GIUGNO
2010
Mentre monta una
"questione morale" dagli esiti imprevedibili
Il "caso Brancher" tra
politica e diritto
di Senator
La nomina di Aldo Brancher a Ministro per
l’attuazione del federalismo se non
altro farà discutere negli anni a venire gli studiosi di
politica e di diritto costituzionale. I primi si
chiederanno che senso abbia istituire un posto di governo
che deve monitorare l'attività di un altro ministro,
quello per il federalismo. Per cui si potrebbe pensare a
plurimi ministri senza portafoglio per verificare
l'attuazione del programma dei ministri con portafoglio.
Il ministro per l'attuazione delle politiche comunitarie,
che è già senza portafoglio, o delle politiche agricole,
che, invece, il portafogli lo ha. O il ministro per
l'attuazione del programma del beni culturali o della
sanità o del lavoro.
Contemporaneamente i giuristi si porranno il problema
se sia legittimo moltiplicare i posti di governo,
sfruttando lo strumento dei ministro "senza portafoglio",
cioè senza bilancio autonomo che, però, pesa sul bilancio
dello Stato perché si avvale di uno staff che mai va sotto
le venti unità, un capo di gabinetto, un capo del settore
legislativo, come si esprime il decreto organizzativo
della Presidenza del Consiglio (solo Gianfranco Fini,
Vicepresidente del Consiglio, lo ha chiamato "Ufficio
legislativo" per mettere in pista il fedelissimo Paolo
Maria Napolitano, un funzionario del Senato poi nominato
Consigliere di Stato e quindi spedito alla Consulta),
Tutti e tre con auto blu e autisti, ovviamente, dei quali
inevitabilmente saranno dotati anche il segretario
particolare. Spese che, in tempi di crisi economica,
sarebbe stato meglio evitare.
La nomina di Brancher, a velocità supersonica, ha
stupito tutti, o quasi. Apertamente sorpresi La Russa e
Gasparri, Bossi "il federalista" per antonomasia, che in
materia ha una esplicita competenza ministeriale, ha
accolto la notizia con evidente contrarietà tanto da
sconfessare pubblicamente, in quel di Pontida, la scelta
di Berlusconi.
"Perché
tutta questa fretta?" si è chiesto Pierluigi Battista sul
Corriere della Sera. Un ennesimo mistero politico,
considerato che da oltre un mese e mezzo è vacante un
posto di governo di particolare rilievo, quello dello
Sviluppo economico, al quale sono affidate molte delle
speranze della ripresa della produzione e dei consumi,
dopo le dimissioni di Claudio Scajola non viene ancora
assegnato.
"Anche i meno sospettosi, anche chi è più disponibile
a rilasciare un credito all’attuale governo e chi ha
appena ritenuto positive le ultime scelte, specialmente in
economia - ha scritto Battista -, è costretto a immaginare
che in tanta segretezza frettolosa molto abbia pesato il
nome del nuovo ministro, Aldo Brancher, che potrebbe
avvalersi, come tutti i ministri, delle nuove norme sul
"legittimo impedimento" per procrastinare le vicende
giudiziarie che lo riguardano. È un sospetto ingiusto, ma
la singolarità della nomina di Brancher autorizza
qualsiasi malevolenza".
Una vicenda comunque imbarazzante se dal Quirinale,
nella sua funzione di supremo garante della legalità, il
Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
è dovuto intervenire per dire che un ministro senza
portafoglio non può essere legittimamente "impedito"
dinanzi al suo giudice. Tanto che Brancher avrebbe
l'intenzione di chiedere che l'interrogatorio sia
anticipato.
E' comunque una situazione imbarazzante che favorisce
quel clima di profondo malessere che attraversa tutto il
mondo politico e che sta montando anche nel Popolo della
Libertà, tanto da costringere Berlusconi a reiterate
condanne di ogni ipotesi che veda il formarsi di correnti
o di altro analogo raggruppamento.
Sullo sfondo una "questione morale" che non può
essere a lungo occultata, se ministri ed altri uomini di
governo o dirigenti dell'Amministrazione sono inquisiti o
sospettati di illeciti o di compiacenti omissioni di
controlli.
26 giugno 2010
E due! Dopo Sergio
Santoro, se ne va anche Sergio Gallo,
Capo di gabinetto del
Sindaco Alemanno
di Marco Aurelio
"Improvvise e
impreviste situazioni familiari" sono la giustificazione
dell'abbandono di Sergio Gallo, magistrato ordinario, Capo
di gabinetto del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Il
quale prende atto "con dispiacere della sopravvenuta
situazione" e ringrazia il suo ex collaboratore "in modo
non formale".
Gallo rientra in
magistratura, come Sergio Santoro, Presidente di Sezione
del Consiglio di Stato, che lo aveva preceduto nel
delicato incarico, tra l'altro con una remunerazione assai
buona. Che il Corriere della Sera ha indicato in
298 mila euro.
Che due magistrati
lascino il prestigioso incarico fa riflettere. Il primo,
Santoro, ha una vasta esperienza di magistrato
amministrativo, ottimo conoscitore degli apparati dello
Stato e degli enti locali, una vasta esperienza di
collaborazione ministeriale in vari settori. Gallo non ha
la stessa esperienza. Era giudice civile. Entrambi sono
uomini di legge, abituati ad applicarla ed a pretendere
che sia seguita.
Cosa li ha indotti
a mollare un incarico di grande prestigio e ben
retribuito? Un'esigenza personale è la versione ufficiale
e non vi sono motivi per dubitare che sia così. Tuttavia
la coincidenza è certamente singolare per cui il
Corriere della Sera di oggi (a pagina 2 della Cronaca
di Roma), a proposito delle dimissioni di Gallo, azzarda:
"sembra che all'origine della decisione ci sia stata
qualche incomprensione col sindaco sui tempi delle
decisioni, a cominciare dalla sanatoria sulle piscine".
Che la stessa cosa
sia accaduta con Sergio Santoro?
Certo che non è da
tutti abbandonare una poltrona prestigiosa, accanto ad un
politico giovane e rampante, che aspira ad un ruolo di
primo piano nel dopo Berlusconi, se non c'è un motivo
serio, un'incomprensione non superabile.
Resta, dunque, il
dubbio che l'azzardo del Corriere possa essere
verosimile, che effettivamente tra il politico e il
tecnico ci sia stata qualche contrasto, che a questo punto
deve ritenersi grave, su alcune decisioni da assumere.
Certamente delle
dimissioni di Gallo si tornerà a parlare ed è probabile
che si ricerchino i motivi per i quali, a breve distanza
dell'insediamento del Sindaco che ha prevalso su Rutelli,
anche Sergio Santoro preferì lasciare il Palazzo del
Campidoglio e tornare al Consiglio di Stato.
23 giugno 2010
L'iniziativa del Sindaco
di Roma
La Guardia di Finanza
negli asili,
per far pagare di più a
chi più può
di Senator
L'idea sembra
appropriata. Il Sindaco Alemanno alla disperata ricerca di
mezzi per far cassa dopo la disastrosa esperienza delle
giunte di Centrosinistra e dopo gli errori iniziali dello
stesso Sindaco (strisce blu a pagamento e bianche senza
controlli), che tra l'altro hanno privato la comunità
romana di somme legislativamente destinate ai parcheggi ed
alla segnaletica, pensa, così dicono i giornali di oggi
(E-Polis, a pagina 15) di fare un accordo con la Guardia
di Finanza "per setacciare i i redditi delle famiglie che
iscrivono i bambini al nido per accelerare la lotta
all'abusivismo". "Darà di più chi ha più possibilità, dice
il Sindaco.
La questione non è
chiara per cui tento alcune ipotesi e considerazioni.
Sembrerebbe diretta
a coloro i quali iscrivono i figli negli asili comunali.
