MARZO
2010
Il voto è un diritto e
un dovere civico.
Ma i partiti imparino a
presentare candidature credibili
di Salvatore Sfrecola
Secondo l'art. 48
della Costituzione, al primo comma, "sono elettori tutti i
cittadini, uomini e donne che hanno raggiunto la maggiore
età". Con la precisazione, al comma successivo, che "il
suo esercizio è dovere civico".
Non sono, dunque,
i partiti, com'è naturale, a chiamare gli italiani al
voto, è la stessa Carta fondamentale che afferma che quel
gesto che facciamo nel segreto della cabina elettorale è
espressione di un diritto politico fondamentale, il primo
e il più importante dei diritti, ma anche un dovere
"civico", nel senso che nessuno deve far mancare il suo
apporto alla conduzione della cosa pubblica, alla scelta
dei soggetti che, con varia responsabilità, saranno
chiamati a trasformare le indicazioni contenute
nell'indirizzo politico elettorale in scelte di governo ai
vari livelli, nello Stato, nelle regioni, nelle province e
nei comuni.
Perché, dunque,
qualcuno si astiene, anzi molti secondo quel che si
verifica in molte democrazie occidentali, da ultimo in
Francia, dove nelle scorse settimane il rinnovo delle
amministrazioni locali ha visto ha registrato un rilevante
calo dei votanti.
Anche in Italia,
oggi e domani, si teme che gli elettori, complice magari
una bella giornata di una Primavera appena entrata nel
calendario, possano disertare le urne, con evidenti
effetti sul successo dei vari schieramenti. Non nella
misura di un tempo, quando alcune parti politiche
risentivano meno delle assenze a causa della maggiore
"fedeltà" del proprio elettorato. Da qualche tempo
l'assenteismo colpisce tutti gli schieramenti più
importanti in misura sostanzialmente equivalente.
Quale le ragioni in
questa astensione dall'esercizio di un diritto che è anche
un dovere? Un caso particolare, considerato che
difficilmente si rinuncia ai diritto, soprattutto
"politico", legato al nostro essere cittadini.
Il fatto è che
nell'esercizio di questo diritto i cittadini sono
condizionati dalle scelte dei partiti, dalle candidature
che presentano agli elettori per le varie cariche, nel
caso di oggi i Presidenti delle Regioni e delle Province
ed i sindaci, insieme ai componenti degli organi
collegiali che dovranno esprimere scelte importanti per la
comunità e controllare chi governa.
Scelte importanti,
dunque, alle quali non è facile sottrarsi da parte del
cittadino che, giorno dopo giorno, è in condizione di
verificare come la parte politica ai vari livelli di
governo ha gestito le risorse messe a disposizione dai
medesimi cittadini attraverso il prelievo fiscale e
tariffario in relazione agli obiettivi di politica
economica e sociale indicate all'atto delle precedenti
elezioni.
Eppure spesso quel
cittadino rinuncia a questo diritto fondamentale, critica,
bofonchia all'indirizzo dei partiti ma non vota. Il fatto
è che, evidentemente, leggendo le liste non identifica
persone che ritiene idonee a rappresentare le sue scelte e
a dar corpo alle sue critiche. Non è solo un fenomeno
italiano, come abbiamo visto, ma diffuso nelle democrazie
occidentali. Anzi negli anni passati sulla base degli
indici la percentuale dei votanti in Italia era più
elevata che in molti paesi dell'Europa occidentale.
"Mal comune mezzo
gaudio"? Questa volta non possiamo accettare il
proverbio e dobbiamo analizzare il fenomeno e comprendere
le ragioni per le quali spesso, troppo spesso, la protesta
del cittadino non assume la forma del voto. Il fatto è che
i partiti. come ho già accennato, presentano liste nelle
quali il cittadino non si identifica, nelle quali non è in
condizione di identificare la persona che possa
rappresentare le sue scelte.
Guardando le
candidature la difficoltà del cittadino nella scelta è
obiettivamente comprensibile. Abbondano personaggi del
sottobosco politico, spesso senza alcuna esperienza di
governo, neppure a livello del più minuscolo degli enti
locali o di istituzioni o aziende che gestiscono servizi
pubblici locali.
E', questa, una
grande responsabilità dei partiti che ne denunciano il
carattere autoreferenziale il senso della casta,
ripetutamente denunciato, la sostanziale estraneità alle
esigenze dei cittadini, ai bisogni variegati di una
società i cui problemi continuano ad essere
sostanzialmente ignorati, soprattutto quelli di più lungo
periodo che non consentono un immediato effetto
elettorale.
Anni addietro Indro
Montanelli, il toscanaccio irriverente che tante
staffilate ha riservato ai partiti chiamò i cittadini alle
urne sostenendo che sarebbe stato necessario votare
comunque, sia pure "turandosi il naso".
Siamo in quelle
condizioni. L'esperienza delle passate consiliature
regionali non ha dimostrato adeguata capacità di gestione
delle politiche pubbliche più rilevanti, a cominciare
dalla sanità che rivela ovunque disfunzioni, spesso
intollerabili inefficienze se non autentici crimini a
carico dei più deboli, sempre sprechi di risorse,
corruzione.
Generalizzare non è
mai giusto. Non voglio farlo neppure io, ma è certo che le
risorse pubbliche, quelle, ripeto, messe a disposizione
dai cittadini non vengono spese con oculatezza, come
sarebbe necessario per un minimo di rispetto.
Dobbiamo votare,
sia pure turandoci il naso, andando a ricercare i
candidati che ci sembrano più vicini alle nostre idee, che
immaginiamo sapranno dar loro corpo. Forse i partiti
capiranno che non possono propinarci mestieranti della
politica e forse arriveranno ad individuare nella società
civile, come oggi si dice, personalità delle professioni,
delle arti e dei mestieri che siano identificabili per un
desiderio di contribuire al bene comune, che andranno a
presiedere le regioni, le province e i comuni ed a
lavorare nei consigli nell'interesse vero della gente, non
delle lobby e di quanti hanno finanziato la campagna
elettorale, che sapranno a fine mandato fare un rendiconto
morale ma anche personale, finanziario del lavoro svolto.
Insomma che non si saranno arricchiti con la politica.
28 marzo 2010
Nuovo appello del Capo dello Stato
Si
onora la Costituzione rispettando tutte le istituzioni
dello Stato democratico
di Salvatore Sfrecola
Ennesimo appello
di Giorgio Napolitano, un richiamo forte perchè siano
rispettate le istituzioni, in ossequio alla
Costituzione.
Il Capo dello
Stato ha fatto una breve dichiarazione al termine della
cerimonia di commemorazione dei martiri delle Fosse
Ardeatine. "Sono qui - da detto il Presidente della
Repubblica - per
ribadire che cosa abbiano rappresentato, nel segno del
superamento della tragica esperienza della guerra e
della barbarie nazista, la fondazione dello Stato
democratico e la Costituzione che noi dobbiamo onorare
anche rispettando tutte le istituzioni dello Stato
democratico".
"Se ci sono i giovani che partecipano - ha aggiunto
Napolitano, che nell'occasione ha incontrato e salutato
folti gruppi di studenti - non è mai un rito, è un modo
di rivivere l'esperienza tragica del passato. Ho il
dovere, come si sa e come è scritto nella Costituzione,
di rappresentare l'unità nazionale. Non penso ad altro
che a questo: a come a tenere unito il Paese, a
contribuire per la mia parte a tenere unito il Paese".
Perché questo ennesimo richiamo al rispetto delle
istituzioni? Evidentemente il Capo dello Stato rileva
segni preoccupanti di sfaldamento che alterano le
condizioni della vita democratica mettendo in
discussioni non già le scelte della politica, come è
naturale che sia, ma il ruolo e le funzioni delle
istituzioni che possono ovviamente essere riformate ma
meritano rispetto per la funzione che svolgono per il
funzionamento della democrazia nel nostro Paese.
Quando il Capo dello Stato si riferisce alle
istituzioni evidentemente ha a mente quelli che
Montesquieu chiamava i "poteri" dello Stato, quelli che
esprimono la funzione legislativa, quella
amministrativa, quella giudiziaria.
Non è dubbio che oggi, spesso, troppo spesso le
istituzioni siano oggetto di aggressioni scomposte, non
per una critica giusta e necessaria in un ordinamento
libero alle decisioni assunte nell'esercizio delle
funzioni proprie dei poteri, alle leggi, ai
provvedimenti del Governo, alle sentenze della
magistratura. In particolare, infatti, la magistratura
viene giornalmente delegittimata agli occhi dei
cittadini in quanto additata da alcuni come espressione
politica, struttura parallela di partiti politici. Il
tiro di tanto in tanto è aggiustato dicendo che "parte"
della magistratura è politicizzata, che "alcuni"
Pubblici Ministeri svolgerebbero con le loro inchieste
un ruolo obiettivamente politico.
Queste aggressioni, vere e proprie aggressioni se
condotte da parte di persone che hanno responsabilità di
governo, cioè di soggetti la cui attività è sottoposta
al controllo di legittimità della Magistratura,
costituiscono una inammissibile ingerenza, al limite
dell'eversione.
Questo, io credo, voglia dire il Capo dello Stato
che assiste, fio giorno in giorno, a critiche corrosive
a singole iniziative giudiziarie e, di contro, ad
esaltazione di sentenze che fanno comodo.
Il fatto di giudicare una sentenza secondo
l'interesse personale di questo o quel politico è
espressione di una negazione del ruolo delle
istituzioni che in fin dei conti rivela una scarsa
considerazione delle regole della democrazia e dello
stato di diritto. Non da uomini politici nel senso più
altro dell'espressione che sottolinea la funzione della
politica rispetto alle esigenze della comunità, ma da
capi di fazioni che curano gli interessi propri e della
propria parte.
24
marzo 2010
La nuova Italia
Anticristiana
di Bruno Lago
Un bel pezzo l’ editoriale del Prof. Galli Della
Loggia sul Corriere della Sera del 21 marzo, che ha
avuto il merito di richiamare l’attenzione sulla crescente
secolarizzazione delle società europee (culminata qualche
tempo fa nel dibattito sulle radici giudaico- cristiane
del continente poi escluse dal testo della Costituzione
europea) e soprattutto sulle correnti di pensiero sempre
più prevalenti nel nostro Paese fortemente ostili alla
Chiesa Cattolica.
Il dibattito si è subito acceso e già lunedì altri
autorevoli commentatori, religiosi, politici e storici
sono intervenuti dividendosi tra sostenitori delle tesi di
Galli Della Loggia e critici che non ritengono che si
possa parlare di accresciuta ostilità verso la Chiesa.
