GIUGNO 2011
"Spacchettare" il Ministero dell'economia?
di
Salvatore Sfrecola
La proposta non è nuova. Dividere il Ministero
dell'economia e delle finanze restituendo autonomia a quei
settori che, prima della riforma Bassanini, erano
costituiti dai Ministeri del tesoro, delle finanze, del
bilancio e della programmazione economia, delle
partecipazioni statali. Le ragioni, la concentrazione nel
Ministero dell'economia e delle finanze dell'intera
politica economica e finanziaria, attraverso la gestione
della spesa pubblica e del sistema tributario, con
incidenza determinante nel settore dello sviluppo
economico, il cui Ministero è fortemente condizionato
dalle risorse messe a disposizione dall'inquilino di via
XX Settembre 97. Un potere enorme, ritenuto incompatibile
con la collegialità del Governo e la funzione di
coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri.
A scriverne, in questa occasione, è Antonio Martino,
Professore di economia politica alla Sapienza, politico di
lungo corso, già Ministro della difesa nel governo
2001-2006, che su Il Tempo di oggi firma un fondo
che ha forma di lettera aperta al Presidente della
Repubblica. "Il governo - è la tesi di Martino - è il
ministro dell'Economia, gli altri, presidente del
Consiglio incluso, sono solo superflue comparse". Per cui
la proposta: "Spacchettiamo l'Economia".
Il tema, come dicevo iniziando non è nuovo. Anche io ne ho
scritto su questo giornale ("L'indirizzo del Governo? Via
XX Settembre") sottolineando la somma di poteri in capo al
Ministro dell'economia, poteri di indirizzo e di
coordinamento in materia di politica finanziaria con
contemporanea competenza sulla spesa e sull'entrata,
poteri esercitati nella formazione del bilancio e nella
sua gestione (si pensi, ad esempio, alle variazioni di
bilancio conseguenti a nuove leggi di spesa ed alla
implementazione degli stanziamenti mediante prelevamento
dai fondi di riserva), anche attraverso i controlli
contabili della Ragioneria generale dello Stato e le
attività di verifica amministrativo-contabili
dell'Ispettorato generale di finanza. Se poi questo
ministro, oltre a regolare la spesa nella determinazione
degli stanziamenti e nella utilizzazione delle risorse
(spesso rideterminate attraverso i periodici tagli), è
anche titolare del potere di gestione delle entrate, a
tacer d'altro, effettivamente in lui si concentrano poteri
enormi che possono determinare qualche problema in sede di
esercizio della collegialità in Consiglio dei Ministri.
Questi poteri sono un bene, sono funzionali ad una buona
gestione finanziaria, o rendono i ministri, come scrive
Martino, "solo superflue comparse"?
In sostanza è un problema istituzionale o una questione di
capacità del Premier di dirigere la politica generale del
Governo e di mantenere l'unità di indirizzo politico ed
amministrativo, "promuovendo e coordinando l'attività dei
ministri", come si legge nell'art. 95, comma 1, della
Costituzione>?
Sembra sia essenzialmente una questione di capacità del
Premier di esercitare i poteri che la Costituzione gli
riconosce. E' vero che il Ministro dell'economia, oltre a
tenere io cordoni della borsa sa anche cosa c'è dentro,
oggi e nei mesi a venire, dati che, soprattutto se
riferiti alla cassa, non sono facilmente conoscibili dai
ministri di settore, ma è evidente che se in Consiglio dei
Ministri, sotto la direzione del Presidente del Consiglio,
la collegialità è mantenuta il potere del Ministro di via
XX Settembre finisce per essere soprattutto conoscitivo e
di coordinamento concordato a Palazzo Chigi.
Sarebbe necessario, dunque, che il Ministro dell'economia
rendesse conoscibili i dati di bilancio nelle loro varie
componenti, come le vicende relative alle operazioni di
indebitamento, in modo da coinvolgere i colleghi nella
identificazione delle linee di politica economia e
finanziaria.
Diciamo, dunque, che lo strapotere del Ministro
dell'economia è un dato obiettivo, ma aggravato dalla
mancanza di collegialità che spetta, in primo luogo, al
Presidente del Consiglio assicurare nell'interesse
generale del Governo.
A questo punto torniamo alla sollecitazione di Antonio
Martino "Spacchettiamo l'Economia" per verificare se sia
stato irragionevole aver riunito governo dell'entrata e
della spesa in un unico ministero. In proposito, a parte
analoghe esperienze straniere, in teoria non sembra
illogico che la politica finanziaria sia gestita in un
contesto unico, considerato che le entrate non sono solo
dirette a reperire le risorse per far fronte alle spese,
ma hanno esse stesse una autonoma capacità di generare
effetti di politica economia nei settori più diversi,
dall'industria ai commerci alla gestione dei servizi
sociali, con la conseguenza che una visione unitaria dei
vari fenomeni finanziari che concorrono alla
determinazione delle scelte dovrebbe assicurare effetti
positivi.