In questo caso il reddito effettivo della famiglia
dovrebbe servire a permettere di formare la graduatoria
nel senso di dare la precedenza a chi ha redditi
inferiori. Per cui se è evidente e giusta l'idea di
adottare misure che accertino i redditi effettivi, in modo
da evitare l'ingiustizia di chi dolosamente esponga un
reddito inferiore, non si comprende che senso abbia dire
pagherà di più chi più ha perché chi è in questa
condizione non dovrebbe entrare in graduatoria.
L'idea del Sindaco
va, dunque, meglio spiegata. E certamente lo farà, anche
perché l'opposizione ha subito parlato di una "vera e
propria stangata per i romani".
L'occasione induce,
invece, a considerare la necessità di valutare - ma questo
è compito del Ministro Tremonti - la possibilità di
attuare una deduzione dei costi che le famiglie sostengono
per i figli. In parte, ovviamente, considerate le
condizioni della finanza pubblica. Ma è evidente che se la
retta di un asilo privato è, ad esempio, di 700 euro
mensile il fisco che consentisse di dedurre anche solo il
10 per cento (70 euro) sarebbe in condizione di
individuare la somma che l'asilo percepisce e non potrebbe
non esporre nel bilancio e nella dichiarazione dei
redditi. Infatti il 10 per cento, come qualunque altra
percentuale, individua il totale, l'effettiva somma
incassata dal percettore.
E' questo il
segreto del fisco moderno e civile. Far emergere,
attraverso la generalizzata deduzione di tutto o di parte
dei redditi trasferiti le somme da tassare. Ma da questo
orecchio il Ministro Tremonti non ci sente. Si sente dire
che si perderebbe gettito. E' una solenne sciocchezza,
considerata la flessibilità del sistema tributario e la
possibilità di determinare anno dopo anno la misura delle
deduzioni come delle detrazioni.
Quando diventeremo
un paese civile?
21 giugno 2010
Dopo la partita
Italia-Nuova Zelanda giudicata "sulla carta" facile
E' sempre sbagliato
sottovalutare gli avversari
di Salvatore Sfrecola
Abbiamo sofferto,
tutti, ieri pomeriggio durante la partita Italia - Nuova
Zelanda, che tutti i giornali avevano ritenuto "sulla
carta" facile.
Invece abbiamo
sofferto e molto, anche per aver sottovalutato
l'avversario e per aver messo in campo una squadra
inadeguata. Lippi ha ripetuto più volte nell'intervista
televisiva del dopo partita che i neozelandesi erano alti
due metri. Che fossero cresciuti nella notte? Suvvia è la
solita spocchia nostra e del CT, in particolare, che dopo
l'incontro con il Paraguay ebbe a dire, parola più o
parola meno, che la squadra sudamericana si era impegnata
molto a contenere i nostri!
Ma dov'era Lippi?
E poi che senso ha
minimizzare il valore dei nostri avversari? Svilisce anche
il senso di una nostra eventuale vittoria. Se gli
avversari valgono poco lo stesso successo vale poco.
Mi ricorda la
stupida denigrazione che al tempo del Fascismo si faceva
dell'esercito inglese. Mussolini disse che era l'ultimo
del mondo. Affermazione quanto mai azzardata considerato
che per secoli i soldati con la bandiera dell'Union Jack
hanno combattuto in tutti i continenti.
Affermazione
azzardata, quella del Duce, che però consentì a Churchill,
a guerra finita, di annunciare alla Camera dei comuni che
l'ultimo esercito del mondo aveva battuto il penultimo.
Sciocchezze
italiche!
21 giugno 2010
In margine
all'editoriale di Gian Antonio Stella
Autocertificazione sì,
ma con controlli adeguati
di Senator
Quando ho scritto
il mio pezzo sulle preannunciate semplificazioni cin
materia di apertura di un'impresa, all'alba di questa
mattina, non avevo ancora letto il Corriere della Sera
che si apre con un bell'editoriale di Gian Antonio
Stella dal titolo emblematico "Autocertificati (e
responsabili)".
Fustigatore dei
costumi della "casta" e della "cricca", severo censore
delle malefatte della burocrazia Stella esordisce con un
"Dio benedica l'autocertificazione". Convinto che Dio non
debba essere nominato "invano" , tuttavia condivido il
peana alla semplificazione, come l'ho condiviso quando
l'Amministrazione pubblica ha cominciato ad accettare
dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà per
abbattere la carta dei certificati ed i tempi lunghi delle
pratiche che ne prendevano atto. Poi, però, è emerso che
molti profittavano della diffusa convinzione,
sperimentalmente verificata, che i controlli non arrivano
sempre, Conosco il caso di un falso medico, condannato
dalla Corte dei conti, il quale prestava servizio presso
un ospedale napoletano avendo attestato di essere laureato
in medicina e chirurgia. Periodicamente la direzione
amministrativa gli chiedeva il certificato la laurea e
l'iscrizione all'ordine. Lui faceva finta di niente e così
per molto tempo l'ha fatta franca. Poi è cambiato il
direttore sanitario. Il nuovo ha reiterato la richiesta ma
stavolta, non ricevendo risposta, si è rivolto
all'università ed all'Ordine dei medici. L'una non aveva
mai laureato quel signore che, ovviamente, l'Ordine dei
medici non aveva mai iscritto.
Accadeva a Napoli
qualche anno fa. Ed oggi Stella racconta episodi che
dimostrano che in fatto di truffe da autocertificazione,
ove più ove meno, l'Italia è una, in barba al federalismo
della Lega. Cronache, come scrive, che "fanno
rizzare i capelli".
Seicentosei
studenti della Sapienza smascherati (su un campione di
soli 4000) perché si dichiaravano poveri rubando le borse
di studio ai poveri veri. Settantatré palazzine abusive a
Casalnuovo vendute dal notaio in base a
un’autocertificazione falsa secondo cui tutto era a posto
per il condono. Cento per cento dei posti in graduatoria
nelle «materne» dell’Agrigentino assegnati grazie alla
legge 104 e ai documenti di maestre che giuravano di
assistere parenti invalidi”.
E,
ancora, migliaia di “buoni-bebè” (solo a Voghera erano
truffaldine 354 pratiche su 430) distribuiti a immigrati
“finti italiani”. Poi decine di migliaia di finti
nullatenenti dalla Val d’Aosta alla Calabria esenti dal
ticket sanitario e viua dicendo, dall’Alpi al Lilibeo,
l’Italia dell’autocertificazione è a rischio.
Occorre procedere comunque sulla strada della
semplificazione. Ma occorrono pene severe per chi
imbroglia, senza che abbia la sensazione di condoni
all’orizzonte.
Infine, massima severità anche all’interno, per evitare
che in sede di controlli i soliti impiegati disonesti, che
non mancano mai anche nelle migliori amministrazioni,
taglieggino coloro che, magari in buona fede, qualche
imprecisione l’hanno denunciata nell’autocertificazione,
Vediamo
se questo riesce a diventare un Paese normale e civile.
20 giugno 2010
Un antico
problema "scoperto"
soltanto adesso
Meno burocrazia per aprire
un'impresa,
evitando il far west
selvaggio
di Senator
Necessarie da anni,
certamente da quando il Presidente imprenditore è entrato
in politica, nel 1994, delle esigenze di semplificazione
degli adempimenti per avviare un'impresa non se ne era
parlato mai a livello di governo. Viene adesso
prepotentemente alla ribalta mentre le imprese chiudono un
po' dappertutto in Italia sotto i colpi della crisi
economica. Ottima iniziativa certamente, come sottolineato
anche dal Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi,
che ha denunciato "troppi ostacoli". "Una regolamentazione
eccessiva o di cattiva qualità costituisce per le imprese
un fattore di ostacolo alla concorrenza", Più esattamente
una regolamentazione "inefficiente e costosa", sicché,
riprendendo una valutazione della Banca Mondiale osserva
come "non sia facile fare impresa in Italia".
Bene, anzi
benissimo. Si doveva fare prima ma il Presidente
imprenditore, che questi problemi dovrebbe conoscere in
ragione della sue esperienza professionale, non se ne era
dato carico fino ad oggi.