Vorrei commentare anche io l’articolo, non per
iscrivermi all’una o all’altra di queste fazioni, ma da
un’angolatura diversa, quella di chi si aspettava dallo
storico un contributo divulgativo nei confronti del grande
pubblico circa il ruolo della Chiesa, per non rimanere
solo al livello di una disquisizione fra intellettuali.
Nel suo fondo l’illustre editorialista scrive
che in particolare in Italia è in atto un attacco
distruttivo che imputa alla Chiesa Cattolica tutta una
serie di colpe con “…un radicalismo enfatico nutrito
d’acrimonia… una contestazione sul terreno dei principi,
un chieder conto dal tono oltraggiato e perentorio che dà
tutta l’idea di voler preludere ad una storica resa dei
conti”. Il Prof. Galli Della Loggia si dice colpito, anche
se come non credente, dalla “ovvietà ideologico culturale
della posizione anticristiana, la sua facile diffusione,
oramai anche in ambienti e strati sociali non
particolarmente colti ma medi , anche popolari”.
L’editorialista cita tre motivi più
significativi “dietro questa grande trasformazione dello
spirito pubblico del Paese…. Al primo posto l’ingenuità
modernista, l’illuminismo divenuto chiacchiera da
bar….modernità sembra voler dire che gli unici limiti
legittimi sono quelli che ci poniamo noi stessi. Le
vecchie autorità sono tutte morte e al loro posto ha
diritto a sedere solo la Scienza”. Il secondo motivo è che
“la Chiesa e tutto ciò che la riguarda ricadono nella
condanna liquidatoria del passato che in Italia si
manifesta in una ampiezza che non ha uguali…. pensare in
termini storici sta diventando una rarità…Sempre più
diffusi… l’ignoranza della storia e l’antistoricismo,
l’applicazione dei criteri di oggi sui fatti di ieri: da
cui la ridicola condanna di tutte le malefatte …..addebitabili
al Cristianesimo, a maggior gloria di un eticismo
presuntuoso che pensa di avere l’ultima parola su tutto”.
Il terzo motivo “il cinismo secolare dell’antropologia
italiana che appena sente predicare il bene sospetta
subito il male. Quel feroce tratto nazionale che per
principio non può credere in alcuna cosa che cerchi la
luce che miri oltre e tenga lo sguardo rivolto in alto ,
perché ha sempre bisogno di abbassare tutto alla sua
bassezza”.
Certamente un editoriale di notevole spessore,
degno di un grande intellettuale che bolla con disprezzo e
sarcasmo i luoghi comuni della “ intellighenzia” anti
cristiana che tanta presa ha su un pubblico smemorato,
ancora intriso di ideologie vetero-marxiste e pronto ad
inseguire le mode. Un pubblico che poi, paradossalmente,
rimane in rispettoso silenzio di fronte ad eventi
eccezionali come l’agonia e la morte di Giovanni Paolo II,
accorgendosi con stupore della partecipazione del mondo
per la grandezza dell’Uomo, con la Sua fede in Dio ed i
Suoi insegnamenti.
Peccato però che, come dicevo all’inizio, il
Prof. Galli Della Logica non abbia voluto fare nel suo
pezzo anche un po’ di “divulgazione” storica per
contrastare i pregiudizi anti-cristiani diffusi in buona
parte dell’opinione pubblica, che raffigurano la Chiesa
come un’organizzazione retriva e sorda ad istanze di
modernità, nel nome di una fede che teme la ragione, il
progresso scientifico e le istanze della società moderna.
Per questo sarebbe stato utile ricordare ai lettori meno
colti o informati il ruolo ed il contributo fondamentale
del Cristianesimo e della Chiesa Cattolica nella
formazione della civiltà occidentale, proprio partendo da
quella concezione unica sin dalle origini del mondo
cristiano della dignità di ogni essere umano in quanto
figlio di Dio, il valore di base delle moderne democrazie
che rende tutti gli uomini uguali. Lo stesso diritto
occidentale è figlio del diritto canonico che fu il primo
sistema legale moderno europeo. Il diritto internazionale
poi si è sviluppato attorno alle intuizioni di Padre de
Vitoria, un sacerdote spagnolo preoccupato della tutela
dei diritti degli indios del Nuovo Mondo schiacciati dagli
interessi delle nuove potenze coloniali.
Più in generale, perché non ricordare al grande
pubblico che è stata la Chiesa cattolica a preservare e
tramandare la cultura attraverso la tradizione monastica
dopo la caduta dell’impero romano, fondando nel tempo
università in tutta l’Europa e consentendo un dibattito
intellettuale libero ed esaltando la ragione umana ed il
rigore e la razionalità degli studi? Quanti sanno che i
monaci avevano creato una rete di fattorie modello, centri
di allevamento, laboratori di erboristeria medicinale
contribuendo a migliorare la qualità della vita delle
popolazioni? Che dire poi dei grandi contributi
scientifici, spesso dimenticati, dove molti religiosi sono
stati i capostipiti di nuove scienze come la geologia e la
sismologia, o anche nella fisica visto che il padre della
teoria atomica moderna era un gesuita? Abbiamo dimenticato
che l’astronomia è stata sostenuta ed incoraggiata dalla
Chiesa dal tardo Medioevo fino all’Illuminismo come
dimostrato dal fatto che molti crateri lunari portano il
nome di scienziati o matematici gesuiti che per primi li
avevano osservati? Anche le opere di carità della Chiesa
hanno rappresentato la base di un sistema di assistenza
sociale poi sviluppato dagli Stati, la creazione di
ospedali, con lo sviluppo della medicina e l’assistenza
agli infermi, sempre a tutela dei più deboli. Attività in
cui la Chiesa è ancor oggi fortemente impegnata con
migliaia di religiosi, di parrocchie che assistono e
prestano servizi alla popolazione sul territorio, spesso
supplendo alle carenze del welfare statale.
Ricordare queste cose non significa sostenere che la
Chiesa non abbia commesso degli errori per i comportamenti
e la responsabilità di singoli suoi esponenti. Ma gli
errori sono certamente irrilevanti rispetto al contributo
determinante offerto dalla Chiesa attraverso i secoli alla
società civile sia come portatrice di valori morali che
ispiratrice di un ordinamento sociale teso al progresso
umano. Peccato che parte di questa società civile si
riveli oggi in modo crescente “anti cristiana” – come
sostiene Galli Della Loggia - per ragioni ideologiche e
morali o peggio perché influenzata da quanti sono
portatori di interessi di parte.
24
marzo 2010
“ L’Europa giace, sui gomiti appoggiata:
da Oriente a Occidente giace, fissando,
Il volto con cui fissa è il Portogallo“
(Fernando Pessoa: “ Mensagem “, 1934)
Strategia Europa 2020
di Europeo*
Strategia di Lisbona 2000-2010, Trattato di Lisbona,
nuova strategia di Lisbona, cioè strategia Europa 2020.
I versi del grande poeta lusitano suonano profetici. C’è
qualcosa di incompiuto ancora, c’è continuità nella
incompiutezza, in Europa c’è la prosecuzione di ciò che
negli anni ’30 del secolo passato Fernando Pessoa
osservava…. da Lisbona: l’Europa giace.
Quel qualcosa ora porta praticamente da 10 anni e si
spera non definitivamente – e solo per un gioco di
parole ? – il nome di Lisbona in ogni nuovo passaggio
della costruzione europea.
Comincia a prendere forma il sistema dei nuovi
interventi europei per il prossimo decennio. Dopo la
scarsa performance della Strategia di Lisbona del primo
decennio del nuovo millennio.
La Commissione europea ha lanciato il 3 marzo 2010 la
strategia Europa 2020 al fine di uscire dalla crisi e di
preparare l'economia dell'UE per il prossimo decennio.
La Commissione individua tre motori di crescita,
da mettere in atto mediante azioni concrete a livello
europeo e nazionale:
crescita intelligente (promuovendo la conoscenza,
l'innovazione, l'istruzione e la società digitale)
crescita sostenibile (rendendo la nostra produzione più
efficiente sotto il profilo delle risorse e rilanciando
contemporaneamente la nostra competitività)
crescita inclusiva (incentivando la partecipazione al
mercato del lavoro, l'acquisizione di competenze e la
lotta alla povertà).
La strategia Europa 2020 delinea un quadro dell'economia
di mercato sociale europea per il prossimo decennio, sulla
base di tre settori prioritari strettamente connessi che
si rafforzano a vicenda: crescita intelligente,
sviluppando un'economia basata sulla conoscenza e
sull'innovazione, crescita sostenibile, promuovendo
un'economia a basse emissioni di carbonio, efficiente
sotto il profilo delle risorse e competitiva, e crescita
inclusiva, promuovendo un'economia con un alto tasso di
occupazione, che favorisca la coesione sociale e
territoriale.
I progressi registrati verso la realizzazione di questi
obiettivi saranno valutati sulla base di cinque traguardi
principali rappresentativi a livello di UE, che gli Stati
membri saranno invitati a tradurre in obiettivi nazionali
definiti in funzione delle situazioni di partenza:
- il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni
deve avere un lavoro;
- il 3% del PIL dell'UE deve essere investito in R&S;
- i traguardi "20/20/20" in materia di clima/energia
devono essere raggiunti;
- il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore
al 10% e almeno il 40% dei giovani deve avere una
laurea o un diploma;
- 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio
di povertà.
Per raggiungere questi traguardi, la Commissione propone
una serie di iniziative prioritarie. Realizzare queste
iniziative è una priorità comune, che richiederà
interventi a tutti i livelli: organizzazioni dell'UE,
Stati membri, autorità locali e regionali:
- L'Unione dell'Innovazione – riorientare la politica in
materia di R&S e innovazione in funzione delle sfide
principali, colmando al tempo stesso il divario tra
scienza e mercato per trasformare le invenzioni in
prodotti.
- Youth on the move - migliorare la qualità e
l'attrattiva internazionale degli istituti europei di
insegnamento superiore promuovendo la mobilità di studenti
e giovani professionisti.
- Un'agenda europea del digitale - trarre vantaggi
socioeconomici sostenibili da un mercato unico del
digitale basato sull'internet superveloce.
- Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse -
favorire la transizione verso un'economia efficiente sotto
il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio.
- Una politica industriale per la crescita verde –
aiutare la base industriale dell'UE ad essere competitiva
nel mondo post-crisi, promuovere l'imprenditoria e
sviluppare nuove competenze.
- Un'agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro
- porre le basi della modernizzazione dei mercati del
lavoro onde aumentare i livelli di occupazione e garantire
la sostenibilità dei nostri modelli sociali a mano a mano
che i figli del baby boom andranno in pensione
- Piattaforma europea contro la povertà – garantire
coesione economica, sociale e territoriale aiutando i
poveri e le persone socialmente escluse e consentendo loro
di svolgere un ruolo attivo nella società.