Certo si potrebbe anche dire che le linee di politica
economia devono nascere in seno al Consiglio dei Ministri
con il concorso non solo del Ministro dell'economia o dei
ministri del tesoro e delle finanze ma anche dei ministri
di settore, quelli che dovrebbero essere consapevoli delle
esigenze dei vari comparti e degli effetti che ne
derivano sull'intera economia del Paese.
Forse, dunque, non è solo un problema normativo, di
organizzazione del governo, ma anche di capacità di coloro
che sono chiamati ad incarichi ministeriali di far valere
la loro competenza di settore all'interno dell'organo
collegiale Consiglio dei Ministri e anche di capacità del
Premier che, ai sensi della Costituzione (art. 95),
"dirige la politica generale del Governo". La norma c'è,
dunque. Ancora una volta le leggi son, ma chi pon mano
ad esse? (Dante, Purgatorio, Canto XVI). E
citando Giulio Andreotti il potere logora chi non ce
l'ha. Anzi si potrebbe dire chi che l'ha ma non lo
sa usare!
28
giugno 2011
Sprechi: quali e da quando?
di
Senator
Sprecopoli, neologismo in uso ormai da tempo identifica la
malamministrazione delle risorse pubbliche, la
destinazione di somme rilevanti provenienti dai bilanci
pubblici, dello Stato, delle regioni, degli enti locali,
per sostenere enti o iniziative prive di interesse
generale.
Il fatto è che di queste situazioni si parla da tempo, da
molto tempo. Si leggono nelle relazioni al Parlamento
della Corte dei conti, nelle inchieste giornalistiche e
nei tanti libri che si diffondono su esempi clamorosi di
sperperi. E c'è da chiedersi cosa abbia fatto finora il
responsabile della gestione del bilancio dello Stato, quel
Ministro dell'economia e delle finanze che dispone di
ampia capacità di conoscenza degli sprechi e di strumenti
di intervento, perché certe situazioni vengano ricondotte
ad una gestione oculata della finanza pubblica.
Invece non si interviene. Il Ministro è evidentemente
latitante da anni, se la situazione degli sprechi si è
incancrenita, nonostante leggi finanziarie aggettivate
come severe, rispettose dei vincoli europei, ed i tagli
"lineari", la dimostrazione dell'incapacità del Ministero
di via XX Settembre di analizzare le situazioni critiche
e di intervenire immediatamente.
Ricordo, all'inizio degli anni '90, la coppia Guido Carli
- Andrea Monorchio, rispettivamente Ministro del tesoro e
Ragioniere generale dello Stato, dialogare con i Ministri
ed i loro esperti per analizzare capitolo per capitolo e
comprendere le ragioni delle spese, per limitare quelle
inutili o eccessive e valorizzare le iniziative virtuose,
indirizzandole verso migliori obiettivi di efficienza,
efficacia ed economicità.
Perché oggi quella buona pratica è stata abbandonata?
Perché il Ministro che tiene stretti i cordoni della borsa
non riesce a misurare l'intensità della stretta, perché
essa non deprima l'economia ma favorisca la ripresa dei
consumi interni anche mediante un sapiente dosaggio di
incentivi e di imposte?
Oggi, di fronte all'ennesima denuncia di sprechi si
propongono misure di facciata, assolutamente
insufficienti, qualche limatina agli stipendi dei
parlamentari, qualche auto blu in meno, tutte iniziatiche
che producono modeste economie, laddove sarebbe stato
possibile ottenere maggiori e più significativi risparmi
attraverso misure strutturali, anche di carattere
istituzionale, come la riduzione se non l'eliminazione
delle province che, invece, sono aumentate negli ultimi
anni.
E' chiaro che tagliare non è facile né indolore,
soprattutto quando si toccano santuari della politica,
istituzioni ed enti che producono posti di amministratori
e schiere di collaboratori ed assicurano potere, quello di
decidere su appalti di lavori e forniture che, escluso
l'illecito, identificano comunque una espressione
dell'autorità pubblica che porta consensi e fa guadagnare
le imprese dell'area territoriale di interesse per il
politico.
Tagliare genera opposizioni. Perché non farlo giorno per
giorno anche prevenendo aggravi di costi? Perché attendere
le tirate d'orecchie dell'Europa e menare sciabolare
sempre dalla stessa parte? Colpendo i lavoratori a reddito
fisso, in primo luogo i lavoratori pubblici, che
dovrebbero costituire il nerbo di quell'Amministrazione
alla quale i governi affidano la realizzazione del
programma condiviso dall'elettorato, quell'indirizzo
politico amministrativo che ha ottenuto consenso che
dovrebbe mantenerlo ed accrescerlo.
E' un problema di classe dirigente, politica e
amministrativa, si sente dire spesso.
E' vero.
