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UnSognoItaliano.it

 

 

GIUGNO 2011

 

 

"Spacchettare" il Ministero dell'economia?

di Salvatore Sfrecola

 

     La proposta non è nuova. Dividere il Ministero dell'economia e delle finanze restituendo autonomia a quei settori che, prima della riforma Bassanini, erano costituiti dai Ministeri del tesoro, delle finanze, del bilancio e della programmazione economia, delle partecipazioni statali. Le ragioni, la concentrazione nel Ministero dell'economia e delle finanze dell'intera politica economica e finanziaria, attraverso la gestione della spesa pubblica e del sistema tributario, con  incidenza determinante nel settore dello sviluppo economico, il cui Ministero è fortemente condizionato dalle risorse messe a disposizione dall'inquilino di via XX Settembre 97. Un potere enorme, ritenuto incompatibile con la collegialità del Governo e la funzione di coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri.

     A scriverne, in questa occasione, è Antonio Martino, Professore di economia politica alla Sapienza, politico di lungo corso, già Ministro della difesa nel governo 2001-2006, che su Il Tempo di oggi firma un fondo che ha forma di lettera aperta al Presidente della Repubblica. "Il governo - è la tesi di Martino - è il ministro dell'Economia, gli altri, presidente del Consiglio incluso, sono solo superflue comparse". Per cui la proposta: "Spacchettiamo l'Economia".

     Il tema, come dicevo iniziando non è nuovo. Anche io ne ho scritto su questo giornale ("L'indirizzo del Governo? Via XX Settembre") sottolineando la somma di poteri in capo al Ministro dell'economia, poteri di indirizzo e di coordinamento in materia di politica finanziaria con contemporanea competenza sulla spesa e sull'entrata, poteri esercitati nella formazione del bilancio e nella sua gestione (si pensi, ad esempio, alle variazioni di bilancio conseguenti a nuove leggi di spesa ed alla implementazione degli stanziamenti mediante prelevamento dai fondi di riserva), anche attraverso i controlli contabili della Ragioneria generale dello Stato  e le attività di verifica amministrativo-contabili dell'Ispettorato generale di finanza. Se poi questo ministro, oltre a regolare la spesa nella determinazione degli stanziamenti e nella utilizzazione delle risorse (spesso rideterminate attraverso i periodici tagli), è anche titolare del potere di gestione delle entrate, a tacer d'altro, effettivamente in lui si concentrano poteri enormi che possono determinare qualche problema in sede di esercizio della collegialità in Consiglio dei Ministri.

     Questi poteri sono un bene, sono funzionali ad una buona gestione finanziaria, o rendono i ministri, come scrive Martino, "solo superflue comparse"?

     In sostanza è un problema istituzionale o una questione di capacità del Premier di dirigere la politica generale del Governo e di mantenere l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, "promuovendo e coordinando l'attività dei ministri", come si legge nell'art. 95, comma 1, della Costituzione>?

     Sembra sia essenzialmente una questione di capacità del Premier di  esercitare i poteri che la Costituzione  gli riconosce. E' vero che il Ministro dell'economia, oltre  a tenere io cordoni della borsa sa anche cosa c'è dentro, oggi e nei mesi a venire, dati che, soprattutto se riferiti alla cassa, non sono facilmente conoscibili dai ministri di settore, ma è evidente che se in Consiglio dei Ministri, sotto la direzione del Presidente del Consiglio, la collegialità è mantenuta il potere del Ministro di via XX Settembre finisce per essere soprattutto conoscitivo e di coordinamento concordato a Palazzo Chigi.

     Sarebbe necessario, dunque, che il Ministro dell'economia rendesse conoscibili i dati di bilancio nelle loro varie componenti, come le vicende relative alle operazioni di indebitamento, in modo da coinvolgere i colleghi nella identificazione delle linee di politica economia e finanziaria.

     Diciamo, dunque, che lo strapotere del Ministro dell'economia è un dato obiettivo, ma aggravato dalla mancanza di collegialità che spetta, in primo luogo, al Presidente del Consiglio assicurare nell'interesse generale del Governo.

     A questo punto torniamo alla sollecitazione di Antonio Martino "Spacchettiamo l'Economia" per verificare se sia stato irragionevole aver riunito governo dell'entrata e della spesa in un unico ministero. In proposito, a parte analoghe esperienze straniere, in teoria  non sembra illogico che la politica finanziaria sia gestita in un contesto unico, considerato che le entrate non sono solo dirette a reperire le risorse per far fronte alle spese, ma hanno esse stesse una autonoma capacità di generare effetti di politica economia nei settori più diversi, dall'industria ai commerci alla gestione dei servizi sociali, con la conseguenza che una visione unitaria dei vari fenomeni finanziari che concorrono alla determinazione delle scelte dovrebbe assicurare effetti positivi.