La natura di Europa 2020 presuppone un livello più
elevato di leadership e di responsabilità. La Commissione
invita i capi di Stato e di governo ed assumere la
titolarità di questa nuova strategia e ad approvarla in
occasione del Consiglio europeo di primavera. Occorre
inoltre potenziare il ruolo del Parlamento europeo.
I metodi di governance saranno rafforzati
affinché gli impegni vengano tradotti in azioni concrete
in loco. La Commissione monitorerà i progressi. Le
relazioni e le valutazioni nell'ambito di Europa 2020 e
del “patto di stabilità e crescita“ saranno elaborate
contemporaneamente (pur rimanendo strumenti distinti) per
migliorare la coerenza. In tal modo, le due strategie
potranno perseguire obiettivi analoghi in materia di
riforme pur rimanendo due strumenti separati.
Il Parlamento europeo il 10 marzo 2010 ha sollecitato un
approccio più ambizioso alla crisi attraverso un maggior
coordinamento delle politiche economiche nazionali, unito
a sanzioni e incentivi per garantire l'attuazione della
"strategia UE 2020".
Chiede poi di assicurare la stabilità dell'euro,
intensificare la vigilanza finanziaria, completare il
mercato unico e sostenere le PMI. Ha chiesto inoltre di
promuovere la formazione, riformare i sistemi di sicurezza
sociale e aumentare la flessibilità dei lavoratori e
dell'età pensionabile.
La precedente strategia di Lisbona 2000-2010 "non ha
dato i risultati auspicati", anche a causa dell'assenza di
incentivi efficaci e di strumenti vincolanti a livello
comunitario.
Ritenendo quindi che la strategia Europa 2020 dovrebbe
fornire un approccio alla crisi economica "ambizioso, più
coerente e mirato", il Parlamento esorta l'abbandono del
"metodo aperto di coordinamento" e chiede di ricorrere a
tutte le pertinenti disposizioni del trattato di Lisbona
"per coordinare le riforme economiche e i piani d'azione
degli Stati membri". Invita poi la Commissione a proporre
nuove misure e "possibili sanzioni" per gli Stati membri
che non
attuano la strategia UE 2020 e incentivi per quanti invece
lo fanno.
I governi dovrebbero anche indicare come utilizzano i
fondi UE per conseguire gli obiettivi stabiliti, mentre i
finanziamenti dell'Unione "dovrebbero essere subordinati
ai risultati e alla compatibilità con gli obiettivi della
strategia".
Sulla scorta della comunicazione della Commissione
"Europa 2020", il Consiglio europeo del 25-26 marzo 2010
sarà invitato ad esprimere il suo accordo sul quadro
generale della nuova strategia dell'Unione per la crescita
e l'occupazione. In particolare sarà invitato a mettere a
punto la governance della strategia e a convenire
un numero limitato di obiettivi quantitativi a livello
dell'UE, che saranno successivamente tradotti in obiettivi
nazionali differenziati.
In tale ambito il Consiglio europeo valuterà gli sforzi
che l'Unione europea e gli Stati membri stanno compiendo
per far fronte all'attuale crisi economica. Rivestono
particolare importanza al riguardo questioni quali
l'attuazione di strategie di uscita coordinate ed i
progressi, sia a livello dell'UE, sia su scala globale, in
settori determinanti quali la vigilanza e la
regolamentazione finanziarie.
Ben Bernanke , presidente della Fed, dice che “ il
destino dell’economia mondiale e’ legato alle fortune di
poche gigantesche banche “.
Forse siamo riusciti ad evitare l’apocalisse atomica.
Non sappiamo ancora come affrontare l’apocalisse
ecologica. Ma rischiamo di soccombere all’apocalisse
bancaria-economica.
L’Unione Europea non sa che cosa fare con il piccolo
levantino imbroglio greco. E se arriva il turno dei grandi
imbrogli continentali?
Come rimediarvi? non vi e’ traccia di diagnosi in
Europa 2020.
C’è qualche stato europeo che vince alla lunga in questo
gioco? “Politics as usual “ mentre il Titanic
affonda? C’e’ il tempo per evitare l’iceberg?
A 60 anni dalla Dichiarazione Schuman aspettiamo
ancora lo stato federale europeo capace di decidere in
modo democratico.
Il nazionalismo continua a far da guardia ai bidoni
degli stati nazionali. Ritardando l’arrivo della
federazione europea, il nazionalismo impedisce la bonifica
degli stessi stati.
23 marzo 2010
P.S. Con lo pseudonimo di Europeo inizia la collaborazione a Un Sogno
Italiano un nostro amico, docente universitario di
economia internazionale, europeista convinto ed entusiasta
delle migliori performance dell'Unione. Le sue riflessioni
sono, come sempre, puntuali e tempestive, proiettate verso
l'Europa che verrà e che auspichiamo.
Lo Stato, le
istituzioni, i partiti
di Salvatore Sfrecola
Nella democrazia
che ricerca il consenso sulle emozioni più che sulla
ragione e sulle ideologie, la piazza, l'esibizione
"muscolare", come ha scritto oggi Senator, è essenziale
per gestire il consenso. E' la piazza che stabilisce
quanti sono convenuti, non la Questura. E se questa dice
che a San Giovanni erano intorno a 150 mila è chiaro che
per gli elettori del Popolo della Libertà sono oltre un
milione, come ha detto il leader carismatico. Il quale ha
anche dato dei messaggi che guardano al futuro, alle
riforme che sostituiscono la ragione della discesa in
campo di Berlusconi. In primo luogo quelle che dal
consenso assumono la forza per governare. Infatti in
questi ultimi giorni, e sulla piazza, il Cavaliere è
tornato a chiedere l'elezione "diretta" del Presidente
della Repubblica o del Presidente del Consiglio.
Evidentemente le
due ipotesi di riforma non sono equivalenti, nel senso che
non incidono nello stesso modo sul sistema costituzionale.
Nella nostra
Costituzione il Presidente della Repubblica ha funzioni di
garanzia super partes. Lo è stato nel comportamento
concreto di tutti i Capi dello Stato, anche quando hanno
avuto alle spalle una militanza partitica significativa.
Saragat è stato Segretario del Partito socialdemocratico,
Pertini un rilevante esponente del Socialismo. Così
Napolitano, anche se ha sempre svolto il ruolo di "Padre
Nobile" del Partito Comunista Italiano e dei
partiti che gli sono succeduti. Sono stati tutti figli
della Costituente che quel ruolo di garanzia e di
equilibrio ha disegnato, fin dalle norme che hanno
stabilito il sistema di elezione del Presidente.
Questo vuol dire
che l'elezione diretta del Presidente della Repubblica
sarebbe destinata a modificare radicalmente il ruolo del
Capo dello Stato, tanto è vero che chi la chiede parla di
presidenzialismo o semipresidenzialismo. Una scelta che ha
rilevanti controindicazioni, nel senso che farebbe del
Presidente della Repubblica non più il garante imparziale
ma una parte, non più l'arbitro ma un giocatore, il
capitano della maggioranza.
Va bene se si
ritiene che un arbitro non serva. Se si opta per
consegnare le istituzioni ad una determinata maggioranza,
con tutte le conseguenze che ne derivano nella gestione
del potere, considerato che le scelte di chi governa sono
solo alla lontana racchiuse nell'indirizzo politico
elettorale che ha determinato la maggioranza. Nel senso
che le linee programmatiche dei partiti sono sempre
piuttosto generiche e non conoscono i dettagli che poi
vengono messi in campo nella legislazione e
nell'amministrazione. Un esempio per comprendere. Il
taglio delle intercettazioni, che Berlusconi propone da
anni non è certo che sia condiviso dagli elettori del
Popolo della Libertà, considerato che l'esperienza ha
dimostrato che senza intercettazioni non si combattono
alcuni reati. Per tutti la corruzione, ma anche la
pedofilia, il sequestro di persona, ecc..
Dunque il
Berlusconi che assume di poter perseguire tutti gli
obiettivi della sua politica per aver avuto il consenso
elettorale non può dimostrare che quei voti sono andati a
lui anche perché avrebbe proposto di spuntare un'arma
essenziale contro il malaffare. Magari al grido "non
vogliamo essere spiati!". Ma chi non vuole essere spiato.
Non certo il cittadino comune che al massimo racconta per
telefono le barzellette o parla delle corna dell'amico.
Non vogliono essere spiati coloro i quali hanno da dire
cose indicibili!
Diversa è
l'ipotesi di eleggere direttamente il Presidente del
Consiglio. Può essere una scelta funzionale al tipo di
democrazia maggioritaria, tendenzialmente stabile, dal
momento che il Capo del Governo sarebbe individuato nel
leader della maggioranza, sia in caso di bipartitismo o di
bipolarismo, nel senso che agli elettori fossero
presentati due schieramenti, anche multipartitici, ma con
un Presidente designato.
Potrebbe essere una
cosa buona sotto il profilo della stabilità dei governi,
nel senso che la coalizione sarebbe costretta a rimanere
coesa perché la sua crisi determinerebbe la caduta del
governo e, quindi, difficoltà di riproposizione del
medesimo schieramento con lo stesso leader.
In questo caso
appare ancora evidente l'utilità di un Presidente della
Repubblica super partes a garanzia del buon
funzionamento delle istituzioni che sono di tutti, non
solo di chi in quel momento governa.
Il tema va
approfondito allo scopo di assicurare quei contrappesi che
consentono, di fronte ad un potere esecutivo forte, il
rispetto delle regole della democrazia e la dialettica
parlamentare.
Un tema per i
prossimi mesi, dopo le regionali. Un tema che potrà
tornare utile riprendere ma che sarà condizionato
inevitabilmente dall'esito delle elezioni. Perché un
diverso equilibrio anche all'interno della coalizione, con
Fini che guarda a Casini ed all'ipotesi di un più ampio
centro, potrebbe mandare in soffitta tanto il progetto
presidenzialista quanto quello semipresidenzialista, tanto
il premierato forte, d'ispirazione germanica.
21 marzo 2010
Berlusconi: la piazza e
l'incubo delle urne
di Senator
Comunicatore come
pochi Silvio Berlusconi va in piazza per galvanizzare il
suo elettorato che sente sfuggirgli dopo le vicende delle
liste respinte dai giudici, ancora ieri sera. Perché
l'attacco alla magistratura, che ha costantemente
caratterizzato la sua azione "politica" dal 1994, comincia
a dimostrare i suoi limiti. Passi per i Pubblici Ministeri
"di sinistra", che lo accusano di reati che, tutto
sommato, sono tipici degli imprenditori, ma sulle liste si
sono pronunciati la Corte d'Appello, i Tribunali
amministrativi regionali di Milano e Roma e il Consiglio
di Stato. Tutti "di sinistra"? Certamente no e la gente lo
sa, lo capisce.