27
giugno 2011
In
margine ad un convegno al Cnel sulla Corte dei conti
"Cattiva politica" e "malamministrazione"
di
Salvatore Sfrecola
Nel suo intervento alla tavola rotonda tenutasi al CNEL
venerdì 24 giugno il Prof. Vincenzo Cerulli Irelli,
Ordinario di Diritto amministrativo nella Facoltà di
giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma "La
Sapienza", ha approfondito le ragioni del controllo della
Corte dei conti nell'ordinamento della Repubblica, tra
l'altro mettendo in risalto la mancata sua estensione a
regioni ed enti locali, essenziale dopo la riforma del
Titolo II della Costituzione che ha eliminato i controlli
statali sulle regioni (Commissione regionale di controllo,
presieduto dal Commissario del Governo, dopo che la legge
Bassanini aveva eliminato il Comitato regionale di
controllo - CORECO che vigilava sugli atti degli enti
locali).
Cerulli Irelli ritiene la mancata attuazione di controlli
neutrali (come quelli della Corte dei conti, che è una
magistratura e quindi estranea all'Amministrazione) una
vera e propria lesione degli interessi costituzionali al
buona andamento ed all'imparzialità dell'Amministrazione,
considerato che le risorse finanziarie che gestiscono gli
enti pubblici sono somme prelevate dalle private economie,
in una parola sono denari dei cittadini, dell'intera
comunità.
Cerulli Irelli si è soffermato anche sulle attribuzioni
giurisdizionali della Corte dei conti nelle materie di
contabilità pubblica, cioè sui giudizi di responsabilità
amministrativa e contabile attraverso
i quali i responsabili di danno all'Erario vengono
condannati a risarcirlo, come dice l'art. 82 della legge
di contabilità generale dello Stato (“l’impiegato che, per
azione od omissione, anche solo colposa, nell’esercizio
delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato è tenuto a
risarcirlo”).
Nel corso del suo intervento il Prof. Cerulli Irelli ha
ricordato una cosa della quale ero ben consapevole come
Presidente dell'Associazione Magistrati della Corte dei
conti, cioè che al momento di convertire in legge il
decreto che nel 1996 ha limitato la responsabilità "ai
fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave"
in Parlamento (Cerulli Irelli relatore alla Camera), si
era manifestata un diffusa ostilità nei confronti della
Corte dei conti. E ne ha spiegato i motivi in termini che
anch'io ho sempre fatto presente ai miei colleghi. I
parlamentari, di maggioranza e di opposizione, hanno
sempre qualche amico sindaco o assessore, oppure un
funzionario di un'amministrazione locale il quale,
indagato o chiamato in giudizio si lamenta con il suo
amico a Roma per il fatto che il Procuratore regionale si
occupa di lui. E trova motivi di doglianze nella necessità
di perseguire l'indirizzo politico indicato dagli
elettori. In sostanza fa intendere al politico romano che
in sede locale, dove il parlamentare prende i voti, c'è o
ci potrebbe essere malcontento tra gli elettori.
Naturalmente si guarda bene dal riferire sui contenuti
esatti delle indagini in corso o dell'atto di citazione.
Fa la vittima ed induce ad una forma di sospetto nei
confronti della Corte, uno scomodo intralcio sulla via
della politica e della discrezionalità che la
caratterizza.
Naturalmente le cose non stanno proprio così, le scelte
politiche sono libere ma la discrezionalità
amministrativa, che caratterizza i provvedimenti
attraverso i quali le scelte politiche trovano
realizzazione, non è, come qualcuno crede, libertà
assoluta di fare quel che si vuole, ma individuazione
della soluzione migliore tra quelle possibili, sempre nel
rispetto della legge e dei vincoli di bilancio.
Fuori di questi limiti, che costituiscono l'essenza dello
stato di diritto, quello che in Costituzione (art. 97)
organizza gli uffici "in modo che siano assicurati il buon
andamento e l'imparzialità dell'amministrazione", vi è
solo l'arbitrio e lo sperpero del denaro pubblico.
La segnalazione di Cerulli Irelli, tuttavia, non può
essere fatta passare sotto silenzio, come un male della
politica che tende a prevaricare le regole, senza trarne
delle conseguenze sul piano dell'azione della Corte dei
conti quale giudice delle responsabilità per danno
all'erario.
E' verissimo che, specialmente in questo momento storico,
una classe politica modesta, a destra ed a sinistra, ed
una burocrazia asservita mortificano le tante potenzialità
di un popolo di antica tradizione, dotato di eccezionali
risorse in tutti i campi. Ma proprio perché abbiamo a che
fare con una classe politica che ha scarso senso dello
stato, l'azione delle magistrature deve togliere ogni
alibi a chi non attende che l'occasione giusta per
limitare i poteri dei giudici e degli organi di controllo.