     Certo si potrebbe anche dire che le linee di politica economia devono nascere in  seno al Consiglio dei Ministri con il concorso non solo del Ministro dell'economia o dei ministri del tesoro e delle finanze ma anche dei ministri di settore, quelli che dovrebbero essere consapevoli delle esigenze  dei vari comparti e degli effetti che ne derivano sull'intera economia del Paese.

     Forse, dunque, non è solo un problema normativo, di organizzazione del governo, ma anche di capacità di coloro che sono chiamati ad incarichi ministeriali di far valere la loro competenza di settore all'interno dell'organo collegiale Consiglio dei Ministri e anche di capacità del Premier che, ai sensi della Costituzione (art. 95), "dirige la politica generale del Governo". La norma c'è, dunque. Ancora una volta le leggi son, ma chi pon mano ad esse? (Dante, Purgatorio, Canto XVI). E citando Giulio Andreotti il potere logora chi non ce l'ha. Anzi si potrebbe dire chi che l'ha ma  non lo sa usare!

28 giugno 2011

 

Sprechi: quali e da quando?

di Senator

 

     Sprecopoli, neologismo in uso ormai da tempo identifica la malamministrazione delle risorse pubbliche, la destinazione di somme  rilevanti provenienti dai bilanci pubblici, dello Stato, delle regioni, degli enti locali, per sostenere enti o iniziative prive di interesse generale.

     Il fatto è che di queste situazioni si parla da tempo, da molto tempo. Si leggono nelle relazioni al Parlamento della Corte dei conti, nelle inchieste giornalistiche e nei tanti libri che si diffondono su esempi clamorosi di sperperi. E c'è da chiedersi cosa abbia fatto finora il responsabile della gestione del bilancio dello Stato, quel Ministro dell'economia e delle finanze che  dispone di ampia capacità di conoscenza degli sprechi e di strumenti di intervento, perché certe situazioni vengano ricondotte ad una gestione oculata della finanza pubblica.

     Invece non si interviene. Il Ministro è evidentemente latitante da anni, se la situazione degli sprechi si è incancrenita, nonostante leggi finanziarie aggettivate come severe, rispettose dei vincoli europei, ed i tagli "lineari", la dimostrazione dell'incapacità del Ministero di via XX Settembre  di analizzare le situazioni critiche e di intervenire immediatamente.

     Ricordo, all'inizio degli anni '90, la coppia Guido Carli - Andrea Monorchio, rispettivamente Ministro del tesoro e Ragioniere generale dello Stato, dialogare con i Ministri ed i loro esperti per analizzare capitolo per capitolo e comprendere le ragioni delle spese, per limitare quelle inutili o eccessive e valorizzare le iniziative virtuose, indirizzandole verso migliori obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.

     Perché oggi quella buona pratica è stata abbandonata? Perché il Ministro che tiene stretti i cordoni della borsa non riesce a misurare l'intensità della stretta, perché essa non deprima l'economia ma favorisca la ripresa dei consumi interni anche mediante un sapiente dosaggio di incentivi e di imposte?

     Oggi, di fronte all'ennesima denuncia di sprechi si propongono misure di facciata, assolutamente insufficienti, qualche limatina agli stipendi dei parlamentari, qualche auto blu in meno, tutte iniziatiche che producono modeste economie, laddove sarebbe stato  possibile ottenere maggiori e più significativi risparmi attraverso misure strutturali, anche di carattere istituzionale, come la riduzione se non l'eliminazione delle province che, invece, sono aumentate negli ultimi anni.

     E' chiaro che tagliare non è facile né indolore, soprattutto quando si toccano santuari della politica, istituzioni ed enti che producono posti di amministratori e schiere di collaboratori ed assicurano potere, quello di decidere su appalti di lavori e forniture che, escluso l'illecito, identificano comunque una espressione dell'autorità pubblica che porta consensi e fa guadagnare le imprese dell'area territoriale di interesse per il politico.

     Tagliare genera opposizioni. Perché non farlo giorno per giorno anche prevenendo aggravi di costi? Perché attendere le tirate d'orecchie dell'Europa e menare sciabolare sempre dalla stessa parte? Colpendo i lavoratori a reddito fisso, in primo luogo i lavoratori pubblici, che dovrebbero costituire il nerbo di quell'Amministrazione alla quale i governi affidano la realizzazione del programma condiviso dall'elettorato, quell'indirizzo politico amministrativo che ha ottenuto consenso che dovrebbe mantenerlo ed accrescerlo.

     E' un problema di classe dirigente, politica e amministrativa, si sente dire spesso.

     E' vero.