Ma il Premier
insiste, deve insistere, deve mantenere il punto, anche
per distrarre l'opinione pubblica dalle difficoltà del
momento, tra riduzione dei posti di lavoro e dei consumi
(oggi Repubblica titola "si taglia anche il caffè
al bar"). E proclama dal palco di San Giovanni che sono
più di un milione i partecipanti alla manifestazione, che
secondo la Questura (un organo del Governo) erano appena
150 mila. Come 25 mila erano quelli che applaudivano
Bersani e Di Pietro qualche giorno fa a piazza del Popolo.
Il Cavaliere mostra
i muscoli ma teme le urne perché legge i sondaggi, come ha
detto Pierferdinando Casini, e sa che non sono buoni, che
la gente è preoccupata e non si accontenta più delle
promesse o delle affermazioni indimostrate e
indimostrabili nelle quali il Presidente del Consiglio
"migliore degli ultimi 150 anni della storia d'Italia" si
avventura impunemente sfruttando abilmente il mezzo
televisivo.
Qualche brandello
di verità comincia ad emergere sui giornali "vicini". Si
comincia parlare di "incapaci", troppi al governo e
dintorni. Un dato denunciato da questo giornale dalla sua
fondazione.
In verità l'unico
dato certo è l'incapacità dell'opposizione di
rappresentare un'alternativa valida. Un po' perché quando
è andata al governo ha prodotto poco o niente, un po'
perché continua la stanca litania dei luoghi comuni che
una forza che vuol essere alternativa non può premettersi
se vuole conquistare il governo.
Ma le
preoccupazioni di Berlusconi vanno al di là del voto, al
dopo. Quanto, a conti fatti, sarà evidente che la Lega
raccoglierà, non solo al Nord, vasti consensi, frutto di
una politica accorta, di vicinanza alla gente e di
capacità di governo delle realtà locali, quelle dove si
misura la rispondenza dell'azione di regioni, province e
comuni alle esigenze quotidiane delle popolazioni, fatte
di servizi e di vivibilità delle città. Con una moralità
mediamente superiore a quella delle altre formazioni
politiche.
All'aumento della
Lega, al probabile successo dell'UDC e al malessere degli
ex di Alleanza Nazionale, che fanno tanto pensare
ad una possibile scissione dal Partito della Libertà,
Berlusconi non ha argomenti. Sono suoi alleati e deve far
buon viso a cattivo gioco, nonostante veda in prospettiva
un pericolo concreto, quello della formazione di un nuovo
centro, da Bossi a Casini, passando per Fini (a proposito
il Presidente della Camera non era sul palco di San
Giovanni), che limiterebbe molto la sua leadership e le
sue ambizioni quirinalesche.
Ce n'è abbastanza
per turbare i sonni del Cavaliere, che certamente avrà più
voti di quelli che la sua politica di questi anni
meriterebbe, ma sempre meno di quelli che gli servono per
andare avanti nelle riforme che, come ha rimarcato ancora
una volta Casini, non riesce a fare, nonostante la forte
maggioranza che il PdL vanta in Parlamento. Sintomo di
malessere ma anche della inadeguatezza di una compagine
"inventata" dal leader, raccogliticcia fatta di amici e di
amici di amici, fedelissimi, tutti. Quel che conta. Che
poi sappiano fare ministri, sottosegretari, deputati,
senatori, assessori, ecc., è una variabile residuale, come
dice un mio amico esperto di economia e di statistiche.
21 marzo 2010
Presentato a Perugia il
Libro sulla Responsabilità della P.A. e del pubblico
dipendente, di F. Palmieri, S. Sfrecola e P. M. Zerman
di Gianni Torre
Moderato dalla
Professoressa Antonietta Confalonieri, si è svolto ieri a
Perugia, il preannunciato convegno di studio sulla
Responsabilità della P.A. e del pubblico dipendente,
organizzato dall'Unione Forense e da Il Sole 24 Ore, nel
corso del quale è stato presentato l'omonimo libro scritto
da Fiammetta Palmieri, magistrato di tribunale in servizio
presso il Dipartimento per gli Affari Giuridici e
Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Salvatore Sfrecola, Vice procuratore generale della Corte
dei conti e nostro direttore, e Paola Maria Zerman,
Avvocato dello Stato che ha anche curato il coordinamento
del testo.
In una sala
affollatissima, messa a disposizione dalla Fondazione
della Cassa di Risparmio di Perugia, in corso Vannucci, i
lavori si sono aperti con le relazioni degli Autori alle
quali hanno fatto seguito interventi di grande spessore
del Procuratore Generale della Corte dei conti, Mario
Ristuccia, che nella mattinata aveva visitato la Procura
regionale dell'Umbria, del Presidente del Tribunale
Amministrativo Regionale dell'Umbria, Piergiorgio Lignani,
del Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte
dei conti, Lodovico Principato, del Giudice Daniele Cenci,
del Tribunale di Perugia, del Prof. Daniele Mantucci,
Ordinario di Istituzioni di diritto privato
nell'Università delle Marche. Ha portao il suo saluto il
Procuratore regionale della Corte dei conti per l'Umbria,
Agostino Chiappiniello.
Pubblico
attentissimo, molti magistrati, avvocati, il Consiglio
dell'Ordine aveva assicurato ai partecipanti quattro
crediti formativi, rappresentanti delle Forze di Polizia,
Finanza e Carabinieri, il Convegno è stato guidato con
grande abilità dalla Professoressa Confalonieri, docente
di Procedura penale, la quale oltre a stimolare
l'attenzione dei presenti sulle tematiche oggetto
dell'incontro e del libro ha saputo raccordare i vari
profili della responsabilità della P.A. seguendo gli
interventi dei relatori.
Mario Ristuccia,
Procuratore generale della Corte dei conti, una lunga
esperienza nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali
della Corte dei conti (è stato Presidente della Sezione
giurisdizionale per la Regione Lazio, responsabile del
Massimario e direttore della Rivista della Corte dei
conti), ha fatto il punto sull'evoluzione normativa in
tema di giustizia contabile, delineando gli spazi che le
leggi e la giurisprudenza della Corte dei conti riservano
alle fattispecie di danno di cui conosce la Corte dei
conti.
Molto interessi ha
riscosso la relazione del Presidente del T.A.R., Lignani,
il quale ha ricostruito la vicenda della risarcibilità dei
danni da lesioni di interessi legittimi, dopo la nota
sentenza n. 500 delle Sezioni Unite della Cassazione che
l'ha ammessa, fino alla vicenda della cosiddetta
pregiudiziale amministrativa, quale condizione per il
risarcimento, che vede su posizioni contrapposte
Cassazione e Consiglio di Stato.
Lignani ha
indicato, con rigore logico, quali secondo la sua visione
delle complesse problematiche sono i limiti alla
risarcibilità delle lesioni di interessi legittimi,
considerato il ruolo di tutela degli interessi generali
che spetta alla Pubblica Amministrazione.
Il Presidente
Principato, che presiede la Sezione giurisdizionale
dell'Umbria, in una corposa relazione, nella quale ha
spaziato sulla giurisprudenza più significativa in tema di
società pubbliche, specialmente di quelle create dagli
enti locali. Ha richiamato l'esigenza di non abbandonare,
anzi di perfezionare ed aggiornare il controllo sui conti
di quanti gestiscono denaro pubblico.
Di Daniele Cenci è
piaciuto al vasto uditorio la rivendicazione del ruolo del
magistrato, dell'equilibrio con il quale deve esercitare
la funzione giurisdizionale affermando che la giustizia
deve essere credibile ma anche prevedibile, nel senso che
chi viola la legge deve sapere che dovrà subire una
sanzione, senza le incertezze che troppo spesso
caratterizzano la Giustizia italiana.
Daniele Mantucci,
civilista con una vasta esperienza amministrativa (è stato
anche Difensore Civico di Foligno) ha parlato del
rapporto tra cittadino ed amministrazione auspicando che
si possa giungere ad un rapporto connotato
dall'imparzialità e della trasparenza.
Si replicherà
ancora in altre città. Il tema della responsabilità della
P.A. è di grande interesse, per le conseguenze di fatti
lesivi di diritti e di interessi che riguardano
l'Amministrazione ed i propri dipendenti quando questa
denuncia alle Procure regionali della Corte dei conti i
danni che con dolo o colpa grave sono stati commessi da
amministratori e impiegati.
17 marzo 2010
Forte malcontento negli
ambienti della destra spagnola nei confronti di Berlusconi
per il salvataggio del Gruppo Prisa
di Senator
Madrid
13 marzo 2010
-
Mancavo dalla Spagna da
alcuni mesi. Incontrando amici del Partido Pupular
ho
potuto constatare non solo che perdura la scarsa
considerazione per il nostro Paese, che avevo potuto
verificare anche dalla lettura dei giornali, ma un vero e
proprio malcontento negli ambienti della destra e del
centro (e cattolici), furibondi e letteralmente disgustati
per l'intervento di salvataggio che Mediaset ha
effettuato nei confronti del Gruppo Prisa (Canale 4
- El Pais - etc.) non solo perché notoriamente di sinistra
ma anche perché ha sempre duramente attaccato Berlusconi e
l'Italia! E' guerra aperta tra i popolari ed il Gruppo.
Infatti, nessun rappresentante del Pp parteciperà a nessun
titolo a trasmissioni televisive, radiofoniche o rilascerà
dichiarazioni a giornalisti del Gruppo Prisa.
Le prenotazioni di spazi pubblicitari sui media del Gruppo
sono state tutte annullate
Il salvataggio è
considerato una vera e propria
coltellata alle spalle dell'alleato Partido Popular.
Un aiuto, in sostanza a Josè Luis Rodriguez Zapatero oggi
in grave difficoltà per la crisi economica che il Governo
spagnolo ha fin qui gestito con evidente superficialità.
Tutti si
chiedono dove finisca l'operazione finanziaria e dove
comincia una scelta politica del Presidente imprenditore
che sim esalta per la sua partecipazione al Partito
Popolare Europeo dove siedono i parlamentari spagnoli di
Josè Maria Aznar eMariano Rajoy.
Un'operazione
spregiudicata, certamente, dagli esiti finanziari che non
siamo in condizione di valutare ma dalle conseguenze
gravissime sul piano dell'immagine politica.
Haiti: è nato Jim Malte!