Che sia un ennesimo
annuncio? Considerato il gran polverone che si va facendo,
innanzitutto coinvolgendo nell'iniziativa la riforma degli
articoli 41 e 118 della Costituzione in termini non ben
definiti e della quale comunque non si comprende bene la
motivazione. Soprattutto non si comprende perché si voglia
modificare l'articolo 41 che si apre con una affermazione
solenne: "L'iniziativa economica privata è libera", come
pretesa alla non ingerenza del potere politico nei
rapporti di produzione e di scambio. Una formula che
addirittura richiama l'inglese Magna Charta libertatum
del 1215, che garantisce a tutti i mercanti la
possibilità di circolare liberamente "sia per terra che
per acqua, per comprare e per vendere, secondo le antiche
e buone consuetudini".
L'articolo 41
prosegue (comma 2) affermando che (l'iniziativa economica
privata) "non può svolgersi in contrasto con l'utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana".. Fin qui credo che né
Berlusconi né Tremonti abbiano nulla da dire.
Al terzo comma sta
scritto che "la legge determina i programmi e i controlli
opportuni perché* l'attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali". E
qui, probabilmente, sta la scusa della preannunciata
proposta di revisione costituzionale perché questa norma
"programmatica" che prevede l'eventuale attribuzione dal
legislatore alla pubblica amministrazione di una verifica
della regolamentazione del numero e della localizzazione
degli esercizi commerciali (ad esempio, le farmacie, i
supermercati) o delle caratteristiche dei locali allo
scopo adibiti sotto il profilo della sicurezza e
dell'igiene è evidentemente una scusa per mascherare le
difficoltà non valutate e giustificare l'eventuale
fallimento dell'iniziativa. Perché è facilmente
immaginabile cosa accadrebbe se, in sede di verifica
successiva, l'autorità pubblica accertasse che
l'autocertificazione, ad esempio sulla sicurezza dei
locali e dell'igiene, non fosse rispondete alla realtà, Si
applicherebbe rigidamente la legge o farebbe capolino
l'ennesimo condono?
Che non sia
questione semplice lo dimostra la difficoltà che lo schema
normativo ha incontrato in Consiglio dei Ministri, con le
riserve di Brunetta, Calderoli, Ronchi, Bossi e Frattini.
Di quest'ultimo, soprattutto, che pur essendo Ministro
degli affari esteri, lontano, quindi, dalla materia
ratione officii, è un giurista di valore al quale non
possono sfuggire che non esistono reali ostacoli da parte
dell'articolo 41 alla semplificazione della disciplina
normativa per l'avvio di un'impresa.
Si parla meno della
riforma dell'articolo 118 della Costituzione e non se ne
comprendono ancora oggi le ragioni, atteso che la riforma
del 2001 ha delineato l'esercizio delle funzioni
amministrative tra i vari enti che compongono la
Repubblica, comuni, città metropolitane, province, regioni
e Stato, con l'affermazione del principio della
sussidiarietà, verticale (da un ente all'altro, partendo
da quello più vicino al cittadino) e orizzontale (con
attribuzione al cittadino ed alle associazioni nelle quali
opera a fini sociali di svolgere funzioni proprie dei
comuni).
Forse verranno
chiarimenti più avanti. O forse si voleva pensare
all'articolo 117 che ripartisce le competenze legislative
tra Stato e Regioni, sia per i casi di legislazione
esclusiva che di quella "concorrente". Nel 117, infatti,
stanno le attribuzioni regionali in materia di commercio.
Ci auguriamo
veramente che lacci e lacciuoli siano eliminati per le
imprese. Evitando tuttavia il far west selvaggio
che sta dietro l'angolo di ogni liberalizzazione, in
assenza di una burocrazia efficiente ed autorevole che
faccia rispettare le regole, sia pure ex posto.
20 giugno 2010
Un forte richiamo alla
responsabilità delle istituzioni
Cambiano i vertici di
Corte dei conti e Consiglio di Stato
di Salvatore Sfrecola
Momento delicato per
le istituzioni della Repubblica troppo spesso coinvolte in
polemiche politiche che, in realtà, non le riguardano e
oggetto di aggressioni scomposte di chi non ne riconosce
il ruolo per essere fuori della logica istituzionale e
democratica sulla quale si fonda la nostra Costituzione.
Da un lato i
magistrati costretti a scioperare contro voglia, nella
consapevolezza che gli uomini e le donne che incarnano un
potere dello Stato, il potere giurisdizionale,
l'espressione più alta del vivere civile, entrano in rotta
di collisione con un altro potere dello Stato, il Governo,
ripetutamente impegnato non a facilitarne il delicatissimo
lavoro ma ad ostacolarlo, come nel caso della guerra alle
intercettazioni telefoniche e ambientali in una corsa
contro il tempo perché non emergano le malefatte della
"Cricca". Da ultimo con una sforbiciata alle retribuzioni
che ad una categoria la quale non contratta gli stipendi,
perché stabiliti per legge, vede nella diminuzione di un
trattamento economico di gran lunga inferiore a quello dei
dirigenti statali e regionali una lesione grave della
propria indipendenza.
Lo scontro è duro
perché la maggioranza ha messo in campo i mezzi di
comunicazione di cui ampiamente, quasi monopolisticamente,
dispone, a cominciare dai giornali amici o "di famiglia",
dove scrivono giornalisti e pennivendoli che in fatto di
retribuzioni e benefici vari stanno molte spanne avanti al
titolare del maggior stipendio della magistratura.
Intanto continua
l'attacco alla Consulta di chi è intollerante dei
controlli di costituzionalità sulle leggi.
Altre situazioni
maturano nel mondo della Giustizia. Tra il primo e il
cinque di luglio lasciano la toga i Presidenti della Corte
dei conti e del Consiglio di Stato, due Istituzioni
essenziali nel buon funzionamento dello Stato, la prima
per la funzione di controllo "sugli atti del governo", con
compito di riferire al Parlamento "sul risultato del
riscontro eseguito" (art. 100, comma 2, Cost.), la seconda
"organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela
della giustizia nell'amministrazione" (art. 100, comma 1,
Cost.). Cose non di poco conto!
Entrambe le
Istituzioni sono anche titolari di funzioni
giurisdizionali, la Corte dei conti nelle materie di
contabilità pubblica, per cui giudica sui conti di chi
gestisce denaro pubblico e sulle responsabilità per danno
all'Erario, il Consiglio di Stato giudice d'appello nella
materia della Giustizia Amministrativa, laddove si
verifica la legittimità dell'operato delle pubbliche
amministrazioni, ad esempio in sede di aggiudicazione
degli appalti. E Dio sa se non è un ruolo importante, come
attestano le indiscrezioni giornalistiche, anche di fonte
giudiziaria, sulle avventure della "Casta" e sugli
imbrogli della "Cricca".
Ebbene, alla
vigilia della nomina del successore di Tullio Lazzaro, il
Presidente della Corte dei conti, e di Paolo Salvatore, il
Presidente del Consiglio di Stato, non vi è certezza sulla
procedura che il Governo intenderebbe seguire, considerato
che entrambi i Presidenti saranno nominati con decreto del
Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, "sentito il Consiglio di
Presidenza", cioè l'organo di autogoverno delle due
magistrature.
La formula della
legge, impostata nel senso che il Governo acquisirebbe il
parere su una sua proposta è stata sempre interpretata
come una designazione dei Consigli di Presidenza, per
evidente rispetto dell'autonomia delle due magistrature e
perché non sembri che l'esecutivo si nomina il suo
controllore e il suo consulente che sono anche giudici
della responsabilità degli amministratori pubblici e della
legittimità dei loro atti.