In questo senso la segnalazione del Prof. Cerulli Irelli,
che ha tratto lo spunto da un'esperienza personale di
studioso e di politico, deve indurre tutti coloro che
operano nel settore della verifica della legalità e della
buona amministrazione ad adottare pronunce sempre
comprensibili in punto di diritto ma anche
nell'esposizione perché i politici comprendano i motivi
per i quali vengono censurati ed i cittadini ne traggano
insegnamento per valutare l'azione politico-amministrativa
dei loro rappresentanti. Naturalmente si dirà che i
politici conoscono bene quello che hanno fatto in barba
alla legge, ma credo che sia un dovere dei giudici
scriverlo in modo non equivoco, senza usare un linguaggio
ottocentesco, ridondante.
Ugualmente va tenuto conto di una situazione sulla quale
mi sono ripetutamente soffermato, ben sottolineata dal
Prof. Cerulli Irelli: la maggioranza parlamentare è restia
a censurare il governo in conformità delle osservazioni
della Corte dei conti, come dimostra la circostanza -
riferita proprio dal professore - che di quelle
osservazioni il Parlamento non si serve, neppure in veste
sollecitatoria nei confronti del governo. Resta la
soddisfazione dell'ampio risalto che la stampa riserva
alle relazioni al Parlamento sul rendiconto generale
dello Stato ed in genere alle relazioni dei Presidenti
delle sezioni giurisdizionali ed ai Procuratori regionali
in occasione delle cerimonie per l'inaugurazione dell'anno
giudiziario. Un "controllo influenza", come lo ha definito
Andrea Manzella. Ma con effetto modesto, un po' come le
bombe a mano da esercitazione, definite dai soldati "ad
effetto morale".
25 giugno 2011
Re Boris e la Regina Giovanna di Savoia
Inaugurata a Sofia la Mostra sul Matrimonio Reale di
Assisi
di Diplomaticus
Mercoledì 22 giugno è stata inaugurata
a Sofia, al Centro spirituale Roncalli (la casa dove
l’allora Delegato Apostolico, Mons. Angelo Giuseppe
Roncalli, visse 8 anni dei 10 trascorsi in Bulgaria), la
Mostra fotografica dedicata al Matrimonio tra Re Boris III
di Bulgaria e la Regina Giovanna, nata Principessa di
Savoia, che fu celebrato ad Assisi, nell’ottobre 1930,
nella Basilica di San Francesco.
All’inaugurazione della Mostra -
organizzata dall’Ambasciata dell’Ordine di Malta a Sofia
in collaborazione con i Lions Club di Assisi e di Sofia e
con la Fondazione Re Boris e Regina Giovanna - sono
intervenute oltre 400 persone tra le quali numerosi
esponenti della vita religiosa, politica, diplomatica,
accademica e culturale bulgara.
Tutti i canali televisivi e
radiofonici bulgari, così come la stampa quotidiana, hanno
dato ampio risalto all’evento.
Alla presenza di Re Simeone II e della
Regina Margherita; del Nunzio Apostolico e degli
Ambasciatori di Danimarca, Germania, Grecia, Italia,
Russia, Serbia e Spagna; del Segretario Permanente del
Ministero degli Esteri, del Direttore Generale del
Protocollo dello stesso Ministero e di alti dirigenti di
altri Ministeri, hanno preso la parola il Nunzio
Apostolico Mons. Bolonek; l’Esarca Apostolico e Presidente
della Conferenza Episcopale Cattolica Mons. Proykov; il
Vescovo Ortodosso Mons. Tihon, Arciprete della Cattedrale
di Sant’Alexander Nevski di Sofia; l’Ambasciatore
dell’Ordine di Malta, Zuccoli, e il Presidente del Lions
Club di Assisi, Carli.
L’Ambasciatore Zuccoli ha così
concluso: “Le fotografie, le lettere, i ricordi esposti
in questa Mostra testimoniano il legame forte e affettuoso
tra la Regina Giovanna – la Regina francescana – e Assisi,
nella devozione tenerissima a San Francesco.
Assisi, alla quale sempre andava il
suo pensiero. Il Santo della fratellanza, al quale sempre
rivolgeva le sue preghiere, negli anni sereni – troppo
pochi – della sua vita in Bulgaria; negli anni terribili e
tragici della guerra e, poi, nella lunga, forzata
lontananza dalla Patria bulgara tanto amata.
Nell’ottobre 1930 un nodo d’amore fu
consacrato nella Chiesa di San Francesco d’Assisi, da dove
la luce splendente del suo insegnamento illumina il mondo.
Quel nodo legò indissolubilmente il Re
Boris e la Regina Giovanna; Assisi e la Bulgaria.
Oggi, come ieri, quel nodo d’amore
parla ai nostri cuori e ci ricorda i valori essenziali
della vita: la Fede; la dedizione al bene comune; la
responsabilità; il dovere.
Ascoltiamolo.”.
La Mostra, che resterà aperta a Sofia
fino a metà luglio, proseguirà poi per le città di Varna,
Bourgas, Plovdiv, Russe, Vidin e Veliko Tirnovo.