Appena ha dato alla luce il proprio
bambino nel centro medico di Darbonne, una giovane mamma
haitiana ha deciso di chiamarlo Jim Malte in omaggio alle
cure ricevute dal Corpo di soccorso internazionale
dell’Ordine di Malta. Il piccolo Jim, tra gli ultimi nati
della capitale dell’isola, è infatti tra gli assistiti del
Malteser International, che ha concentrato l’azione di
soccorso umanitario e sanitario in primo luogo verso i
bambini, gli orfani e le mamme in difficoltà sopravvissute
al sisma che ha provocato 200mila morti ed oltre un
milione di senzatetto.
Il Corpo di soccorso dell’Ordine ha
assistito nei primi due mesi oltre 7.000 superstiti tra la
capitale Port-au-Prince e le cittadine di Léogane e
Darbonne. In collaborazione con i partner locali, i
volontari dell’Ordine sono riusciti a distribuire cibo,
saponi, materassi, coperte e generi di prima necessità a
più di 1.000 sopravvissuti e a 90 bambini di un
orfanotrofio che è stato completamente raso al suolo dal
sisma a Léogane. A Petit Guave, insieme all’organizzazione
Arche Nova, il Malteser International assicura l’acqua
potabile a 700 famiglie. A Milot, nel nord del Paese, dove
l’Ordine sostiene da molti anni l’ospedale Sacre Coeur, i
volontari distribuiscono ogni giorno migliaia di razioni
di cibo ai feriti del terremoto e alle loro famiglie, che
hanno trovato rifugio nel centro medico.
13 marzo 2010
Al peggio non c'è mai
fine!
"Così un uomo
mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile
effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei.
Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il
leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un
po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le
sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della
gente a causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia
è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un
più completo esempio italiano".
"Ammiratore della forza, venale,
corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio,
presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di
famiglia, ma con numerose amanti; si serve di coloro che
disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di
inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare
effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza
un proprio carattere, si immagina sempre di essere il
personaggio che vuole rappresentare."
Elsa Morante
(Qualunque cosa
abbiate pensato, il testo, del 1945, si riferisce al
Cavalier Benito Mussolini)
P.S. C'è da dire che
rileggendo la storia e facendo qualche confronto potremmo
dire, richiamando un proverbio tramandatoci dalla saggezza
popolare, che "al peggio non c'è mai fine", enunciazione
ricorrente se ad una ricerca su Google i risultati
che ci dà sono 672.000 in 0,24 secondi!
13 marzo 2010
Dum Romae consulitur...
di Salvatore Sfrecola
Dum Romae consulitur,
Saguntum expugnatur,
mentre a Roma si discute,
Sagunto
è espugnata (Tito
Livio,
Storie,
XXI, 7). La locuzione sconsolata pronunciata dagli
ambasciatori di Sagunto che, giunti a Roma, chiedevano un
intervento dell'esercito romano per respingere l'assedio
del generale
Cartaginese
Annibale Barca
alla città provocò a Roma lunghe discussioni finché la
città spagnola, costretta alla resa, fu rasa al suolo,
torna in mente a sentire le parole di Emma Marcegaglia,
Presidente di Confindustria, con
"Un richiamo forte alla
politica" dai microfoni del Tg2.
La politica, secondo la
leader di Confindustria, trascura di occuparsi della crisi
e dell'impatto su imprese e lavoratori. Nell'intervista,
la Marcegaglia sottolinea che in questi giorni nel
dibattito politico si impone l'acceso clima preelettorale
e così "non si sente più parlare di crisi, economia,
crescita, dei problemi delle imprese e soprattutto
dell'occupazione e dei lavoratori". Mentre sarebbe
"necessario e urgente prendere decisioni per tornare a
crescere".
"Siamo preoccupati e
delusi - ha detto - perché l'economia italiana va ancora
male ed è necessario e urgente prendere decisioni per
tornare a crescere".
Parole da sottoscrivere
se "a pochi giorni dalle elezioni non si sente più parlare
di programmi", neppure degli interventi per sostenere la
crescita, le imprese e l'occupazione". Il tema "è
scomparso dal dibattito politico".
"Nel 2009, anno di una
crisi devastante, abbiamo guardato poco al futuro perché
dovevamo gestire l'emergenza, insieme ovviamente al
governo e ai sindacati. Abbiamo avuto - dice la Presidente
di Confindustria - un grande senso di responsabilità,
abbiamo lavorato sugli ammortizzatori sociali, e sul
credito, però oggi diciamo che è necessario concentrarsi
sulla crescita perché e proprio questo che ci chiedono le
imprese e i lavoratori".
A volte sembra che le
difficoltà che la crisi porta con se, di difficile
soluzione, vengano accantonate a bella posta, per
distrarre l'attenzione, per non far percepire che, in
realtà, le idee sono scarse e, all'evidenza,
insufficienti.
Così ogni occasione è
buona per indirizzare l'attenzione dell'opinione pubblica
verso obiettivi politici che sembrano enfatizzati a bella
posta.
E' accaduto spesso, non
solo in Italia. A volte distrarre l'opinione pubblica
serve ad allentare la tensione sui problemi dell'economia
e del lavoro. Può essere una scelta saggia, se non
diminuisce l'impegno sulle cose da fare. Per farle.
Se non è così, se si
ricerca la distrazione dell'opinione pubblica per
nascondere insufficienze di proposta e di realizzazione
vuol dire che è necessario cambiare uomini e metodi.
Subito.
10 marzo 2010
Consiglieri pasticcioni
di Salvatore Sfrecola
Valerio Onida, già
Presidente della Corte costituzionale, intervenendo nei
mesi scorsi ad un convegno di studio organizzato da ASTRID
ha detto che mai dagli uffici delle amministrazioni erano
usciti testi normativi tanto tecnicamente modesti. Eppure
Gabinetti ed Uffici legislativi sono pieni di dirigenti di
valore ed a dirigerli sono stati chiamati, Avvocati dello
Stato e magistrati, ordinari, del Consiglio di Stato e
della Corte dei conti.
Come può accadere,
dunque, che vedano la luce sulla Gazzetta Ufficiale testi
che si potrebbe dire non avrebbe scritto neppure una
matricola di giurisprudenza alle prime armi? Il fatto è
che questi personaggi subiscono la pressione dei politici,
non riescono a far fronte alle più invereconde richieste.
Ritengono che il loro primo compito sia quello di tradurre
in norme giuridiche la volontà del politico in quel
momento al potere. Non di consigliarlo per il meglio ma di
tradurre in norme, sia come sia, la volontà politica. E se
questa è espressa da persone modeste ma intolleranti è
evidente che anche il risultato sarà modesto, anzi
modestissimo.
Perché questi
consiglieri non si ribellano, perché non dicono ai loro
referenti politici che quel che chiedono non si può fare o
non si può fare come essi chiedono? L'impressione, per la
mia conoscenza dell'ambiente, è che manchi in questi
uomini, pur professionalmente dotati, il coraggio di
contrastare i politici, di dir loro che quel che chiedono
è incostituzionale oppure tecnicamente sbagliato.
Non hanno coraggio. Non
vogliono rischiare il posto. E in questo senso sono quelli
che io chiamo da tempo "cattivi consiglieri", dei quali
amano circondarsi i politici modesti.
Cattivi consiglieri e
quindi anche pasticcioni, come è sotto gli occhi di tutti
in questi giorni.
Lo ha ribadito oggi
Massimo Franco nel suo fondo sul Corriere della Sera. "La sensazione sconfortante - ha scritto - è che il decreto
sulle liste elettorali alla fine rischi di non servire a
nulla. Finora non ha salvato quella del Pdl in provincia
di Roma; e le altre due, di Roberto Formigoni in Lombardia
e di Renata Polverini nel Lazio, sono state riammesse
comunque dalla magistratura dopo i ricorsi. Insomma, la
forzatura voluta dal centrodestra si è scontrata con il
primato della legge regionale. La decisione presa ieri dal
Tribunale amministrativo del Lazio complica la strategia
di palazzo Chigi. Non è da escludersi per oggi un colpo di
scena all’Ufficio elettorale di Roma, in attesa del
Consiglio di Stato. Ma rimane la somma di pasticci
giuridici e politici che la maggioranza è riuscita ad
accumulare nella sua fretta di rimediare agli errori".
" L'obiettivo di far votare tutti era e rimane giusto. Il
modo in cui Silvio Berlusconi e la sua coalizione hanno
cercato di perseguirlo si è rivelato subito così segnato
dall'affanno da diventare scomposto".
Un pasticcio, insomma, che
può avere gravi conseguenze politiche, innanzitutto di
disaffezione per questi politici che non sanno neppure
presentare una lista, un adempimento che da sempre
caratterizza l'azione dei partiti che intendono
partecipare alla competizione elettorale. Allo stesso
tempo l'accanimento dell'opposizione contro il partito dei
pasticcioni, giusto sul piano di stretta legalità, appare
troppo legato al desiderio di sfruttare fino in fondo
l'insperata occasione di correre da soli.
A destra e a manca è una
desolazione. Nei partiti, che non sanno presentare una
lista e nei collaboratori tecnici che non sanno
confezionare una credibile e decente normativa giuridica o
suggerire altra soluzione costituzionalmente corretta.
Un pasticcio, un
pasticciaccio brutto che peserà a lungo sulla nostra
fragile democrazia che avrebbe bisogno di rinforzarsi, non
già di rimanere impantanata nella palude del piccolo
cabotaggio. Che non porta lontano. Anche gli scandali di
questi giorni, le penose conversazioni di lestofanti
capaci di tutto dimostrano che è calato perfino il livello
dei mascalzoni e dei delinquenti.
9 marzo 2010
A proposito del decreto legge "interpretativo" del
procedimento elettorale
Democrazia e legalità
di Salvatore Sfrecola
A conclusione della querelle politico-giuridica connessa
alla vicenda della contestata presentazione delle liste
nel Lazio e in Lombardia con l'emanazione del decreto
legge 5 marzo 2010 , n. 29, recante "Interpretazione
autentica di disposizioni del procedimento elettorale e
relativa disciplina di attuazione" s'impongono alcune
riflessioni di metodo e di merito.
Leggiamo le premesse del decreto-legge, cioè i richiami alle
norme ed i "ritenuto" e i "ravvisato" che spiegano l'iter
logico-giuridico seguito dagli autori del decreto-legge
per spiegarne le ragioni e giustificarne le scelte, mai
come in questa occasione fondamentali.
