Stato di diritto”.
Anche il sondaggio svolto
internamente da TI-Italia fra i suoi soci e sostenitori
conferma il giudizio negativo del CPI su settore pubblico e
classe politica, sicuramente enfatizzato dai molti recenti
scandali. Ritorna tuttavia un dato importante e per noi
positivo: i cittadini si sentono protagonisti del contrasto
alla corruzione. Che sia la sfiducia nelle istituzioni o un
ritrovato senso civico, alla domanda su chi debba essere il
leader della lotta alla corruzione, quasi il 30% risponde i
Cittadini; seguono il Governo (25%) e, molto distante, la
Magistratura (14%). È evidente il motivo. Il cittadino non
vede calare la corruzione, non percepisce che la lotta alla
corruzione, tanto spesso proclamata, non ha effetti
significativi.
6 dicembre 2012