25 giugno 2011
Dow Jones porta a
compimento l’installazione di un importante impianto ad
energia solare
(da Good New Agency, anno
XI, n. 188, 24 giugno 2011)
New York, 10 giugno- (Globe Newswire) - Questa
settimana, nel Brunswick del Sud, Dow Jones & Company ha
completato l’installazione di un impianto ad energia
solare di 4.1 megawatt, uno dei più grandi degli Stati
Uniti situati sul terreno di un’unica azienda. Dow Jones,
editore di notizie e informazioni nel settore degli affari
a livello internazionale, possiede un campus di 200 acri
lungo la Route 1, nel Brunswick del Sud. Nel suo picco
massimo di produzione, questo sistema ad energia solare
soddisfa la metà del fabbisogno energetico del campus, il
più esteso tra quelli della Dow Jones.
Dow Jones & Company fornisce notizie e informazioni
nel settore degli affari a livello mondiale ed inoltre
sviluppa tecnologie di informazione destinate ad utenti ed
organizzazioni, attraverso varie piattaforme.
http://www.csrwire.com/press_releases/32426-Dow-Jones-Marks-Completion-of-Major-Solar-Power-System
Al CNEL si è parlato di Corte dei conti
di Iudex
La tavola rotonda che si è tenuta al CNEL questa
mattina, promossa per promuovere (scusate il bisticcio) la
candidatura di Mario Ristuccia alla Corte costituzionale,
sarebbe stata una noiosissima ripetizione di cose sentite
migliaia di volte, quelle che io chiamo “pensiero debole”,
se una sferzata di energia non fosse venuta da Vincenzo
Cerulli Irelli e Roberto Zaccaria che nella tavola rotonda
seguita all’introduzione di Antonio Marzano, a saluto di
Luigi Giampaolino, Presidente della Corte dei conti, ed
alla introduzione di Mario Ristuccia, hanno proposto
riflessioni di spessore scientifico in una prospettiva
attuale del ruolo dei controlli e della giurisdizione
contabile.
Il Presidente Marzano ha aperto i lavori con
puntualità anglosassone segnalando, da economista e da
politico (è un esponente di punta del Popolo della
Libertà, è stato Ministro delle attività produttive), ma
forse ha ricordato anche l’insegnamento di suo padre,
Carlo, Ragioniere generale dello Stato, il ruolo della
Corte quale organo di controllo di rilevanza
costituzionale e giudice delle responsabilità per danno
all’erario. Una duplice funzione costituzionalmente
prevista per garantire che il denaro dei cittadini sia
speso correttamente sotto il profilo della legittimità, ma
anche della economicità, efficienza ed efficacia,
nell’interesse dei cittadini e dell’intera comunità. Per
finalità di stabilità del sistema finanziario della
Repubblica nella fase attuale di evoluzione del
regionalismo ed in prospettiva di un assetto federale,
sottolineando come la missione della Corte sia quella di
indicare alle pubbliche amministrazioni le azioni più
opportune per ottenere i risultati migliori per il buon
esito delle azioni rimesse alla responsabilità della spera
politica.
Marzano ha così offerto a Luigi Giampaolino lo spunto
per ribadire che la Corte non mira solo a garantire la
retta gestione delle risorse pubbliche in funzione di
orientamento del pubblico agire ma anche del coordinamento
della finanza pubblica.
In questo senso la Corte dei conti è il “supremo
garante della finanza pubblica”, ha detto Mario Ristuccia.
Anch’egli ha richiamato il ruolo della contestazione delle
funzioni di controllo e giurisdizionali che in altri
ordinamenti, invece, sono attribuite ad organismi diversi,
sottolineando come la giurisdizione contabile assicuri,
come aveva detto anche Giampaolino, il momento di chiusura
del sistema. Ha ricordato anche le attribuzioni
sanzionatorie di recente assegnate alla Corte dei conti in
ordine all’accertamento della violazione delle regole
poste a salvaguardia della retta gestione finanziaria. In
questa ottica ritiene che debba rivedersi l’impostazione
che ha portato alla sentenza della Corte costituzionale n.
29 del 1995 che ha voluto tranquillizzare gli
amministratori locali puntando sul carattere
“collaborativo” del controllo contestualmente affermandone
la netta distinzione dalla giurisdizione. Il timore è
stato quello, nel particolare momento storico seguito al
decentramento della giurisdizione contabile di evitare che
gli esiti del controllo, ove avessero accertato violazione
delle regole della buona amministrazione dessero lo spunto
ai Procuratori regionali per avviare azioni di
responsabilità per danno erariale.
La tavola rotonda, assenti Beniamino Caravita di
Toritto, Guido Corso, Carlo Vizzini e Luigi Zanda, ha
preso le mosse dall’intervento di Donato Bruno, Presidente
della Commissione affari costituzionali della Camera e
della Bicamerale che sta esaminando la proposta di riforma
costituzionale che tra l’altro riguarda la Giustizia.