Alla base dell'iniziativa c'è il favor electionis
"secondo i principi di cui agli articoli 1 e 48 della
Costituzione che ha mosso l'iniziativa in relazione alla
"straordinaria necessità e urgenza di consentire il
corretto svolgimento delle consultazioni elettorali per il
rinnovo degli organi delle Regioni a statuto ordinario
fissate per il 28 e 29 marzo 2010 tramite interpretazione
autentica degli articoli 9 e 10 della legge 17 febbraio
1968, n. 108, e dell'articolo 21 del decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445".
Nel rispetto, dunque, della necessità di assicurare ad
un'importante competizione elettorale il confronto tra
tutte le forze politiche che hanno manifestato la volontà
di concorrere per l'assegnazione dei seggi nei consigli
regionali del Lazio e della Lombardia il Governo ha
ritenuto, ed il Capo dello Stato ha condiviso la scelta
sotto il profilo del rispetto della Costituzione, che
fosse possibile adottare norme di "interpretazione
autentica" della normativa in tema di candidature
"finalizzata a favorire la più ampia corrispondenza delle
norme alla volontà del cittadino elettore, per rendere
effettivo l'esercizio del diritto politico di elettorato
attivo e passivo, nel rispetto costituzionalmente dovuto
per il favore nei confronti della espressione della
volontà popolare".
In parole povere si è voluto affermare il principio che in
una materia di rilevantissimo significato quale
espressione della democrazia, come una competizione
elettorale, la disciplina normativa vada interpretata in
modo che alcune irregolarità meramente formali non
influenti sulla volontà di chi manifesta la scelta di
partecipare alle elezioni non siano ostative della
validità delle candidature.
Il decreto legge precisa, in proposito, all'art. 1 che:
"Il primo comma
dell'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, si
interpreta nel senso che il rispetto dei termini orari
di presentazione della lista si considera assolto quando,
entro gli stessi, i delegati incaricati della
presentazione delle liste, muniti della prescritta
documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del
Tribunale. La presenza entro il termine di legge nei
locali del Tribunale dei delegati può essere provata con
ogni mezzo idoneo" (comma 1).
Al comma 2 si legge che
"Il terzo comma dell'articolo 9 della legge 17 febbraio
1968, n.108, si interpreta nel senso che le firme si
considerano valide anche se l'autenticazione non risulti
corredata da tutti gli elementi richiesti
dall'articolo 21, comma 2, ultima parte, del decreto
del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.
445, purché tali dati siano comunque desumibili in
modo univoco da altri elementi presenti nella
documentazione prodotta. In particolare, la
regolarità della autenticazione delle firme non è
comunque inficiata dalla presenza di una irregolarità
meramente formale quale la mancanza o la non
leggibilità del timbro della autorità autenticante,
dell'indicazione del luogo di autenticazione, nonché
dell'indicazione della qualificazione dell'autorità
autenticante, purché' autorizzata".
Il comma 3 precisa che "Il quinto comma
dell'articolo 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108,
si interpreta nel senso che le decisioni di ammissione
di
liste di candidati o di singoli candidati da parte
dell'Ufficio centrale regionale sono definitive, non
revocabili o modificabili dallo stesso Ufficio. Contro
le decisioni di ammissione può essere proposto
esclusivamente ricorso al Giudice amministrativo soltanto
da chi vi abbia interesse. Contro le decisioni di
eliminazione di liste di candidati oppure di singoli
candidati e' ammesso ricorso all'Ufficio centrale
regionale, che può essere presentato, entro
ventiquattro ore dalla comunicazione, soltanto dai
delegati della lista alla quale la decisione si
riferisce. Avverso la decisione dell'Ufficio centrale
regionale e' ammesso immediatamente ricorso al Giudice
amministrativo".
Il comma 4 afferma che "Le disposizioni del presente
articolo si applicano anche alle operazioni e ad
ogni altra attività relative alle elezioni
regionali, in corso alla data di entrata in vigore
del presente decreto. Per le medesime elezioni regionali
i delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui
al comma 1 possono effettuare la presentazione delle
liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno
non festivo successivo a quello di entrata in vigore
del presente decreto".
Per spiegare la scelta il Presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è rivolto a due
cittadini che l’hanno investito del problema in termini
rappresentativi
delle diverse possibili
posizioni, il Signor
Alessandro Magni, che lo aveva invitato
“a non firmare il decreto interpretativo” e la Signora M.
Cristina Varenna che gli aveva scritto chiedendogli “di
fare tutto quello che lei può per lasciarci la possibilità
di votare in Lombardia chi riteniamo ci possa
rappresentare”, perché “se così non fosse, sarebbe un
grave attentato al diritto di voto”.
"Egregio
signor Magni, gentile signora Varenna,
scrive il Presidente
Napolitano, ho letto con attenzione le vostre
lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con sincera
considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini
che in queste ore mi hanno scritto.
Il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di
garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali
con la piena partecipazione dei diversi schieramenti
politici. Non era sostenibile che potessero non
parteciparvi nella più grande regione italiana il
candidato presidente e la lista del maggior partito
politico di governo, per gli errori nella presentazione
della lista contestati dall'ufficio competente costituito
presso la corte d'appello di Milano. Erano in gioco due
interessi o "beni" entrambi meritevoli di tutela: il
rispetto delle norme e delle procedure previste dalla
legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra
programmi e schieramenti alternativi. Non si può negare
che si tratti di "beni" egualmente preziosi nel nostro
Stato di diritto e democratico.
Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da
parte dei maggiori esponenti dell'opposizione, che avevano
dichiarato di non voler vincere - neppure in Lombardia -
"per abbandono dell'avversario" o "a tavolino". E si era
anche da più parti parlato della necessità di una
"soluzione politica": senza peraltro chiarire in che senso
ciò andasse inteso. Una soluzione che fosse cioè "frutto
di un accordo", concordata tra maggioranza e opposizioni?
Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale
accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e
responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e
sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici
elettorali pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo
quanto risultino difficili accordi tra governo,
maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente
delicati come questo e ancor più in clima elettorale:
difficili per tendenze all'autosufficienza e scelte
unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e
indisponibilità dall'altra parte.
Ma in ogni caso - questo è il punto che mi preme
sottolineare - la "soluzione politica", ovvero l'intesa
tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto
tradursi in soluzione normativa, in un provvedimento
legislativo che intervenisse tempestivamente per
consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con la
piena partecipazione dei principali contendenti. E i tempi
si erano a tal punto ristretti - dopo i già intervenuti
pronunciamenti delle Corti di appello di Roma e Milano -
che quel provvedimento non poteva che essere un decreto
legge.
Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal
Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo
successivamente elaborato dal Ministero dell'interno e
dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha
presentato a mio avviso evidenti vizi di
incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte
politica quale altra soluzione - comunque inevitabilmente
legislativa - potesse essere ancora più esente da vizi e
dubbi di quella natura.
La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi
contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l'acuirsi
non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni
istituzionali. E' bene che tutti se ne rendano conto. Io
sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e
imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio
delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al
Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla
stessa Carta e in spirito di leale cooperazione
istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità
dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e
istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con
aspettative e pretese improprie, e a chi governa di
rispettarne costantemente le funzioni e i poteri".
Il decreto "salvaliste"
non è passato inosservato anche in Vaticano. E
Monsignor Domenico Mogavero, responsabile della
Conferenza episcopale italiana per gli affari
giuridici, ai microfoni della Radio Vaticana ha
osservato che "cambiare le regole del gioco mentre
il gioco è in corso è un atto altamente scorretto».
«La democrazia - ha detto il vescovo - è una realtà
fragile che ha bisogno di essere sostenuta e
accompagnata da norme, da regole, altrimenti non
riusciamo più a orientarci», se invece «dovesse
essere diretta dall'arbitrio di qualcuno o se
dovesse essere improvvisata ogni giorno mancherebbe
la certezza del diritto, dei rapporti e delle
prospettive». E ancora in merito ai problemi sorti
in questi giorni ha osservato: «Non credo che in
democrazia si possa fare una distinzione fra ciò che
sono le regole e quello che è il bene sostanziale,
le regole non sono un aspetto accidentale del vivere
insieme, ma quelle che dettano il binario attraverso
cui incamminarci".
"La definizione giusta -
ha detto Mons. Mogavero - è quella data dal
Presidente della Repubblica quando ha parlato di un
grandissimo pasticcio». «Le regole - ha detto ancora
il vescovo di Mazara del Vallo - sono a garanzia e a
tutela di tutti. A questo punto si legittima ogni
intervento arbitrario con la motivazione che ragioni
più o meno intrinseche o pertinenti mettono un gioco
un valore, il valore della partecipazione oggi, e
domani un altro valore». «Ci sono state leggerezze,
manchevolezze, approssimazioni - ha rilevato mons.
Mogavero - nell'affrontare il gioco democratico che
non sono a favore di nessuno, forse siamo
impreparati a una democrazia sostanziale".
Che dire! E' chiaro che
le elezioni con un solo concorrente non
costituiscono un confronto democratico, ma la
responsabilità dell'errore è di chi è giunto tardi e
con documentazione incompleta. Cosa significa, in
sede di interpretazione autentica, che "la
regolarità della autenticazione delle firme
non è comunque inficiata dalla presenza di una
irregolarità meramente formale quale la mancanza
o la non leggibilità del timbro della
autorità autenticante, dell'indicazione del luogo
di autenticazione, nonché dell'indicazione della
qualificazione dell'autorità autenticante, purché'
autorizzata".
Sul piano
giuridico è una enormità, negazione palese delle
regole più elementari che da sempre attengono alla
forma dei documenti che sono identificabili proprio
per quegli elementi formali che oggi vengono
considerati sostanzialmente irrilevanti. E poi non
c'è niente di interpretativo in questa norma. E'
innovativa, come quella che assume rispettato il
termine di ingresso in Tribunale con un qualunque
mezzo di prova.
E' evidente che
qualcosa non va nella decisione del governo. Come
osserva la CEI. Infatti la responsabilità degli
errori è dei rappresentanti del partito la cui lista
è stata esclusa.
Tenerla fuori sarebbe stata una lesione della
democrazia. Ma è evidente che la responsabilità
ricade solo su chi ha sbagliato. E' evidente, ma
nessuno, in queste ore, lo ha detto nella forma e
nei modi che avrebbe dovuto, anche perché per un
valore altissimo come quello della democrazia ne è
stato manomesso un altro, quello della legalità.