Così è stato da
tempo per il Consiglio di Stato, più di recente per la
Corte dei conti. La Presidenza del Consiglio scrive una
letterina di due righe nella quale chiede un nome, ai fini
della successiva deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Così sembra sia
stato fatto nei giorni scorsi per il Consiglio di Stato,
anche se nessuna deliberazione è stata assunta dal
Consiglio di Presidenza in vista della scadenza del 5
luglio (collocamento a riposo del Presidente Paolo
Salvatore).
Non è accaduto per
la Corte dei conti, nonostante il Presidente Tullio
Lazzaro sia collocato a riposo dal 1° luglio.
Il ritardo ha messo
in stato di allerta l'Associazione Magistrati della Corte
dei conti, anche perché sembra aver ripreso corpo la voce
che il Governo chiederebbe non già una designazione secca
ma una "terna" di nomi tra i quali scegliere.
La diversità di
trattamento, ove fosse confermata, non farebbe onore al
Governo che potrebbe essere accusato di minare
l'indipendenza della Corte dei conti, il suo controllore,
e del Consiglio di Presidenza. Per cui la Giunta
dell’Associazione dei Magistrati contabili è stata
convocata "d’urgenza" per oggi "per esaminare le
iniziative di contrasto da adottare nel caso siano
confermate le voci nuovamente ricorrenti di richiesta da
parte del Governo al Consiglio di Presidenza della Corte
di una rosa di candidati entro la quale il Governo
medesimo dovrebbe poi effettuare la scelta del Presidente
della Corte".
La Giunta ricorda
di aver già "preso atto che il procedimento per la nomina
del nuovo Presidente del Consiglio di Stato è prossimo
alla conclusione pur mancando quasi un mese dalla scadenza
dell’attuale vertice. Al contrario, malgrado l’assoluta
identità del quadro normativo che disciplina le procedure
in questione e ad appena dieci giorni dalla vacanza
dell’analoga posizione per la Corte dei conti, la relativa
procedura non è neppure iniziata". E sottolinea come "già
l’anomalo differimento" evidenzi "una ben diversa
attenzione del Governo nei confronti dell’organo di
consulenza (oltre che di giustizia amministrativa)
rispetto a quella manifestata all’organo di controllo,
oltre che di giurisdizione di responsabilità". Segnalando
come "le rinnovate voci di richiesta da parte del Governo
di un’indicazione di più nomi, che non consentirebbe
un’effettiva tutela dell’autonomia dell’Istituto, destano
vivissimo allarme nei magistrati contabili".
Al riguardo in un
comunicato la Giunta ricorda come "il Consiglio direttivo
unanime aveva a suo tempo rilevato (seduta del 4 maggio)
che tale procedura “contrasterebbe con il ricordato quadro
normativo di riferimento, costituirebbe un anomalo
precedente e lascerebbe al Governo la sostanziale scelta
della nomina del Presidente della Corte, così vanificando
l’effettivo apporto decisionale da parte del Consiglio di
presidenza della Corte stessa”.
La Giunta
preannuncia un appello al Presidente della Repubblica
"perché voglia esercitare il suo ruolo di garante
dell’indipendenza e dell’autonomia di tutte e di ciascuna
Magistratura". Ugualmente saranno sensibilizzati anche i
Presidenti dei due rami del Parlamento.
Fin qui la notizia.
Mi auguro che il Governo, che ha già altre gatte da
pelare, con molti dei suoi componenti coinvolti, i giudici
diranno poi come e in quale misura, nella cronaca di
affarucci che se accertati dimostrerebbero che non si è
servito lo Stato ma ci si è serviti dello Stato, non
voglia usare la prepotenza nei confronti dell'organo di
controllo, al quale in altri tempi, nell'Italia liberale,
nel 1862, un Ministro del Re, Quintino Sella,
nell'inaugurare a Torino il 1° di ottobre la Corte dei
conti “il primo Magistrato civile che estende la sua
giurisdizione in tutto il Regno”, manifestava altissimo
senso dello Stato e rispetto dell'Istituzione. "Altissime
sono le attribuzioni che la legge a voi confida. La
fortuna pubblica è commessa alle vostre cure. Della
ricchezza dello Stato, di questo nerbo capitale della
forza e della potenza di un paese voi siete creati
tutori".
"A vostro compito
il vegliare a che il Potere esecutivo non mai violi la
legge; ed ove un fatto avvenga il quale al vostro alto
discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il
darne contezza al Parlamento. Delicatissimo ed arduo
incarico, tanto che a taluno pareva pericolo l'affidarlo a
Magistrati cui la legge accorda la massima guarentigia
d'indipendenza, cioè la inamovibilità. Questo timore non
ebbi, no, o Signori, e non esitai a propugnare per voi
così delicate attribuzionì, ed il feci perché ho fede
illimitata nel senno civile degli Italiani, come
sopratutto in un regime di piena libertà e di completa
pubblicità; regime che agli Italiani, certo quanto ad ogni
altro popolo civilissimo meravigliosamente conviensi. Il
feci per la fiducia che avevo negli illustri personaggi
che il Governo intendeva chiamare dalle varie Provincie
del Regno a questa Corte, sotto la guida di un venerando
uomo di Stato che da ormai undici lustri rende servigi
eminenti alla patria, ben degno che l'ufficio nobilmente
tenuto nel Regno di Sardegna, il conducesse a quello di
presiedere la Corte dei conti del Regno d'Italia. Così
composta la Corte, io ero certo che sarebbesi mirabilmente
conciliata l'osservanza della legge con la prudenza che in
momenti difficili potrebbe tarpare indispensabile. Né
dubitai che i miei successori avrebbero sempre chiamati
tra voi uomini tali che non verrebbero meno alle virtù ed
al patriottismo che v'illustra. A voi spetta quindi il
tutelare la pubblica fortuna, il curare la osservanza
della legge per parte di chi le debbe maggior riverenza,
cioè del Potere esecutivo, senza che abbia a menomare
quella energia e prontezza di esecuzione che in alcuni
momenti decide dell'avvenire di un paese. Voi adempirete
il vostro mandato in guisa che dalla istituzione di questa
Corte l'Italia tragga i più lieti auspici per la sua unità
amministrativa e legislativa".
Un po'
di enfasi, un po' di retorica, ma di un uomo che ha
dimostrato con i fatti di credere nello Stato e nelle sue
leggi, che rivolgendosi ai magistrati della Corte dei
conti ne sottolinea l'indipendenza e li invita a
controllare il governo e riferire al Parlamento "in un
regime di piena libertà e di completa pubblicità". Né
dubitava che i suoi successori avrebbero nominato
magistrati
della Corte tra gente capace di rendere "servigi eminenti
alla patria".
Che differenza tra
l'Italia liberale di Quintino Sella, colui che, divenuto
Ministro delle finanze, fece uscire dagli appalti pubblici
le imprese "di famiglia", e quanti, tra un affaruccio e
l'altro, oggi evocano ad ogni occasione lo "spirito
liberale". Senza pudore.
18 giugno 2010
Benedetto XVI: l'economia rispetti la dignità dell'uomo
''La liberazione dalle ideologie totalitarie non è
stata utilizzata unilateralmente per il solo progresso
economico a detrimento di uno sviluppo
più umano che rispetti la dignità e la nobiltà
dell'uomo?''. E' quanto si è chiesto il papa incontrando
ieri i partecipanti alla 45.ma riunione comune della Banca
di Sviluppo del Consiglio d'Europa, ricevuti stamani in
Vaticano.
Di fronte alla crisi economica, ha poi esortato
Benedetto XVI, bisogna ripartire dai valori cristiani,
vero motore per un autentico sviluppo anche del Vecchio
Continente. Attualmente, ha proseguito il Pontefice -
riferisce l'Agenzia ASCA - l'Europa e il mondo
attraversano un momento di grave crisi economica. Ma, ha
avvertito, non bisogna valutare questa situazione solo
attraverso un'analisi strettamente finanziaria. Citando
l'enciclica 'Caritas in Veritate', il Pontefice ha messo
in evidenza che la relazione tra carità e verità e' ''una
forza dinamica che rigenera l'insieme dei legami
interpersonali'' per orientare la vita economica e
finanziaria ''al servizio dell'uomo e della sua dignità'''.