Bruno ha auspicato la più ampia convergenza considerato
che il momento politico è tale che certamente non agevola
un percorso celere e proficuo. C’è una grave assenza di
dibattito, ha detto Bruno, ed ha ribadito il tema centrale
della riforma della Giustizia, la separazione delle
carriere.
Cerulli Irelli, Ordinario di diritto amministrativo
nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma
“La Sapienza” ha esordito con un’affermazione condivido
pienamente ma che molti certamente non hanno gradito.
L’impostazione “collaborativa” del controllo “è stato un
errore”. Ed ha richiamato il pensiero di Cavour in ordine
al ruolo della Corte dei conti in un sistema di evidente
distinzione dei ruoli di Governo e Parlamento nel quale
l’organo rappresentativo della comunità aveva bisogno, non
disponendo di uffici tecnici che gli consentissero di
controllare le attività di gestione della finanza, di un
organismo indipendente che riferisse (qui sta il carattere
“collaborativo” del controllo, poi si sarebbe detto della
“funzione ausiliaria” della Corte) “sul risultato del
riscontro eseguito”, come recita oggi l’art. 100, comma 2,
della Costituzione.
Cerulli Irelli segnala come, rispetto all’assetto
costituzionale dell’800, la distinzione tra Governo e
Parlamento abbia perso molto dell’antica impostazione
liberale: il Governo gestisce, il Parlamento controlla.
Ciò perché la maggioranza parlamentare, la stessa che
regge il governo, non svolge mai un ruolo critico nei
confronti dell’esecutivo. Di qui l’assoluta assenza di
dibattito parlamentare sulle relazioni con le quali la
Corte dei conti riferisce alle Assemblee.
D’altra parte, ha aggiunto Cerulli Irelli, la
circostanza che la riforma costituzionale abbia fatto
venir meno i controllo dello Stato sulle regioni e dei
CORECO sugli enti locali senza prevedere controlli
affidati ad organi dotati di indipendenza come la Corte
dei conti, in forma repressiva. Non è pensabile, ha
aggiunto, che la finanza regionale e locale sia priva di
riscontri che possano dare esito repressivo. Ha poi
insistito sulla esattezza dell’orientamento
giurisprudenziale che afferma la responsabilità degli
amministratori delle società a capitale pubblico,
ribadendo l’indifferenza della natura formale dell’ente
che gestisce denaro pubblico.
Nel soffermarsi, poi, sulla giurisdizione contabile
ha dimostrato di propendere per una natura sanzionatoria
anziché risarcitoria. Ha concluso auspicando un codice del
processo contabile che comprenda anche il processo
esecutivo.
Nel corso dell’intervento, nel quale ha sottolineato
l’importanza del ruolo di garanzia della Corte il Prof.
Cerulli Irelli ha anche ricordato la sua passata
esperienza di parlamentare che gli ha fatto constatare
quale preoccupazione abbiano molti politici per l’azione
risarcitoria del P.M. contabile e come deputati e senatori
siano sensibili alle tensione che provengono dalla
periferia quando qualche indagine sfiora sindaci ed
assessori amici.
Roberto Zaccaria, ordinario di Diritto costituzionale
e parlamentare del PD, ha sottolineato la irrazionalità di
alcune norme che hanno riguardato la Corte dei conti, come
quella che ha mutilato il Consiglio di Presidenza, organo
di autogoverno della magistratura contabile (norma
contenuta nella legge Brunetta), o il cosiddetto “lodo
Bernardo” che ha limitato la possibilità di risarcimento
del danno all’immagine. Un modo di legiferare. Ugualmente
ha censurato l’atteggiamento della Camera rispetto ad
importanti relazioni della Corte dei conti, come quella
sulle opere pubbliche “segretare”, un modo per aggirare le
regole degli appalti pubblici.
Andrea Manzella, docente universitario, ex
parlamentare oggi componente del Consiglio di Presidenza
della Corte dei conti ha ripreso un argomento trattato da
Cerulli Irelli che aveva segnalato il rilievo che le
relazioni della Corte dei conti riscuotono sulla stampa,
ben superiore a quello che ad esse riserva il Parlamento.
Manzella lo ha chiamato “controllo influenza” e gli ha
riconosciuto una sua intrinseca giuridicità.
È stato, dunque, un incontro certamente interessante,
che ha trattato profili non scontati.
Le conclusioni le ha tratte il Presidente Luigi
Giampaolino.
24 giugno 2011
Lo
eleggeranno i magistrati della Corte dei conti
Un
Giudice per la Consulta
di
Iudex
E' convocato per il 16 luglio il Collegio elettorale che
dovrà provvedere alla scelta del Giudice costituzionale
che spetta designare ai magistrati della Corte dei conti.
Sostituirà Paolo Maddalena il cui mandato scade il 30
luglio.