7
marzo 2010
Campidoglio, sala della
Protomoteca
Paola Maria Zerman parla
di famiglia e fisco
Successo di Paola Maria
Zerman, Avvocato dello Stato ed apprezzata collaboratrice
de Un Sogno Italiano, ieri in un convegno sulla
famiglia organizzato dalla Professoressa Emilia Costa,
docente di psichiatria nell'Università di Roma "La
Sapienza", che si è tenuto nella Sala della Protomoteca in
Campidoglio, con la partecipazione di studiosi di varie
discipline, come Giovanna Marcazzan, Giudice del Tribunale
dei Minorenni, Paola Binetti, deputato e docente di
neuropsichiatria infantile al Campus Biomedico di
Roma. Ha moderato l'onorevole Marco Sciclari, intervenuto
in rappresentanza del Sindaco, Gianni Alemanno, impegnato
negli incontri per la candidatura di Roma alle Olimpiadi
del 2020.
In apertura Paola Zerman
ha inquadrato il tema nel più vasto quadro dell'economia
nazionale, sottolineando come da tempo gli studiosi hanno
espresso piena consapevolezza della circostanza che al
centro del modello di sviluppo del Paese è la questione
del trattamento fiscale dei nuclei familiari.
L’interesse degli
studiosi procede da alcuni punti fermi, ha precisato.
Innanzitutto dalla
considerazione che la famiglia svolge un ruolo centrale
nella vita economica, in quanto è formata da un nucleo di
persone che esprimono ruoli diversi nella società e
rispetto alle vicende dell'economia, tutti essenziali,
lavoratori, aspiranti lavoratori, studenti, consumatori,
risparmiatori, assistenti di persone malate o anziane. Uno
spaccato della società che esige una considerazione sul
piano fiscale, tenuto conto che il fisco è strumento di
elezione della politica economica, nel senso che il
livello di tassazione condiziona la formazione e lo
sviluppo della famiglia e, in fin dei conti, della
società.
È, dunque, necessario -
ha affermato l'Avv. Zerman - affrontare il tema della
condizione fiscale della famiglia "perché aiutare le
famiglie è vera politica economica e sociale, capace di
restituire loro prospettive di sviluppo e capacità di
spesa e di risparmio, ciò che serve per far crescere il
Paese".
Prima di entrare nel
merito del dato fiscale Paola Zerman ha richiamato alcuni
principi, di ordine costituzionale, che impongono al
legislatore l’adozione di misure che tengano conto del
ruolo della famiglia. In primo luogo l’art. 31 Cost.,
comma 1, secondo il quale "la Repubblica agevola con
misure economiche e altre provvidenze la formazione della
famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con
particolare riguardo alle famiglie numerose".
Ora è evidente che le
“misure economiche” possono essere di vario genere, quindi
anche fiscali, in forma di deduzioni e detrazioni per
tener conto degli oneri che sopportano le famiglie in
particolare quelle “numerose”. Ciò in considerazione del
ruolo che lo Stato riconosce alla famiglia, di “istruire
ed educare i figli” (art. 30 Cost.), un valore che la
Costituzione riconosce in quanto la procreazione è
funzionale all’equilibrio della società fra le varie
generazioni e al suo sviluppo nel tempo. In particolare,
l’istruzione e l’educazione è un compito che i genitori si
assumono per formare futuri cittadini e lavoratori.
Se, dunque, questi sono
valori che meritano considerazione e agevolazioni è
evidente - ha detto Paola Zerman - che il legislatore
fiscale deve avere presenti due esigenze, quella di
mettere in condizione le famiglie di svolgere il loro
ruolo, non privato ma sociale, e quella di non
discriminarle, considerando che l’art. 53 Cost., che
impone a tutti di concorrere “alle spese pubbliche in
ragione della loro capacità contributiva”, va coordinato
con l’art. 3 Cost. in quanto è evidente che la capacità
contributiva deve tener conto del numero e della qualità
dei soggetti che il reddito tassabile concorre a
mantenere. Essendo evidente che il principio di parità di
trattamento e di ragionevolezza risulterebbe violato se a
parità di reddito un single fosse tassato come un padre di
famiglia con mogli e figli privi di redditi autonomi. In
proposito ha ricordato la richiesta del Forum delle
Famiglie, supportata da oltre un milione di firme, di
introdurre il c.d. quoziente familiare, un sistema di
tassazione che tiene conto del numero dei componenti della
famiglia e quindi dei costi che la famiglia sopporta, ad
esempio per il mantenimento e l'educazione dei figli.
Principio di parità di
trattamento e di non discriminazione - ha detto la
relatrice - che trova un fondamento anche nella Carta del
Diritti dell’Unione europea dacché il diritto di sposarsi
e di costituire una famiglia (art. 9) non può essere
espressione di un diritto astratto perché “costituire una
famiglia” significa che le leggi devono mettere in
condizione i cittadini europei di costituire una famiglia.
Un diritto ribadito dalla Convenzione per la salvaguardia
dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali che
all’art. 12 (Diritto al matrimonio) afferma che “Uomini e
donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare
una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti
l’esercizio di tale diritto".
Il fatto è che nella
disciplina dell’imposta personale sul reddito delle
persone fisiche si è persa da tempo l’occasione per
procedere ad una modulazione dell’imposta finalizzata alla
correzione delle distorsioni presenti nell’attuale regime
IRPEF, che penalizzano i contribuenti con familiari a
carico e le famiglie monoreddito.
Il trattamento fiscale
del nucleo familiare è infatti uno degli aspetti di
maggiore importanza ai fini dell’analisi degli effetti
distributivi del sistema tributario che, come detto, può
influenzare il benessere delle famiglie mediante
agevolazioni fiscali concesse ai nuclei con diversa
numerosità e/o diverso numero di contribuenti.
"Come sancito dalla
nostra Costituzione, ha detto Paola Zerman, il ruolo della
famiglia nell’ambito della società risulta importante e
meritevole di tutela. In termini economici si afferma che
la famiglia produce esternalità positive, ossia benefici
per l’intera collettività, attraverso le proprie decisioni
di procreazione, che contribuiscono alla conservazione
dell’equilibrio demografico, la sua capacità di rendere
maggiormente egualitaria la distribuzione dei redditi, la
tutela che garantisce ai soggetti deboli, il contributo
alla creazione di capitale umano".
Avviandosi alla
conclusione e riprendendo un argomento a lei caro Paola
Zerman ha sottolineato che l'interesse della classe
politica per la famiglia sembra limitato alla vigilia
elettorale quando tutti "riscoprono" di valori che
incarna per poi dimenticarsene ad elezioni concluse,
soprattutto per quanto riguarda i profili fiscali.
"Bisogna fare in modo - ha detto Paola Zerman - che la
classe politica, sia pure con una ragionevole
progressività, si dia carico di una riforma che instauri
un sistema capace di effettiva equità fiscale. Altrimenti
i contribuenti dovranno investire del problema la Corte
costituzionale, la Corte di giustizia delle Comunità
europee o la Corte dei diritti dell’uomo. Una strada
certamente irta di ostacoli ma i principi costituzionali
dei quali si è detto, in particolare con riferimento al
ruolo della famiglia ed al principio di non
discriminazione in rapporto al principio della capacità
contributiva fanno ritenere praticabile la proposizione di
una questione di costituzionalità nel corso di un giudizio
tributario nel quale sia in qualche modo contestato il
sistema di tassazione dei redditi familiari".
"Ugualmente sembra
proponibile - ha detto l'Avv. Zerman - ai sensi dell’art.
20 della Carta dei diritti dell’Unione europea contestare
la validità della normativa fiscale italiana in rapporto
al principio di uguaglianza che evidentemente è violato
quando una identica misura di reddito sopporta oneri
diversi. Da ricordare, infine, che l’art. 33 della Carta
dei diritti dell’U.E. afferma al primo comma che “È
garantita la protezione della famiglia sul piano
giuridico, economico e sociale”. La disposizione si basa
sull’art. 16 della Carta sociale europea che a sua volta
prevede il “diritto della famiglia ad una tutela sociale
giuridica ed economica. Per realizzare le condizioni di
vita indispensabili al pieno sviluppo della famiglia, in
particolare per mezzo di prestazioni sociali e familiari,
di disposizioni fiscali e d’incentivazione alla
costruzione di abitazioni adatte ai fabbisogni delle
famiglie, di aiuto alle coppie di giovani sposi, o di ogni
altra misura appropriata”.
6 marzo 2010
Un Consiglio dei
ministri che non discute, ratifica
di Senator
Sempre più veloce il
Consiglio dei ministri, tanto che è da dubitare che al suo
interno si discuta. Di più, è probabile che i
provvedimenti, più che essere illustrati siano soltanto
annunciati.
Lo abbiamo notato nei
giorni scorsi. Dobbiamo sottolinearlo con riferimento alla
riunione del
1° marzo durato solo 85 minuti, dalle 12,10 alle 13,35.
In quel lasso di
tempo il Consiglio ha
approvato una serie di
provvedimenti, tutti importanti, dopo aver osservato un
minuto di silenzio in memoria di Pietro Antonio Colazzo,
il coraggioso funzionario dell’Agenzia informazioni e
sicurezza esterna, rimasto vittima dell’attentato di
venerdì scorso a Kabul, ed aver ricordato la figura
dell’avvocato Enzo Fragalà, barbaramente ucciso a Palermo
nei giorni scorsi.
Il Consiglio ha
approvato il disegno di legge che contiene "un importante
pacchetto di norme per rafforzare la prevenzione e la
repressione della corruzione e dell’illegalità nella
pubblica amministrazione".
Inoltre il
Presidente Berlusconi ha annunciato che sottoporrà al Capo
dello Stato la nomina di quattro Sottosegretari: la
dottoressa Daniela SANTANCHE’ ( al programma di Governo),
il senatore Guido VICECONTE (all’Istruzione, università e
ricerca), l’onorevole Laura RAVETTO (ai Rapporti con il
Parlamento), il senatore Andrea AUGELLO (alla pubblica
amministrazione ed innovazione).