''Marginalizzare il Cristianesimo, anche attraverso
l'esclusione dei simboli che lo manifestano - è stato il
suo richiamo - contribuirebbe ad amputare il nostro
continente della sua origine fondamentale che lo nutre
instancabilmente e che contribuisce alla sua vera
identità'''.
''Effettivamente - ha detto il Papa - il
Cristianesimo è la fonte dei valori spirituali e morali
che sono patrimonio comune dei popoli europei''.
13 giugno 2010
La denuncia della Federazione Nazionale
della Stampa
Con il ddl sulle
intercettazioni
limitate la
libertà di stampa e il diritto di cronaca
(ASCA) -''La rigorosa analisi sui contenuti e gli
effetti del disegno di legge sulle intercettazioni, che è
apparsa ieri ed oggi su tutti i giornali dopo
l'approvazione in seconda lettura nell'aula del Senato, ha
mostrato a tutti i cittadini con lampante evidenza quali
disastrose conseguenze si avrebbero, se quel testo fosse
approvato definitivamente, sulla libertà di stampa e sul
diritto di cronaca''.
E' quanto sottolinea il sindacato dei giornalisti
indicando che ''la rivolta morale che in queste ore ha
coinvolto tutta la categoria, senza distinzione di ruoli e
di appartenenze politiche, è la visibile dimostrazione che
occorre impedire che queste funeste previsioni diventino
leggi dello Stato e che possano intaccare le basi
fondamentali della convivenza democratica''.
Anche per questo è necessario ''mantenere vivo il
dibattito e alta la tensione e per questo invitiamo tutti
i giornali e i direttori a garantire con costanza nei
prossimi giorni l'informazione sull'iter parlamentare, sui
contenuti del provvedimento e le conseguenze che si
potrebbero riverberare sui diritti di tutta la
collettività. In queste ore i giornali devono costruire un
collegamento profondo con i cittadini ed evidenziare che i
diritti, che questo disegno di legge tende a cancellare,
non sono diritti corporativi di una categoria ma diritti
dei cittadini''.
13 giugno 2010
Il disegno di legge sulle intercettazioni
Una pagina buia "per la nostra politica legislativa
in materia di giustizia"
di Iudex
E' la frase con la quale
Vittorio Grevi, noto processualista e firma tra le più
prestigiose del Corriere della Sera,
avvia nel fondo di oggi una riflessione a tutto campo in
tema di intercettazioni, dopo l'approvazione del disegno
di legge in Senato. "Scelte
preoccupanti", è il titolo del fondo, che non critica
solo il "metodo", ossia l'abusato ricorso al voto di
fiducia per stroncare il dibattito parlamentare ed
indirizzare la scelta secondo le indicazioni del
Cavaliere, ma soprattutto il "merito" della nuova
normativa che passa all'esame della Camera dei deputati.
Le preoccupazioni sono per
la libertà di informazione, fortemente compressa con
riguardo ai risultati delle intercettazioni, anche se non
più coperti da segreto, quindi, osserva Grevi, "anche se
concernenti fatti o circostanze direttamente rilevanti per
le indagini".
Un divieto "eccessivo ed ingiustificato",
come eccessive ed ingiustificate sono le sanzioni penali
previste a carico dei giornalisti nel caso di violazione
del divieto, nonché quelle a carico degli editori.
Ciò che preoccupa è la scarsa considerazione per
l'interesse pubblico alla repressione dei reati, che è
interesse primario della comunità nazionale. I presupposti
per il ricorso alle intercettazioni, infatti, si
rinvengono nelle modifiche all'articolo
267 del codice di procedura
penale laddove si richiede la sussistenza di "gravi indizi
di reato", cioè di una consapevolezza rispetto alla quale
l'intercettazione appare un accessorio non determinante.
Inoltre "nei
casi di intercettazione di conversazioni o comunicazioni
telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, le
utenze sono intestate o effettivamente e attualmente in
uso a soggetti indagati ovvero sono intestate o
effettivamente e attualmente in uso a soggetti diversi
che, sulla base di specifici atti di indagine, risultano a
conoscenza dei fatti per i quali si procede e sussistono
concreti elementi per ritenere che le relative
conversazioni o comunicazioni siano attinenti ai medesimi
fatti".
E' evidente che la
legge detta condizioni per limitare fortemente l'uso delle
intercettazioni, per renderle spesso addirittura
impraticabili in casi quali la corruzione e la pedofilia
nei quali la ricerca dei collegamenti illeciti esige
un'indagine a tutto campo.
Anche
la disciplina della durata delle intercettazioni, fissato
in 75 giorni cozza contro l'esperienza la quale dimostra
che per i reati per l'accertamento dei quali le
intercettazioni sono essenziali (mafia, camorra, ndragheta,
concussione, corruzione, sequestro di persona, pedofilia)
si richiedono lunghe verifiche. Sintomatica la disciplina
dell'eventuale proroga alla quale eccezionalmente il
pubblico ministero potrà ricorrere attraverso un complesso
meccanismo di provvedimenti motivati in via autonoma,
reiterabili di 3 giorni in 3 giorni, da sottoporsi a
convalida entro altri 3 giorni da parte del tribunale
distrettuale collegiale. Una procedura defatigante, spesso
impraticabile anche per le difficoltà organizzative
derivanti dalla competenza del tribunale.
Un bavaglio per la
stampa, dunque, e un impaccio per la giustizia. Ciò che si
voleva, che voleva la maggioranza, che voleva il Cavaliere
che, comprendendo l'impopolarità della normativa, ha già
detto che non è quanto desiderava, insistendo sulla difesa
della riservatezza, diritto sacrosanto, naturalmente, che
va messo a confronto con gli interessi generali alla
repressione dei reati.
Infine, va detto che
gli italiani, ai quali il Cavaliere fa intendere che d'ora
in poi non saranno saranno più spiati, non avevano nessuna
preoccupazione in tal senso, convinti, giustamente, che a
temerle erano e sono soltanto le persone che commettono
reati, quelli che tutti vorrebbero volentieri dietro le
sbarre.
Si tratta, dunque, di
una legge contro l'informazione e la giustizia che, con la
scusa, evidentemente infondata, di difendere la
riservatezza dei cittadini, in realtà protegge il
malaffare di pochi.
Sintomatico
l'atteggiamento di Berlusconi fin dal primo annuncio
dell'iniziativa, quando, parlando ai giovani industriali,
enunciò le regole minacciando la galera a destra ed a
manca e riscuotendo applausi scroscianti (compresi quelli
dei concussi e dei corruttori).
"Senso dello Stato
zero" si potrebbe ripetere con Gianfranco Fini che adesso
si trova la patata bollente a Montecitorio, sotto tiro
dell'opposizione e i mal di pancia di molti della
maggioranza.
Da ultimo va detto
che l'unico effetto sarà quello negativo sulle indagini,
mentre la stampa aggirerà alla grande i divieti. Le
intercettazioni saranno pubblicate da giornali e da siti
esteri. Se i nostri le riprenderanno saranno sanzionati?
C'è da dubitarne. Intanto concussori e corruttori staranno
tranquilli. Applauso continua!
11 giugno 2010
Il ddl sulle
intercettazioni
Fini: lo strappo non ci
sarà
di Senator
Alla fine, dunque,
Fini non rompe con il Cavaliere sul disegno di legge che
disciplina le intercettazioni, un testo che scontenta
molti dai magistrati ai giornalisti, ai cittadini perbene,
quelli che vogliono che i reati siano accertati e puniti.
"La
rinuncia allo strappo" titola oggi Pierluigi Battista
nell'editoriale del Corriere della Sera nel quale
spiega perché il Presidente della Camera, già leader di
Alleanza Nazionale non rompe con il Premier.