27 giugno 2011

 

In margine ad un convegno al Cnel sulla Corte dei conti

"Cattiva politica" e "malamministrazione"

di Salvatore Sfrecola

 

     Nel suo intervento alla tavola rotonda tenutasi al CNEL venerdì 24 giugno il Prof. Vincenzo Cerulli Irelli, Ordinario di Diritto amministrativo nella Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ha approfondito le ragioni del controllo della Corte dei conti nell'ordinamento della Repubblica, tra l'altro mettendo in risalto la mancata sua estensione  a regioni ed enti locali, essenziale dopo la riforma del Titolo II della Costituzione che ha eliminato i controlli statali sulle regioni (Commissione regionale di controllo, presieduto dal Commissario del Governo, dopo che la legge Bassanini aveva eliminato il Comitato regionale di controllo - CORECO che vigilava sugli atti degli enti locali).

     Cerulli Irelli ritiene la mancata attuazione di controlli neutrali (come quelli della Corte dei conti, che è una magistratura e quindi estranea all'Amministrazione) una vera e propria lesione degli interessi costituzionali al buona andamento ed all'imparzialità dell'Amministrazione, considerato che le risorse finanziarie che gestiscono gli enti pubblici sono somme prelevate dalle private economie, in una parola sono denari dei cittadini, dell'intera comunità.

     Cerulli Irelli si è soffermato anche sulle attribuzioni giurisdizionali della Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica, cioè sui giudizi di responsabilità amministrativa e contabile attraverso i quali i responsabili di danno all'Erario vengono condannati a risarcirlo, come dice l'art. 82 della legge di contabilità generale dello Stato (“l’impiegato che, per azione od omissione, anche solo colposa, nell’esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato è tenuto a risarcirlo”).

     Nel corso del suo intervento il Prof. Cerulli Irelli ha ricordato una cosa della quale ero ben consapevole come Presidente dell'Associazione Magistrati della Corte dei conti, cioè che al momento di convertire in legge il decreto che nel 1996  ha limitato la responsabilità "ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave" in Parlamento (Cerulli Irelli  relatore alla Camera), si era manifestata un diffusa ostilità nei confronti della Corte dei conti. E ne ha spiegato i motivi in termini che  anch'io  ho sempre fatto presente ai miei colleghi. I parlamentari, di maggioranza e di opposizione, hanno sempre qualche amico  sindaco o assessore, oppure un funzionario  di un'amministrazione locale il quale, indagato o chiamato in giudizio si lamenta con il suo amico a Roma per il fatto che il Procuratore regionale si occupa di lui. E trova motivi di doglianze nella necessità di perseguire l'indirizzo politico indicato dagli elettori. In sostanza fa intendere al politico romano che in sede locale, dove il parlamentare prende i voti, c'è o ci potrebbe essere malcontento tra gli elettori.

     Naturalmente si guarda bene dal riferire sui contenuti esatti delle indagini in corso o dell'atto di citazione. Fa la vittima ed induce ad una forma di sospetto nei confronti della Corte, uno scomodo intralcio sulla via della politica e della discrezionalità che la caratterizza.

     Naturalmente le cose non stanno proprio  così, le scelte politiche sono libere ma la discrezionalità amministrativa, che caratterizza i provvedimenti attraverso i quali le scelte politiche trovano realizzazione, non è, come qualcuno crede, libertà assoluta di fare quel che si vuole, ma individuazione della soluzione migliore tra quelle possibili, sempre nel rispetto della legge e dei vincoli di bilancio.

     Fuori di questi limiti, che costituiscono l'essenza dello stato di diritto, quello che in Costituzione (art. 97) organizza gli uffici "in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione", vi è solo l'arbitrio e lo sperpero del denaro pubblico.

     La segnalazione di Cerulli Irelli, tuttavia, non può essere fatta passare sotto silenzio, come un male della politica che tende a prevaricare le regole, senza trarne delle conseguenze sul piano dell'azione della Corte dei conti quale giudice delle responsabilità per danno all'erario.

     E' verissimo che, specialmente in questo momento storico, una classe politica modesta, a destra ed a sinistra, ed una burocrazia asservita mortificano le tante potenzialità di un popolo di antica tradizione, dotato di eccezionali risorse in tutti i campi. Ma proprio perché abbiamo a che fare con una classe politica che ha scarso senso dello stato, l'azione delle magistrature deve togliere ogni alibi a chi non attende che  l'occasione giusta per limitare i poteri dei giudici e degli organi di controllo.