Ed ecco i
provvedimenti:
su proposta del Ministro
per le politiche europee, Andrea Ronchi:
- lo schema di
disegno di legge comunitaria per il 2010;
su proposta del
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali,
Luca Zaia:
- uno schema di
disegno di legge per la valorizzazione dei prodotti
agricoli provenienti da “filiera corta”;
su proposta del
Ministro della difesa, Ignazio La Russa, e del Ministro
della giustizia, Angelino Alfano, e del Ministro per la
semplificazione normativa, Roberto Calderoli:
-
- un disegno di legge per
il conferimento della delega al Governo all’emanazione del
codice delle missioni militari all’estero
su proposta del
Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, e del
Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola:
- un decreto
legislativo che recepisce la direttiva 2007/65 in materia
di esercizio di attività televisiva;
su proposta del
Ministro dell’economia e delle finanze, Giulio Tremonti:
- un disegno di
legge che dà seguito all’impegno assunto dall’Italia nei
confronti del Fondo monetario internazionale per
fronteggiare la crisi e contribuire all’assistenza
finanziaria in favore dei Paesi più poveri;
su proposta del
Ministro della difesa, Ignazio La Russa:
- un disegno di
legge che prevede, in via sperimentale per un triennio,
l’organizzazione di corsi di formazione a carattere
teorico-pratico e di durata non superiore a tre settimane,
riservati ai giovani presso reparti delle Forze armate;
- uno schema di
regolamento per la previsione del riconoscimento di cause
di servizio e la corresponsione di adeguato indennizzo al
personale impiegato in missioni all’estero;
su proposta del
Ministro per le politiche europee. Andrea Ronchi, e del
Ministro della giustizia, Angelino Alfano:
-
- un decreto legislativo
che stabilisce le sanzioni da comminare per violazioni al
Regolamento comunitario n. 1523 del 2007, che vieta la
commercializzazione, l’importazione e l’esportazione di
pellicce di cane e di gatto, nonché di prodotti che le
contengano;
su proposta del
Ministro della giustizia, Angelino Alfano:
- uno schema di
decreto legislativo che dà attuazione alla delega
conferita al Governo dalla legge n.69 del 2009 con
l’obiettivo di prevedere disposizioni di dettaglio che
consentano ai notai, coerentemente con quanto previsto dal
Codice dell’amministrazione digitale, di redigere atti
pubblici in formato elettronico;
su proposta del
Ministro degli affari esteri, Franco Frattini:
- due disegni di
legge per la ratifica e l’esecuzione degli Accordi,
rispettivamente, fra l’Italia ed il Malawi e fra l’Italia
e la Repubblica popolare democratica di Corea, sulla
promozione e protezione degli investimenti.
E’ stato altresì
approvato uno schema di regolamento, sul quale verrà
sentito il Consiglio di Stato, che abroga il d.P.R n.303
del 2005 in materia di termini e di responsabili dei
procedimenti amministrativi di competenza del Segretariato
generale della Presidenza del Consiglio in considerazione
della necessità di riformulare la materia alla luce di
modifiche normative intervenute.
Il Consiglio ha
dichiarato lo stato d’emergenza per lo sversamento di
materiale inquinante nel fiume Lambro. Al fine di
consentire il proseguimento delle operazioni di protezione
civile per la messa in sicurezza di alcune grandi dighe, è
stato prorogato il relativo stato d’emergenza già
dichiarato. E’ stato anche prorogato lo stato d’emergenza
dichiarato nella regione Molise per far fronte ai danni
causati da eccezionali avversità atmosferiche.
Infine il Consiglio
ha deliberato:
su proposta del
Presidente del Consiglio:
- la nomina
dell’avvocato Ignazio Francesco CARAMAZZA ad Avvocato
generale dello Stato;
- la nomina del
professor Riccardo VENTRE a Consigliere della Corte dei
conti;
su proposta del Ministro
degli affari esteri:
-
- la nomina a ministro
plenipotenziario di una ventina di consiglieri
d’Ambasciata:
Infine il Consiglio
ha esaminato alcune leggi regionali, ai sensi
dell’articolo 127 della Costituzione.
Ebbene, a conti
fatti, senza considerare il minuto di silenzio in onore di
Pietro Antonio Colazzo, ai provvedimenti approvati il
Consiglio ha dedicato mediamente solo 4,72 minuti. Il che
vuol dire che, se consideriamo il peso di alcuni
provvedimenti, come il pacchetto anticorruzione, che
necessariamente avrà impegnato di più i nostri ministri,
per alcuni non sarà stato neppure letto il titolo.
Naturalmente va
tutto bene. I provvedimenti passano per le riunioni
preparatorie del Consiglio, presiedute da Gianni Letta,
nel corso delle quali i provvedimenti vengono approfonditi
da parte dei tecnici dei vari ministeri.
Ma che non si
discuta assolutamente in Consiglio appare certamente
singolare In sostanza il Consiglio ratifica ciò che è
stato deciso dai tecnici, sia pure sulla base delle
indicazioni dei vari ministri.
Tutto bene, ripeto,
ma ho nostalgia dei Consigli nei quali discutevamo a tutto
tondo sui riflessi dei vari provvedimenti e, in genere,
sulle prospettive della politica governativa. Oggi sembra
un Consiglio di amministrazione bloccato da un socio che
detiene un pacchetto di azioni che ne fa un padrone del
quale non può essere messa in discussione la volontà.
3 marzo 2010
Un gentiluomo, una
persona perbene
E' morto Pietro Mitolo
di Salvatore Sfrecola
E' morto Pietro Mitolo, ex parlamentare di Msi e An,
deputato e senatore. Ingegnere chimico, nato il 27 aprile
del 1921 a Bolzano, è stato anche europarlamentare.
Era in Alto Adige il "grande vecchio" della destra, un
uomo colto, un politico galantuomo nei confronti del
quale, alla notizia della sua morte, tutti hanno avuto
parole di grande stima.
L'ho conosciuto
nell'anticamera di Gianfranco Fini Vicepresidente del
Consiglio. Attendeva di parlare della sua Bolzano, dei
problemi della comunità italiana e della destra, stretta
tra esuberanze di giovani promesse e l'inefficienza di
altri. Parlava con commozione dell'Italia in quella terra
ricca di contraddizioni ed ho imparato subito a stimarlo.
Parlavo volentieri con questo garbato signore appassionato
della politica nel senso più nobile del termine.
Fini gli affidò
l'incarico di seguire i problemi dell'Alto Adige,
chiamato a cercare di risolvere i contrasti sorti
all'interno del Pdl tra la corrente forzista di Michaela
Biancofiore e quella del deputato Giorgio Holzmann (An),
ma Mitolo si sentiva un
incompreso. Le lunghe anticamere, l'aria di sufficienza
con la quale alcuni della segreteria trattavano questo
anziano parlamentare che veniva a chiedere per Bolzano, me
lo hanno subito reso simpatico. Come sempre le persone
perbene, indipendentemente dalle idee che professano, sono
all'evidenza portatrici di valori grandi, come possono
essere quelli della Patria.
Così quando veniva a
salutarmi per parlarmi "cinque minuti" e mi rendevo conto
che era trascorsa un'ora non mi lamentavo mai. Attendevo
che fosse lui a congedarsi.
Lasciato Palazzo
Chigi e ritornato alla Corte dei conti un giorno mi è
venuto a trovare. E' stata una lunga, simpatica
conversazione. Ad un certo momento gli ho chiesto il
motivo della visita. "Nessuno", mi ha risposto, "se non
che volevo scambiare qualche riflessione con lei".
Ci siamo scambiati gli auguri per Natale. Mi aveva
promesso che sarebbe tornato a trovarmi. L'ultima
apparizione pubblica di Mitolo è stata nei giorni scorsi
nel consiglio comunale di Bolzano, da dove sedeva, quasi
ininterrottamente, dal 1948.
Non tornerà. Ma
ricorderò sempre quel garbato sorriso, quell'ironia con la
quale difendeva il suo ruolo politico difficile in una
terra difficilissima, incompreso dai suoi che lo
consideravano superato, un rompiscatole perché non aduso
al piccolo cabotaggio, lui che con il fratello Andrea
aveva portato in piazza migliaia di italiani per ricordare
che quella terra è un pezzo di storia della Patria.
Quando nel 2006 uscì
il mio libro "Un'occasione mancata" ne volle comprare
venti copie per regalarle ai giovani del partito "perché
riflettano sulle cose da fare", mi disse. Condivideva
l'analisi dell'esperienza del governo di centrodestra
consumatasi nell'inadeguatezza di uomini e programmi. Non
riteneva che le cose fossero molto migliorate nel
frattempo.
Continuerà a guardare
da Lassù la sua terra ed a commuoversi per l'Italia che,
senza retorica, Lui ed io consideriamo, la Patria, la
terra dei nostri padri.
1° marzo 2010
A proposito
dell'esclusione della Polverini. Dalla competizione nella
provincia di Roma
Un partito di matti. E
un furbacchione
di Senator
Il PdL i cui
rappresentanti arrivano "tardi" nella presentazione della
lista della candidata Polverini alla Presidenza della
Regione Lazio nella Provincia di Roma, che così rimane
esclusa, è "un partito di matti", come titola oggi Il
Giornale? Un partito nel quale domina confusione tra
ex forzisti ed ex aennini alla ricerca di una rivincita
rispetto ad una fusione imposta dall'alto di... un
predellino? O non rivela piuttosto l'ennesima guerra per
bande con ripicche e vendette che oppone Berlusconi allo
scalpitante Fini?
Siccome a pensar male si
fa senz'altro peccato ma si indovina quasi sempre,
secondo l'aurea intuizione di Giulio Andreotti, il
sospetto che, ad onta dell'ira di rito, il Cavaliere abbia
voluto "punire" l'indocile alleato alla rincorsa di una
improbabile diarchia, se non di una prossima successione,
per aver egli imposto una candidatura modesta ma "sua", è
molto plausibile e generalmente accolta dagli osservatori
politici. D'altra parte i nostri lettori ricorderanno che
la Bonino fu designata Commissario europeo da Berlusconi.
Insomma, ancora una
volta Berlusconi ha voluto ridimensionare Fini.
Polverini modesta,
dunque, anzi modestissima, scelta dal Presidente della
Camera secondo la logica che ha sempre imperato tra i
politici nostrani più recenti. Infatti, l'importante è che
il candidato alla poltrona politica o amministrativa
"risponda" a chi lo designa, essendo una variabile
assolutamente residuale quella se sia capace e adatto alla
funzione che dovrà svolgere.
I migliori, da sempre,
si circondano di capaci, i modesti di persone più modeste
di loro.
Napoleone, tanto per
richiamare un personaggio a me non particolarmente
simpatico, si circondava di generali capaci e fortunati
(teneva molto a questo requisito il corso) ma non temeva
che gli facessero ombra. Infatti non avrebbero mai potuto
offuscare la gloria di un Imperatore che sapeva bene fare
il suo mestiere.
Berlusconi e Fini,
invece, hanno scelto di circondarsi di una pletora di
mezze figure, tutte poi regolarmente premiate con posti di
responsabilità politica e amministrativa, tranne poi a
lamentarsi se le cose non vanno come avrebbero voluto.
Qualche esempio? Impossibile, correremmo il rischio dio
dimenticarne più di qualcuno.
Chi è causa del suo
mal... viene fatto di dire.
Con questa classe
politica e amministrativa il Paese va allo sfascio. Quando
avremo leader capaci di dotarsi di staff di
professionalità adeguata alla funzione, in più con la
colonna vertebrale diritta?
Quel giorno l'orizzonte
degli italiani sarà più limpido.
1° marzo 2010