Lo "strappo" di
Gianfranco
Fini dunque "non è all’ordine del giorno", scrive
Battista, e si chiede perché "la sfida spettacolare
lanciata del presidente della Camera in diretta tv
nell’aprile scorso non sfocia in una separazione con il
premier Berlusconi".
E' lo stesso
Berlusconi, a mio giudizio, che ha disinnescato la mina e
spento la miccia, quando ha apertamente affermato che il
disegno di legge è molto lontano da quello che lui avrebbe
voluto.
Questa
insoddisfazione del Premier giustifica la rinuncia di Fini
a dare battaglia alla Camera. "Non dobbiamo stravincere" è
una sua ricorrente affermazione. Sa che per vincere fino
in fondo deve mettere in conto una rottura definitiva
dalle conseguenze imprevedibili. Non ci sono leader
alternativi nel centrodestra, l'opposizione offre
quotidianamente una patetica espressione d'impotenza. Il
confronto Tremonti Bersani ad AnnoZero ha avuto
tratti di comicità ed altri di deprimente obnubilazione.
Sembravano due amici al bar al decimo bicchierino. Incerti
nelle reciproche accuse essendo evidente che l'una e
l'altra maggioranza sono state inadeguate rispetto alla
lotta all'evasione fiscale ed agli sprechi.
Si è visto un
duello a base di accuse, neppure tanto velate, su manovre
finanziarie e privatizzazioni che hanno arricchito gli
industriali "di riferimento".
In queste
condizioni Fini non può rischiare di essere estromesso
dalla maggioranza, anche se sono evidenti, giorno dopo
giorno, le difficoltà del Cavaliere in calo di popolarità
e di potere, eroso dall'incertezza dell'agire, dalla
inadeguatezza della manovra economica che è solo una
"pezza" messa lì perché qualcosa si doveva fare
perché-lo-dice-l'Europa.
Le difficoltà del
Cavaliere muovono i vari Maramaldi, gente che lo ha
osannato prosternandosi e che oggi che lo vede ferito
dalle banderillas dell'economia e dell'informazione
sarebbe tentata all'affondo, ad uccidere l'uomo se non
morto gravemente ferito.
Tremonti, Fini e
Casini si presentano, secondo alcune versioni
giornalistiche, come un Trio di congiurati, meno dei
senatori che immersero le loro lame nel corpo di Cesare.
Berlusconi non è Cesare (certamente gli parrebbe poco) e
il Trio non è Bruto, ma le Idi di Marzo, sia pure fuori
stagione sono alle viste. Inevitabili, anche se è
difficile prevedere la data dell'evento.
La situazione
politica è insostenibile. Il Paese è allo sbando, la
riduzione delle risorse dell'Amministrazione manderà a
gambe all'aria molte imprese fornitrici. Pagheremo ancora
cassa integrazione quando sarebbe stato possibile una
riconversione virtuosa della spesa pubblica in funzione di
sollecitazione dell'economia e di incremento dei consumi.
Il fatto è che
l'economia è una cosa tremendamente serie e complessa. Non
è per i ragionieri.
10 giugno 2010
La liberalizzazione
delle imprese
Sconfitta la burocrazia,
a rischio la legalità
di Salvatore Sfrecola
Il Presidente del
Consiglio ha affermato, con grande enfasi, che potrà
essere costituita un'impresa presentando agli uffici
competenti una semplice autocertificazione dei requisiti
previsti dalla legge.
"Stiamo studiando con il
ministro Tremonti una misura rivoluzionaria - ha detto il
Premier -, un grande piano di liberalizzazioni a
cominciare dal rafforzamento della libertà d'impresa
prevista dalla Costituzione» per cui si prevederà "per un
arco di tempo di due o tre anni la totale
autocertificazione per le piccole e medie imprese e per
l'artigianato".
In sostanza, "si apre
un'impresa senza chiedere autorizzazioni, ex post
arrivano i controlli e se tu avrai osservato le leggi non
avrai nulla da temere".
La misura è
certamente popolare e opportuna, specialmente in periodo
di crisi economica e il Presidente comunicatore non si è
lasciato sfuggire l'occasione per un annuncio che piacerà
a molti. Il costo per le imprese e per la comunità, tra
adempimenti e tempi (il costo dei tempi, che nessuno
calcola!), oggi è troppo alto Forse le cose non andranno
così de plano, anche perché la competenza in molti
casi è delle regioni che certamente non si faranno imporre
regole dallo Stato.
L'annuncio,
comunque, merita un commento. La burocrazia con le sue
difficoltà ha reso un pessimo servizio a se stessa e alla
comunità nazionale. Ha scoraggiato gli imprenditori
onesti, ha spesso creato le condizioni per concussione e
corruzione, ma soprattutto è venuta meno al suo ruolo di
servizio ed ha danneggiato l'immagine del potere pubblico.
Quel che impiegati e funzionari dimenticano troppo spesso
è che essi sono "al servizio esclusivo della Nazione"
(art. 98 Cost.) e il loro compito è far funzionare la
struttura e suggerire alla dirigenza politica le eventuali
modifiche di leggi e decreti perché i vari procedimenti si
concludano nel minor tempo possibile. Non è stato quasi
mai così.
E adesso questa
liberalizzazione cambia radicalmente il ruolo di molti
uffici pubblici i quali non dovranno più autorizzare ma
solo controllare. Va benissimo. Sperando che non si
riproducano quei fenomeni di malcostume che hanno
offuscato l'immagine della burocrazia italiana ai vari
livelli di governo. In quanto è noto che spesso le
autocertificazioni non sono veritiere e in sede di
controllo qualche funzionario infedele potrà essere
indotto a mettere la classica "pezza" dietro compenso.
Se questo accadrà
i tanti dipendenti onesti dovranno ringraziare i colleghi
fannulloni o disonesti che hanno allungato oltre ogni
limite ragionevole le procedure, anche le più semplici.
Così offuscando l'immagine di tutti e dell'autorità
pubblica.
Infine, e per
completezza, non si vede per quale motivo è stata avanzata
da qualcuno l'ipotesi di una modifica della Costituzione,
dell'art. 41, per la precisione, una norma che si apre con
un comma veramente "liberale": "l'iniziativa economica
privata è libera", per continuare (comma 2) che "non può
svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da
arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana". Ultimo comma , il terzo, prevede che "la legge
determina i programmi e i controlli opportuni perché
l'attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali".
Alcuni principi e
una disposizione programmatica.
Cosa intende
modificare il Ministro Tremonti? Quali gli ostacoli al
buon funzionamento del sistema imprenditoriale? Non se ne
intravedono. Che sia un'iniziativa per mettere mano alla
prima parte della Costituzione, quella dei principi?
6 giugno 2010
La Manovra "anticrisi"
ne ha previsto la soppressione
In difesa dell'Istituto
Nazionale per Studi ed Esperienze di Architettura Navale (I.N.S.E.A.N.)
di Salvatore Sfrecola
Giovedì sera, ad
AnnoZero, il Ministro Tremonti ha confermato la
decisione, contenuta nel decreto-legge sulla manovra
anticrisi, di sopprimere l'Istituto Nazionale per Studi ed
Esperienze di Architettura Navale (I.N.S.E.A.N.), con
trasferimento delle competenze al Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti.
Lo ha detto
rispondendo ai dipendenti dell'Istituto intervistati
durante la trasmissione precisando che, a suo giudizio,
era logico il passaggio al Ministero delle attribuzioni
dell'Istituto e del personale. Non ha risposto neppure
alla proposta di un ricercatore che ha ipotizzato come
alternativa logica la fusione con il Consiglio Nazionale
delle Ricerche.
Il Ministro
evidentemente non sa di cosa si tratti, non se lo è fatto
spiegare. Così non ha fatto una bella figura. Come nel
caso degli enti culturali, soppressi con un colpo solo,
facendo infuriare il Ministro Bondi che non ne sapeva
niente. Nel caso di questi enti il fatto grave è che il
Ministro dell'economia aveva confezionato la norma
soppressiva e l'aveva mandata a Palazzo Chigi dove nessuno
aveva fatto ne a ne ba, come si dice. Anche lì, nella sede
del Governo, ignoranza assoluta. In tutti i sensi.