     In questo senso la segnalazione del Prof. Cerulli Irelli, che ha tratto lo spunto da un'esperienza personale di studioso e di politico, deve indurre tutti coloro che operano nel settore della verifica della legalità e della buona amministrazione ad adottare pronunce sempre comprensibili in punto di diritto ma anche nell'esposizione perché i politici comprendano i motivi per i quali vengono censurati ed i cittadini ne traggano insegnamento per valutare l'azione politico-amministrativa dei loro rappresentanti. Naturalmente si dirà che i politici conoscono bene quello che hanno fatto in barba alla legge, ma credo che sia un dovere dei giudici scriverlo in modo non equivoco, senza usare un linguaggio ottocentesco, ridondante.

     Ugualmente va tenuto conto  di una situazione sulla quale mi sono ripetutamente soffermato, ben sottolineata dal Prof. Cerulli Irelli: la maggioranza parlamentare è restia a censurare il governo in  conformità delle osservazioni della Corte dei conti, come dimostra la circostanza - riferita proprio dal professore - che di quelle osservazioni il Parlamento non si serve, neppure in veste sollecitatoria nei confronti del governo. Resta la soddisfazione dell'ampio risalto che la stampa riserva alle relazioni al Parlamento  sul rendiconto generale dello Stato ed in genere alle relazioni dei Presidenti delle sezioni giurisdizionali ed ai Procuratori regionali in occasione delle cerimonie per l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Un "controllo influenza", come lo ha definito Andrea Manzella. Ma con effetto modesto, un po' come le bombe a mano da esercitazione, definite dai soldati "ad effetto morale".

25 giugno 2011

Re Boris e la Regina Giovanna di Savoia

Inaugurata a Sofia la Mostra sul Matrimonio Reale di Assisi
 

di Diplomaticus
 
     Mercoledì 22 giugno è stata inaugurata a Sofia, al Centro spirituale Roncalli (la casa dove l’allora Delegato Apostolico, Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, visse 8 anni dei 10 trascorsi in Bulgaria), la Mostra fotografica dedicata al Matrimonio tra Re Boris III di Bulgaria e la Regina Giovanna, nata Principessa di Savoia, che fu celebrato ad Assisi, nell’ottobre 1930, nella Basilica di San Francesco.
     All’inaugurazione della Mostra - organizzata dall’Ambasciata dell’Ordine di Malta a Sofia in collaborazione con i Lions Club di Assisi e di Sofia e con la Fondazione Re Boris e Regina Giovanna - sono intervenute oltre 400 persone tra le quali numerosi esponenti della vita religiosa, politica, diplomatica, accademica e culturale bulgara.
     Tutti i canali televisivi e radiofonici bulgari, così come la stampa quotidiana, hanno dato ampio risalto all’evento.
     Alla presenza di Re Simeone II e della Regina Margherita; del Nunzio Apostolico e degli Ambasciatori di Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Russia, Serbia e Spagna; del Segretario Permanente del Ministero degli Esteri, del Direttore Generale del Protocollo dello stesso Ministero e di alti dirigenti di altri Ministeri, hanno preso la parola il Nunzio Apostolico Mons. Bolonek; l’Esarca Apostolico e Presidente della Conferenza Episcopale Cattolica Mons. Proykov; il Vescovo Ortodosso Mons. Tihon, Arciprete della Cattedrale di Sant’Alexander Nevski di Sofia; l’Ambasciatore dell’Ordine di Malta, Zuccoli, e il Presidente del Lions Club di Assisi, Carli.
     L’Ambasciatore Zuccoli ha così concluso: “Le fotografie, le lettere, i ricordi esposti in questa Mostra testimoniano il legame forte e affettuoso tra la Regina Giovanna – la Regina francescana – e Assisi, nella devozione tenerissima a San Francesco.
     Assisi, alla quale sempre andava il suo pensiero. Il Santo della fratellanza, al quale sempre rivolgeva le sue preghiere, negli anni sereni – troppo pochi – della sua vita in Bulgaria; negli anni terribili e tragici della guerra e, poi, nella lunga, forzata lontananza dalla Patria bulgara tanto amata.
     Nell’ottobre 1930 un nodo d’amore fu consacrato nella Chiesa di San Francesco d’Assisi, da dove la luce splendente del suo insegnamento illumina il mondo.
Quel nodo legò indissolubilmente il Re Boris e la Regina Giovanna; Assisi e la Bulgaria.
     Oggi, come ieri, quel nodo d’amore parla ai nostri cuori e ci ricorda i valori essenziali della vita: la Fede; la dedizione al bene comune; la responsabilità; il dovere.
     Ascoltiamolo.”.
     La Mostra, che resterà aperta a Sofia fino a metà luglio, proseguirà poi per le città di Varna, Bourgas, Plovdiv, Russe, Vidin e Veliko Tirnovo.