In quella data si confronteranno ben otto candidati,
quanti, almeno al momento, hanno fatto presente ai
colleghi il loro desiderio di concorrere. Ma siccome le
candidature non sono formalizzate è possibile sempre un
candidato dell'ultima ora. E difatti si fanno i nomi di
alcuni che starebbero ancora riflettendo sulla possibilità
o meno di scendere in campo. Si era fatto anche il nome di
Luigi Giampaolino, Presidente della Corte dei conti, ma
lui ha sempre smentito. Qualcuno evoca lo spettro di
Giuseppe Cataldi, un Presidente molto amato, giurista
raffinato, studioso di Scienza dell'Amministrazione,
genero di Guido Zanobini, il Mastro del Diritto
amministrativo. Eppure non ce la fece e si dice che
Cataldi l'abbia presa malissimo. Sconfessato all'interno,
delegittimato all'esterno.
Se non si presenteranno altri, dunque, se la vedranno (in
ordine alfabetico) Rita Arrigoni, Presidente della Sezione
di controllo per la Regione Siciliana, Aldo Carosi,
Consigliere presso la Sezione centrale del controllo,
Agostino Chiappiniello, Procuratore regionale dell'Umbria,
Tommaso Miele, Consigliere presso la Sezione
giurisdizionale del Molise, Vito Minerva, Presidente
aggiunto della Corte dei conti, Mario Ristuccia, ex
Procuratore generale, in pensione dal 7 maggio (la sua
candidabilità per molti è dubbia), Eugenio Schlitzer,
Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione
Puglia, Salvatore Sfrecola, Presidente della Sezione
giurisdizionale per la Regione Piemonte.
Naturalmente non tutti i candidati hanno le stesse chance.
Nel borsino delle elezioni (al primo turno si vince con la
maggioranza assoluta dei componenti del Collegio - poco
più di centosessanta voti, in caso nessuno raggiunga quel
traguardo è previsto il ballottaggio tra i due migliori
classificatisi) si ritiene abbiano scarse possibilità in
primo luogo Rita Arrigoni ed Agostino Chiappiniello. Alla
prima si attribuiscono scarsi 20 voti, il secondo non
dovrebbe raggiungere i 10. Anche Mario Ristuccia e Vito
Minerva vengono considerati out. Ristuccia perché
pensionato, un Procuratore generale scarsamente incisivo,
aplomb anglosassone, un tipo da salotto più che da
Camera di consiglio alla Consulta. Pesca nella stessa area
di Vito Minerva, la sinistra radical chic e l'ala
più progressista che si ritrova intorno ad "Alternativa",
un Gruppo che a lungo ha animato le battaglie
dell'Associazione Magistrati della Corte dei conti ma che
ha perduto molta della sua antica verve, quando
c'erano i De Pascalis e i Coco. Si tratta di un'area le
cui potenzialità sono stimate in 30-40 voti, ovviamente
divisi per due.
C'è poi Eugenio Schlitzer, Segretario generale
dell'Associazione Magistrati. Nei suoi confronti si può
solo avere grande simpatia o grande antipatia.
Manovriero, sempre molto vicino al Presidente di turno, ha
un elettorato fedele che viene stimano tra i 40 e i
cinquanta voti.
I candidati forti sono considerati Carosi, Miele e
Sfrecola. Moderati, con lunga esperienza associativa (Sfrecola
è stato per due volte Presidente dell'Associazione
Magistrati, Miele è l'attuale vicepresidente; siedono
tutti in Consiglio direttivo con Carosi) vengono
accreditati, al momento, rispettivamente per 60, 40 e 50
voti, un numero sufficiente per impedire all'eventuale
ballottaggio l'emersione di un candidato dell'ultima ora.
Hanno fatto sapere, infatti, che in caso uno solo di
loro andasse al ballottaggio gli altri "consiglierebbero"
ai propri elettori di far convergere i loro voti sui chi
dei tre rimane in lizza.
Naturalmente le valutazioni che precedono, stimate
prudenzialmente, valgono per oggi. Già domani potrebbero
essere stravolte. Tutti stanno spendendo le energie
migliori con gli argomenti che ritengono più convincenti.
Carosi, dicono gli avversari, non ha esperienza di
giurisdizione per una funzione che si esercita in Camera
di consiglio, le sentenze di Miele rivelano la tendenza
alla ripetizione dei concetti che è tipica anche del suoi
interventi orali, Sfrecola ha l'handicap di fare
poche telefonate per affidarsi prevalentemente a lettere e
comunicati (sono come gli alpini, si è sentito ripetere,
la mia forza è la penna).
Ricorreranno tutti ancora ai rispettivi elettori,
con argomenti ed iniziative. C'è chi patrocina incontri al
ristorante ed in pizzeria, per Ristuccia gli amici hanno
organizzato una tavola rotonda al CNEL venerdì 24.
Sfrecola ha organizzato due convegni, uno sulla Corte dei
conti nell'età del federalismo, l'altro con Piercamillo
Davigo a Palazzo Ruspoli sulla corruzione. In entrambi i
casi lo ha supportato la televisione con ben tre
interviste, TG1 economia, TG2, TG Lazio. Rai Parlamento ha
mandato in onda la registrazione dell'incontro.