Torniamo all'I.N.S.E.A.N.
Perché me ne
occupo? E' presto detto. Come magistrato della Corte dei
conti ho controllato l'Istituto per alcuni anni ai sensi
dell'art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259, il quale
prevede, appunto, che al controllo sulla "gestione
finanziaria" degli enti ai quali lo Stato partecipa al
patrimonio si provveda mediante un magistrato della Corte
che "assiste" alle riunioni del Consiglio di
amministrazione e del collegio dei sindaci.
Ho potuto
constatare, e l'ho scritto nella relazione al Parlamento,
che l'Istituto lavora egregiamente in un settore di grande
rilievo scientifico e di importanza industriale
straordinaria, un fiore all'occhiello della ricerca
scientifica italiana in un settore, quello
dell'architettura navale e non solo che si collega ad
un'industria di notevole rilievo per l'economia italiana.
In collegamento con importanti università straniere,
svolgendo lavori commissionati perfino dalla marina degli
Stati Uniti d'America.
I compiti istituzionali dell'INSEAN,
definiti originariamente dal R.D.L. del 24 Maggio 1946, n.
530 (che ha anche conferito all'Ente la denominazione di
Istituto Nazionale per Studi ed Esperienze di Architettura
Navale), ed integrati dal decreto legislativo del 29
Settembre 1999, n. 381, sono i seguenti:
-
promozione e svolgimento di attività di ricerca teorica
e sperimentale nel campo dell'idrodinamica navale e
marittima, anche nell'ambito di programmi dell'Unione
europea e di altri organismi internazionali;
-
esecuzione delle esperienze con modelli di navi e dei
loro organi propulsivi e di governo e di tutte le altre
esperienze di idrodinamica navale e marittima che
possono essere compiute negli impianti dell'Istituto o
altrove, al fine di soddisfare le richieste dei
Ministeri vigilanti, delle altre pubbliche
amministrazioni, dell'industria cantieristica, delle
società armatoriali o di privati in genere;
-
partecipazione alle prove in mare che interessano le
materie di propria competenza; valorizzazione, sviluppo
precompetitivo e trasferimento tecnologico dei risultati
della ricerca svolta dall'Istituto;
-
collaborazione con enti ed istituzioni italiani e di
altri Paesi e con organismi sovranazionali che operano
nel campo dell'idrodinamica navale e marittima;
-
svolgimento, anche attraverso propri programmi di
assegnazione di borse di studio e di ricerca, di
attività di formazione nei corsi universitari di
dottorato di ricerca, di attività di alta formazione
postuniversitaria, di formazione permanente, continua e
ricorrente. Svolgimento, altresì, di attività di
formazione superiore non universitaria.
L'Istituto offre,
altresì, un supporto
tecnico-scientifico alle amministrazioni pubbliche su
loro richiesta.
Al di là del
significativo elenco delle attività, desunto dalla
legge, l'Istituto collabora con importanti istituzioni
estere, oltre alla Marina degli Stati Uniti d'America.
Questo evidentemente Tremonti non lo sa perché
comprenderebbe subito l'importanza. Ma pensate che la
U.S. Navy si sarebbe rivolta all'I.N.S.E.A.N. se
fosse un ente inutile e, pertanto, legittimamente
destinato alla soppressione?
E' la dimostrazione
che all'economia ed a Palazzo Chigi non sono in
condizione di decidere perché manca loro la premessa che
aveva sempre ispirato Luigi Einaudi: "conoscere per
deliberare". Oggi si delibera senza conoscere.
Speriamo che
qualcuno si vergogni.
Tra l'altro il
Ministero dell'economia, che deve annualmente un
contributo all'Istituto per garantire la continuità
delle prestazioni rispetto ai tempi delle erogazioni
della clientela, ha sempre versato in ritardo
costringendo l'ente ad indebitarsi con l'istituto
tesoriere ad un tasso superiore a quello dei B.O.T.. Un
vero affare (per la banca, naturalmente).
va detto, inoltre,
che l'Istituto, che dispone di grandi vasche nelle quali
vengono effettuate le sperimentazioni sui modelli, non
studia soltanto i modelli di navi, chiglie, eliche, ecc.
ma anche di aerei, treni e automobili in quanto il
fluido acqua consente l'acquisizione di elementi di
valutazione migliori di quelli che è possibile acquisire
nella galleria del vento, in ragione della diversa
consistenza dei due fluidi.
Ma evidentemente
tutto questo non è parso interessante a qualche oscuro
burocrate ministeriale che per servire il "suo" ministro
è andato troppo avanti ed ha fatto fare al povero
Tremonti una pessima figura.
Da ultimo, devo
dire che negli anni nei quali ho controllato l'Istituto
per conto della Corte dei conti ho potuto constatare che
il personale lavora con grande impegno ed eccezionale
professionalità guidato da dirigenti di prim'ordine con
al vertice sempre un Ammiraglio con esperienza ed
altissimo senso dello Stato (oggi l'Ammiraglio Ispettore
Capo Giano Pisi), orgogliosi di servire lo Stato in un
settore di rilevante interesse scientifico ed
industriale.
Ma questo sembra
che non conti niente. Ometto di indicare gli spiccioli
che garantirebbe la soppressione. Il Ministro
arrossirebbe.
5 giugno 2010
I magistrati e la
manovra "anticrisi"
Uno sciopero che la
gente non capisce
(spulciando dalle
lettere al Corriere della Sera)
di Salvatore Sfrecola
Ho già scritto della difficoltà di comunicazione
delle Associazioni dei magistrati le quali hanno
proclamato uno sciopero che la gente non capisce, perché è
difficile condividere una protesta che riguarda una
categoria con un discreto trattamento economico in un
momento nel quale buona parte degli italiani è chiamata a
sacrifici, Il Premier continua a dire che non ha messo le
mani nelle tasche degli italiani, infatti preferisce
evitare che entri la solita somma in quelle tasche o che
gli stessi cittadini abbiano meno servizi, a causa dei
minori trasferimenti agli enti locali.
A proposito dello stipendio dei magistrati l'ho
qualificato "discreto" e non "buono" perché rispetto ai
dipendenti dello Stato, delle Regioni e degli enti locali
con funzioni dirigenziali (con i quali va fatto il
confronto) i magistrati guadagnano di meno, molto di meno,
anche perché nella maggior parte dei casi non hanno la
possibilità di godere di guadagni extra stipendio. In
molte amministrazioni, infatti, a cominciare dal Ministero
dell'economia e delle finanze buone entrate derivano da
incarichi vari, partecipazione a Consigli di
amministrazione, collegi sindacali, ecc., che assicurano
in qualche occasione anche fine settimana ameno nelle
località dove hanno sede gli enti "controllati".
C'è anche da dire che
i magistrati sono tenuti, se vogliono fare bene il loro
lavoro, ad un continuo aggiornamento su libri e riviste.
Un costo non indifferente che non è possibile "scaricare"
in sede di dichiarazione dei redditi, come può fare
l'avvocato, un operatore della Giustizia che si confronta
giornalmente con i giudici.
Compro mensilmente
varie centinaia di euro di libri e il gestore della
libreria (specializzata in pubblicazioni giuridiche e
pertanto frequentata da Professori universitari, avvocati,
notai, magistrati) continua a chiedermi se voglio la
fattura o è sufficiente la ricevuta. Mi basta questa, non
potrei utilizzare la fattura per scaricare sia pure una
parte del costo dei libri e delle riviste.