25 giugno 2011
 

Dow Jones porta a compimento l’installazione di un importante impianto ad energia solare (da Good New Agency, anno XI, n. 188, 24 giugno 2011)

 

     New York, 10 giugno- (Globe Newswire) - Questa settimana, nel Brunswick del Sud, Dow Jones & Company ha completato l’installazione di un impianto ad energia solare di 4.1 megawatt, uno dei più grandi degli Stati Uniti situati sul terreno di un’unica azienda. Dow Jones, editore di notizie e informazioni nel settore degli affari a livello internazionale, possiede un campus di 200 acri lungo la Route 1, nel Brunswick del Sud. Nel suo picco massimo di produzione, questo sistema ad energia solare soddisfa la metà del fabbisogno energetico del campus, il più esteso tra quelli della Dow Jones.

     Dow Jones & Company fornisce notizie e informazioni nel settore degli affari a livello mondiale ed inoltre sviluppa tecnologie di informazione destinate ad utenti ed organizzazioni, attraverso varie piattaforme.

http://www.csrwire.com/press_releases/32426-Dow-Jones-Marks-Completion-of-Major-Solar-Power-System

 

Al CNEL si è parlato di Corte dei conti

 

di Iudex

 

     La tavola rotonda che si è tenuta al CNEL questa mattina, promossa per promuovere (scusate il bisticcio) la candidatura di Mario Ristuccia alla Corte costituzionale, sarebbe stata una noiosissima ripetizione di cose sentite migliaia di volte, quelle che io chiamo “pensiero debole”, se una sferzata di energia non fosse venuta da Vincenzo Cerulli Irelli e Roberto Zaccaria che nella tavola rotonda seguita all’introduzione di Antonio Marzano, a saluto di Luigi Giampaolino, Presidente della Corte dei conti, ed alla introduzione di Mario Ristuccia, hanno proposto riflessioni di spessore scientifico in una prospettiva attuale del ruolo dei controlli e della giurisdizione contabile.

     Il Presidente Marzano ha aperto i lavori con puntualità anglosassone segnalando, da economista e da politico (è un esponente di punta del Popolo della Libertà, è stato Ministro delle attività produttive), ma forse ha ricordato anche l’insegnamento di suo padre, Carlo, Ragioniere generale dello Stato, il ruolo della Corte quale organo di controllo di rilevanza costituzionale e giudice delle responsabilità per danno all’erario. Una duplice funzione costituzionalmente prevista per garantire che il denaro dei cittadini sia speso correttamente sotto il profilo della legittimità, ma anche della economicità, efficienza ed efficacia, nell’interesse dei cittadini e dell’intera comunità. Per finalità di stabilità del sistema finanziario della Repubblica nella fase attuale di evoluzione del regionalismo ed in prospettiva di un assetto federale, sottolineando come la missione della Corte sia quella di indicare alle pubbliche amministrazioni le azioni più opportune per ottenere i risultati migliori per il buon esito delle azioni rimesse alla responsabilità della spera politica.

     Marzano ha così offerto a Luigi Giampaolino lo spunto per ribadire che la Corte non mira solo a garantire la retta gestione delle risorse pubbliche in funzione di orientamento del pubblico agire ma anche del coordinamento della finanza pubblica.

     In questo senso la Corte dei conti è il “supremo garante della finanza pubblica”, ha detto Mario Ristuccia. Anch’egli ha richiamato il ruolo della contestazione delle funzioni di controllo e giurisdizionali che in altri ordinamenti, invece, sono attribuite ad organismi diversi, sottolineando come la giurisdizione contabile assicuri, come aveva detto anche Giampaolino, il momento di chiusura del sistema. Ha ricordato anche le attribuzioni sanzionatorie di recente assegnate alla Corte dei conti in ordine all’accertamento della violazione delle regole poste a salvaguardia della retta gestione finanziaria. In questa ottica ritiene che debba rivedersi l’impostazione che ha portato alla sentenza della Corte costituzionale n. 29 del 1995 che ha voluto tranquillizzare gli amministratori locali puntando sul carattere “collaborativo” del controllo contestualmente affermandone la netta distinzione dalla giurisdizione. Il timore è stato quello, nel particolare momento storico seguito al decentramento della giurisdizione contabile di evitare che gli esiti del controllo, ove avessero accertato violazione delle regole della buona amministrazione dessero lo spunto ai Procuratori regionali per avviare azioni di responsabilità per danno erariale.

     La tavola rotonda, assenti Beniamino Caravita di Toritto, Guido Corso, Carlo Vizzini e Luigi Zanda, ha preso le mosse dall’intervento di Donato Bruno, Presidente della Commissione affari costituzionali della Camera e della Bicamerale che sta esaminando la proposta di riforma costituzionale che tra l’altro riguarda la Giustizia. Bruno ha auspicato la più ampia convergenza considerato che il momento politico è tale che certamente non agevola un percorso celere e proficuo. C’è una grave assenza di dibattito, ha detto Bruno, ed ha ribadito il tema centrale della riforma della Giustizia, la separazione delle carriere.