Stamattina si sentiva nei corridoi di viale Mazzini un
altro argomento. Un magistrato diceva: "prendiamo tutti i
candidati e mettiamoli a confronto con i Giudici
costituzionale, da Quaranta, neopresidente, a Cassese, a
Criscuolo, a Finocchiaro, a Gallo, a Silvestri e
immaginiamoli a confronto con loro. La scrematura è presto
fatta!".
22
giugno 2011
La
forza della debolezza
di
Senator
Traballa ma non cade. Per ora. Ma per quanto starà ancora
in piedi? Il Governo Berlusconi è cotto per unanime
valutazione degli osservatori politici. E dello stesso
Presidente del Consiglio che trae motivo di sopravvivenza
dalla mancanza di alternative.
E' la prova della crisi. Scosso dai risultati delle
elezioni comunali, squassato dall'esito dei referendum nei
quali il Premier aveva messo la faccia trasformandoli in
un plebiscito sulla sua leadership, il Governo fa i conti
con una situazione sociale resa difficile dalla crisi
economica sempre negata o, ma solo di recente, ammessa
con edulcorate interpretazioni della realtà.
Così il Cavaliere torna a parlare di riduzione delle
imposte. Lo dice dal 1994 senza che mai alle promesse
siano seguiti fatti, neppure minimi, come quelli che
potrebbero far intendere al popolo dei tartassati che
qualcosa sta cambiando o potrebbe cambiare.
La realtà è diversa. Anche ieri sera a Ballarò è emerso
chiaro che non c'è spazio per significative riforme
fiscali, non solo per i vincoli di bilancio i quali
richiedono che una eventuale riforma sia a saldi
invariati, ma perché manca la fantasia il genio che
potrebbe guidare una redistribuzione dei carichi.
Non si sente parlare di proposte serie e comunque la
redistribuzione di cui parlava Sacconi non è per
definizione una riforma indolore perché si tratta di
trasferire alcuni oneri da una categoria ad un'altra che,
ovviamente, non starebbe a guardare.
Già la preannunciata limitata riforma dell'IRPEF e
dell'IVA (meno IRPEF + IVA) muove la protesta dei
commercianti, preoccupati per l'effetto della naturale
lievitazione dei prezzi se non assorbita da una
contrazione dei guadagni. Cosa che , ovviamente nessuno
vuole.
Di chi sono i commercianti? Di destra o di sinistra? Non
si sa bene, così non si toccano, non si sono toccati mai,
a eppure quando sarebbe stato bene consigliare loro di non
parificare mille lire ad un euro, come hanno fatto
impunemente.
Meno IRPEF e più IVA? Sarebbe saggio e giusto, per colpire
la vera capacità contributiva che è data dalla quantità
di acquisti, evidentemente da selezionare quanto ai beni
tassabili. Sarebbe un modo per colpire veramente i redditi
occultati, provenienti dai lavori in nero o dai ricavi
della malavita. Si sa bene, infatti, che in alcune aree
del Paese la ricchezza è ben superiore a quella che
risulta dai redditi ufficiali. Incidere su questa
situazione attraverso l'inasprimento dell'imposta sulle
vendite, quella che per molti secoli, diceva Tacito, aveva
assicurato le risorse necessarie alla res publica
ed all'impero romano, in modo misurato e selettivo. Una
politica giusta di un governo che si autodefinisce
"liberale".
22
giugno 2011
Se
ne parla il 9 giugno a Palazzo Ruspoli
Corruzione e
anticorruzione
Per iniziativa
dell'Associazione
Magistrati della Corte dei conti - Gruppo “Rinnovamento”
e della Rivista Amministrazione e contabilità dello
Stato e degli Enti pubblici -
www.contabilita-pubblica.it - avrà luogo a Roma, a Palazzo
Ruspoli, Largo Goldoni, 56, giovedì 9 giugno 2011 (17,30 –
19,30) un Incontro dibattito su "Corruzione e
anticorruzione".
Ne parleranno
Piercamillo Davigo, Consigliere di Cassazione e Salvatore
Sfrecola, Presidente della Sezione giurisdizionale della
Corte dei conti per la Regione Piemonte.
Rivolgono loro domande:
Andrea Altieri, Avvocato, Docente di Diritto
amministrativo della Link Campus University; Daniele
Cenci, Giudice del Tribunale di Perugia; Filippo de Jorio,
Avvocato; Laura Lunghi, Avvocato; Fiammetta Palmieri,
Giudice di Tribunale; Donatella Scandurra, Primo
Referendario della Corte dei conti; Paola Maria Zerman,
Avvocato dello Stato.
Modera:
Angelo Maria Petroni, Ordinario di Logica e Filosofia
della Scienza, Università di Roma “La Sapienza”,
Segretario Generale di Aspen Institute Italia.
Servizio stampa:
Giuseppe Girone
tel. 3349142759 - redazione@contabilita-pubblica.it