     Cerulli Irelli, Ordinario di diritto amministrativo nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma “La Sapienza” ha esordito con un’affermazione condivido pienamente ma che molti certamente non hanno gradito. L’impostazione “collaborativa” del controllo “è stato un errore”. Ed ha richiamato il pensiero di Cavour in ordine al ruolo della Corte dei conti in un sistema di evidente distinzione dei ruoli di Governo e Parlamento nel quale l’organo rappresentativo della comunità aveva bisogno, non disponendo di uffici tecnici che gli consentissero di controllare le attività di gestione della finanza, di un organismo indipendente che riferisse (qui sta il carattere “collaborativo” del controllo, poi si sarebbe detto della “funzione ausiliaria” della Corte) “sul risultato del riscontro eseguito”, come recita oggi l’art. 100, comma 2, della Costituzione.

     Cerulli Irelli segnala come, rispetto all’assetto costituzionale dell’800, la distinzione tra Governo e Parlamento abbia perso molto dell’antica impostazione liberale: il Governo gestisce, il Parlamento controlla. Ciò perché la maggioranza parlamentare, la stessa che regge il governo, non svolge mai un ruolo critico nei confronti dell’esecutivo. Di qui l’assoluta assenza di dibattito parlamentare sulle relazioni con le quali la Corte dei conti riferisce alle Assemblee.

     D’altra parte, ha aggiunto Cerulli Irelli, la circostanza che la riforma costituzionale abbia fatto venir meno i controllo dello Stato sulle regioni e dei CORECO sugli enti locali senza prevedere controlli affidati ad organi dotati di indipendenza come la Corte dei conti, in forma repressiva. Non è pensabile, ha aggiunto, che la finanza regionale e locale sia priva di riscontri che possano dare esito repressivo. Ha poi insistito sulla esattezza dell’orientamento giurisprudenziale che afferma la responsabilità degli amministratori delle società a capitale pubblico, ribadendo l’indifferenza della natura formale dell’ente che gestisce denaro pubblico.

     Nel soffermarsi, poi, sulla giurisdizione contabile ha dimostrato di propendere per una natura sanzionatoria anziché risarcitoria. Ha concluso auspicando un codice del processo contabile che comprenda anche il processo esecutivo.

     Nel corso dell’intervento, nel quale ha sottolineato l’importanza del ruolo di garanzia della Corte il Prof. Cerulli Irelli ha anche ricordato la sua passata esperienza di parlamentare che gli ha fatto constatare quale preoccupazione abbiano molti politici per l’azione risarcitoria del P.M. contabile e come deputati e senatori siano sensibili alle tensione che provengono dalla periferia quando qualche indagine sfiora sindaci ed assessori amici.

     Roberto Zaccaria, ordinario di Diritto costituzionale e parlamentare del PD, ha sottolineato la irrazionalità di alcune norme che hanno riguardato la Corte dei conti, come quella che ha mutilato il Consiglio di Presidenza, organo di autogoverno della magistratura contabile (norma contenuta nella legge Brunetta), o il cosiddetto “lodo Bernardo” che ha limitato la possibilità di risarcimento del danno all’immagine. Un modo di legiferare. Ugualmente ha censurato l’atteggiamento della Camera rispetto ad importanti relazioni della Corte dei conti, come quella sulle opere pubbliche “segretare”, un modo per aggirare le regole degli appalti pubblici.

     Andrea Manzella, docente universitario, ex parlamentare oggi componente del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti ha ripreso un argomento trattato da Cerulli Irelli che aveva segnalato il rilievo che le relazioni della Corte dei conti riscuotono sulla stampa, ben superiore a quello che ad esse riserva il Parlamento. Manzella lo ha chiamato “controllo influenza” e gli ha riconosciuto una sua intrinseca giuridicità.

     È stato, dunque, un incontro certamente interessante, che ha trattato profili non scontati.

     Le conclusioni le ha tratte il Presidente Luigi Giampaolino.

24 giugno 2011

 

Lo eleggeranno i magistrati della Corte dei conti

Un Giudice per la Consulta

di Iudex

 

     E' convocato per il 16 luglio il Collegio elettorale che dovrà provvedere alla scelta del Giudice costituzionale che spetta designare ai magistrati della Corte dei conti. Sostituirà Paolo Maddalena il cui mandato scade il 30 luglio.

     In quella data si confronteranno ben otto candidati, quanti, almeno al momento, hanno fatto presente ai colleghi il loro desiderio di concorrere. Ma siccome le candidature non sono formalizzate è possibile sempre un candidato dell'ultima ora. E difatti si fanno i nomi di alcuni che starebbero ancora riflettendo sulla possibilità o meno di scendere in campo. Si era fatto anche il nome di Luigi Giampaolino, Presidente della Corte dei conti, ma lui ha sempre smentito. Qualcuno evoca lo spettro di Giuseppe Cataldi, un Presidente molto amato, giurista raffinato, studioso di Scienza dell'Amministrazione, genero di Guido Zanobini, il Mastro del Diritto amministrativo. Eppure non ce la fece e si dice che Cataldi l'abbia presa malissimo. Sconfessato all'interno, delegittimato all'esterno.

     Se non si presenteranno altri, dunque, se la vedranno (in ordine alfabetico) Rita Arrigoni, Presidente della Sezione di controllo per la Regione Siciliana, Aldo Carosi, Consigliere presso la Sezione centrale del controllo, Agostino Chiappiniello, Procuratore regionale dell'Umbria, Tommaso Miele, Consigliere presso la Sezione giurisdizionale del Molise, Vito Minerva, Presidente aggiunto della Corte dei conti,   Mario Ristuccia, ex Procuratore generale, in pensione dal 7 maggio (la sua candidabilità per molti è dubbia), Eugenio Schlitzer, Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, Salvatore Sfrecola, Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte.

     Naturalmente non tutti i candidati hanno le stesse chance. Nel borsino delle elezioni (al primo turno si vince con la maggioranza assoluta dei componenti del Collegio - poco più di centosessanta voti, in caso nessuno raggiunga quel traguardo è previsto il ballottaggio tra i due migliori classificatisi) si ritiene abbiano scarse possibilità in primo luogo Rita Arrigoni ed Agostino Chiappiniello. Alla prima si attribuiscono scarsi 20 voti, il secondo non dovrebbe raggiungere i 10. Anche Mario Ristuccia e Vito Minerva vengono considerati out. Ristuccia perché pensionato, un Procuratore generale scarsamente incisivo, aplomb anglosassone, un tipo da salotto più che da Camera di consiglio alla Consulta. Pesca nella stessa area di Vito Minerva, la sinistra radical chic e l'ala più progressista che si ritrova intorno ad  "Alternativa", un Gruppo che a lungo ha animato le battaglie dell'Associazione Magistrati della Corte dei conti ma che ha perduto molta della sua antica verve, quando c'erano i De Pascalis e i Coco. Si tratta di un'area le cui potenzialità sono stimate in 30-40 voti, ovviamente divisi per due.

     C'è poi Eugenio Schlitzer, Segretario generale dell'Associazione Magistrati. Nei suoi confronti si può solo avere  grande simpatia o grande antipatia. Manovriero, sempre molto vicino al Presidente di turno, ha un elettorato fedele che viene stimano tra i 40 e i cinquanta voti.

     I candidati forti sono considerati Carosi, Miele e Sfrecola. Moderati, con lunga esperienza associativa (Sfrecola è stato per due volte Presidente dell'Associazione Magistrati, Miele è l'attuale vicepresidente; siedono tutti in Consiglio direttivo con Carosi) vengono accreditati, al momento,   rispettivamente per 60, 40 e 50 voti, un numero sufficiente per impedire all'eventuale ballottaggio l'emersione di un candidato dell'ultima ora. Hanno fatto sapere, infatti, che in caso   uno solo di loro andasse al ballottaggio gli altri "consiglierebbero" ai propri elettori di far convergere i loro voti sui chi dei tre rimane in lizza.

     Naturalmente le valutazioni che precedono, stimate prudenzialmente, valgono per oggi. Già domani potrebbero essere stravolte. Tutti stanno spendendo le energie migliori con gli argomenti che ritengono più convincenti. Carosi, dicono gli avversari, non ha esperienza di giurisdizione   per una funzione che si esercita in Camera di consiglio, le sentenze di Miele rivelano la tendenza alla ripetizione dei concetti che è tipica anche del suoi interventi orali, Sfrecola ha l'handicap di fare poche telefonate per affidarsi prevalentemente a lettere e comunicati (sono come gli alpini, si è sentito ripetere, la mia forza è la penna).

      Ricorreranno tutti ancora ai rispettivi elettori, con argomenti ed iniziative. C'è chi patrocina incontri al ristorante ed in pizzeria, per Ristuccia gli amici hanno organizzato una tavola rotonda al CNEL venerdì 24. Sfrecola ha organizzato due convegni, uno sulla Corte dei conti nell'età del federalismo, l'altro con Piercamillo Davigo a Palazzo Ruspoli sulla corruzione. In entrambi i casi lo ha supportato la televisione con ben tre interviste, TG1 economia, TG2, TG Lazio. Rai Parlamento ha mandato in onda la registrazione dell'incontro.

     Stamattina si sentiva nei corridoi di viale Mazzini un altro argomento. Un magistrato diceva: "prendiamo tutti i candidati e mettiamoli a confronto con i Giudici costituzionale, da Quaranta, neopresidente, a Cassese, a Criscuolo, a Finocchiaro, a Gallo, a Silvestri e immaginiamoli a confronto con loro. La scrematura è presto fatta!".

22 giugno 2011

 

La forza della debolezza

di Senator

 

     Traballa ma non cade. Per ora. Ma per quanto starà ancora in piedi? Il Governo Berlusconi è cotto per unanime valutazione degli osservatori politici. E dello stesso Presidente del Consiglio che trae motivo di sopravvivenza dalla mancanza di alternative.

     E' la prova della crisi. Scosso dai risultati delle elezioni comunali, squassato dall'esito dei referendum nei quali il Premier aveva messo la faccia trasformandoli in un plebiscito sulla sua leadership, il Governo fa i conti con una situazione sociale resa difficile dalla crisi economica sempre negata o, ma solo di recente,  ammessa con edulcorate interpretazioni della realtà.

     Così il Cavaliere torna a parlare di riduzione delle imposte. Lo dice dal 1994 senza che mai alle promesse siano seguiti fatti, neppure minimi, come quelli che potrebbero far intendere  al popolo dei tartassati che qualcosa sta cambiando o potrebbe cambiare.

     La realtà è diversa. Anche ieri sera a Ballarò è emerso chiaro che non c'è spazio per significative riforme fiscali, non solo per i vincoli di bilancio i quali richiedono che una eventuale riforma sia a saldi invariati, ma perché manca la fantasia il genio che potrebbe guidare una redistribuzione dei carichi.

     Non si sente parlare di proposte serie e comunque la redistribuzione di cui parlava Sacconi non è per definizione una riforma indolore perché si tratta di trasferire alcuni oneri da una categoria ad un'altra che, ovviamente, non starebbe a guardare.

     Già la preannunciata  limitata riforma dell'IRPEF e dell'IVA (meno IRPEF + IVA) muove la protesta dei commercianti, preoccupati per l'effetto della naturale lievitazione dei prezzi se non assorbita da una contrazione dei guadagni. Cosa che , ovviamente nessuno vuole.

     Di chi sono i commercianti? Di destra o di sinistra? Non si sa bene, così non si toccano, non si sono toccati mai, a eppure quando sarebbe stato bene consigliare loro di non parificare mille lire ad un euro, come hanno fatto impunemente.

     Meno IRPEF e più IVA? Sarebbe saggio e giusto, per colpire la vera capacità contributiva che è data dalla quantità di  acquisti, evidentemente da selezionare quanto ai beni tassabili. Sarebbe un modo per colpire veramente i redditi occultati, provenienti dai lavori in nero o dai ricavi della malavita. Si sa bene, infatti, che in alcune aree del Paese la ricchezza è ben superiore a quella che risulta dai redditi ufficiali. Incidere su questa situazione attraverso l'inasprimento dell'imposta sulle vendite, quella che per molti secoli, diceva Tacito, aveva assicurato le risorse necessarie alla res publica ed all'impero romano, in modo misurato e selettivo. Una politica giusta di un governo che si autodefinisce "liberale".

22 giugno 2011

 

Se ne parla il 9 giugno a Palazzo Ruspoli

Corruzione e anticorruzione

 

     Per iniziativa dell'Associazione Magistrati della Corte dei conti - Gruppo “Rinnovamento” e della Rivista Amministrazione e contabilità dello Stato e degli Enti pubblici - www.contabilita-pubblica.it - avrà luogo a Roma, a Palazzo Ruspoli, Largo Goldoni, 56, giovedì 9 giugno 2011 (17,30 – 19,30) un Incontro dibattito su "Corruzione e anticorruzione".

Ne parleranno Piercamillo Davigo, Consigliere di Cassazione e Salvatore Sfrecola, Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Piemonte.

     Rivolgono loro domande: Andrea Altieri, Avvocato, Docente di Diritto amministrativo della Link Campus University; Daniele Cenci, Giudice del Tribunale di Perugia; Filippo de Jorio, Avvocato; Laura Lunghi, Avvocato; Fiammetta Palmieri, Giudice di Tribunale; Donatella Scandurra, Primo Referendario della Corte dei conti; Paola Maria Zerman, Avvocato dello Stato.

     Modera: Angelo Maria Petroni, Ordinario di Logica e Filosofia della Scienza, Università di Roma “La Sapienza”, Segretario Generale di Aspen Institute Italia.

Servizio stampa: Giuseppe Girone tel. 3349142759 - redazione@contabilita-pubblica.it

 

 

 

 

 

 

 


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