Detto questo, ed
aggiunto che il lavoro del magistrato è duro ed impegna
anche i sabati e le domeniche, giornate ideali per
scrivere una sentenza o per definire un atto di citazione
in giudizio nel silenzio della propria abitazione, la
gente non capisce che per scrivere un atto giudiziario
corretto e dignitoso ci vogliono a volte molte ore e
spesso molti giorni, considerato il profluvio della
legislazione, spesso incomprensibile e contraddittoria, e
della giurisprudenza, E tenuto conto del fatto che la
motivazione deve dare conto approfonditamente delle
ragioni della pronuncia, soprattutto quando il
provvedimento è negativo per una parte, che deve essere
messa nella condizione di valutarlo e capire se
accettarlo, magari obtorto collo, o impugnarlo. La
chiarezza degli atti giudiziari è condizione di giustizia
e dimostrazione di civiltà giuridica.
Ecco perché i
magistrati hanno una speciale sensibilità per il loro
trattamento economico, che non consente loro di vivere nel
lusso, come taluni credono, ma assicura quell'indipendenza
che non è richiesta al dirigente pubblico obbligato a
seguire le indicazioni del Ministro, del Presidente della
regione, del Sindaco, ecc. e per questa "dipendenza" viene
compensato spesso con vari benefits, in particolare con
incarichi ben remunerati.
Nella situazione di
crisi economia in atto e nella prospettiva di un suo
aggravamento i magistrati protestano per i tagli e per le
limitazioni delle promozioni e degli aumenti periodici e
automatici (in relazione alla progressione economica delle
altre categorie di pubblici dipendenti, è bene precisare,
per cui se non ci sono aumenti contrattuali anche i
magistrati rimangono al palo) che danneggia soprattutto i
più giovani, coloro i quali, avendo lasciato spesso ottime
posizioni in altre amministrazioni o nel privato,
impegnandosi in una concorso difficile ed altamente
selettivo, si trovano a guadagnare meno di prima. Una
situazione che ognuno può considerare obiettivamente di
disagio, se non frustrante.
Tutte queste cose la
gente non le sa per cui non comprende le ragioni dello
sciopero preannunciato che, anzi, condanna duramente in
vario modo, soprattutto perché ha motivi di critica nei
confronti della giustizia, lenta, troppo lenta,
soprattutto quella civile, che rende incerto quel diritto
che spetta proprio ai giudici tutelare.
Spulciamo tra le
lettere che in proposito ha ricevuto il Corriere della
Sera, certo non un giornale eversivo, letto
prevalentemente dalla borghesia delle professioni.
Le richiamo
sottolineando i concetti più significativi.
“pensavo che avessero molto più buonsenso
questi signori, invece sono peggio dei politici
scadenti. In uno stato civile ogni cittadino si deve
sentire pilastro della società, non solo i magistrati”.
“Anche se la destra, ai tempi di Prodi, si mise di
traverso contro la sacrosanta battaglia del governo di
allora nei confronti dello strapotere dei tassisti,
l'opposizione non si comporti allo stesso modo con lo
sciopero assurdo indetto dai magistrati. Questo non perché
condivida i provvedimenti del governo Berlusconi Bossi,
che giudico ridicoli, sia per quanto riguardo gli
interventi sui lauti stipendi di magistrati e
politici, i più alti d'Europa, sia per quanto riguardo il
taglio ai partiti. Ma perché è tempo che la gente perbene
di destra e di sinistra ponga fine a questo scempio del
pubblico denaro”.
Di che ci meravigliamo ?
“Che la magistratura, potere armato del sistema pubblico,
userà tutte le armi a sua disposizione per difendere il
dominio conquistato dal sistema pubblico sul Paese che
produce e lavora?”
LA CASTA TIENE DURO
“Dalle ultime elezioni la casta magistrati non ha imparato
nulla?! Se vi ricordate poco prima del voto Berlusconi
li aveva attaccati più volte frontalmente. Il voto
alla fin fine è stato favorevole a Berlusconi e ciò può
anche apparire come un volere degli italiani affinché il
premier continui la sua offensiva antimagistratura
(politicizzata). Ma come al solito in Italia chi ha
dei privilegi non vuole più mollarli pensando
evidentemente che questi gli derivino da un diritto
divino. Se tali signori avessero accettato di fare qualche
sacrificio, visto la crisi economica attuale, forse
avrebbero riguadagnato qualche punto di credibilità di
fronte ai cittadini".
Andate a lavorare!
“Ma se sciopera chi guadagna 5.000 euro al mese (3.000 il
primo giorno di lavoro) cosa dovrebbero dire gli
insegnanti, gli impiegati, i cancellieri, ecc.? I
magistrati sono l'unica categoria che si autopromuove e
si autoassolve, la carriera è automatica a prescindere
dal merito,mai visto un magistrato pagare per i suoi
errori, a volte colossali. Per avere una sentenza di terzo
grado servono 10 anni, e i nostri sono i magistrati più
pagati d'Europa. Questo sciopero ha del grottesco”.
commentare? è come sparare sulla Croce Rossa!
“Ma come si fa a non avere il senso del ridicolo? A
parte la somma immensa in busta che questi percepiscono, e
di cui poco mi frega se non fosse che si tratta di risorse
sontuose sottratte all'amministrazione della giustizia, a
parte il monte ore che permea un'attività ormai fonte -
così come viene svolta da questi eroi - di disagio sociale
e danno economico nazionale. A parte tutto questo e altro
ancora, mi interessa quel che trasmette una presa di
posizione del genere: è gente che vive fuori dal mondo! e
nulla fa per rientrarci!!! E questo traspare in modo ormai
cristallino anche dalle sentenze: roba fuori dal mondo.
Povera giustizia”.
Ma vergognatevi magistrati
“Fossi al governo farei tagli ben più pesanti su tutte le
fasce alte di reddito della pubblica amministrazione. La
magistratura poi farebbe bene a non cercare di porsi come
vittima, per la qualità dei risultati del lavoro che
fanno, con l'enorme arretrato e i tempi scandalosi dei
processi, gli stipendi che percepiscono sono oltraggiosi.
Occorrerebbe una seria riforma che elimini il CSM e
riformi del tutto la giustizia, velocizzando i processi, e
con un organo indipendente che valuti i risultati dei
magistrati e penalizzi, fino al licenziamento, quelli
improduttivi”.
Semplicemente offensivo
“Questa levata di scudi dell'ANM mi sembra semplicemente
offensiva nei confronti delle migliaia di cittadini che
ogni mese devono tirare avanti con retribuzioni che
ammontano a molto meno di quelle dei magistrati. E questo
a maggior ragione quando si pensi che le nostre toghe
beneficiano di uno degli stipendi più alti d'Europa e che,
al contrario, la giustizia italiana, specie nel settore
civile, è una delle più elefantiache ed inefficienti del
continente. Se, oltre a questo, consideriamo i
privilegi di cui i nostri giudici e pm beneficiano (un
mese e mezzo di ferie l'anno, scatti di carriera e
stipendio automatici a prescindere dalle funzioni
effettivamente svolte, ecc.) c'è da sorprendersi non poco
del fatto che i sindacalisti della categoria abbiano avuto
la faccia tosta di aver promosso questa agitazione”.
Abbeverati di bugie
"Vi fanno credere che i magistrati scioperano per
decurtazioni minime di stipendio. E' un'emerita balla:
nella sua ingiustizia (perché colpisce solo il pubblico
impiego) la manovra è anche iniqua perché nell'ambito
della stessa categoria dei magistrati ad alcuni toglie il
2% e ad altri il 30%. Se un magistrato non dovesse
protestare a fronte di un taglio così penalizzante non
potrebbe difendere neppure i diritti dei cittadini che gli
si rivolgono. Ed è proprio quello che si vuole. Lo
sciopero, proclamato pubblicamente, serve ad evitare un
mercanteggiamento oscuro, che è proprio quello che la
politica vorrebbe. Se volete che negli ospedali pubblici
ci siano medici preparati, questi vanno pagati
adeguatamente. Altrimenti sarete curati da macellai. Lo
stesso vale per qualsiasi settore. Fatevi due conti".
Lo sciopero più ridicolo del mondo
"Questa ci mancava: i magistrati che scioperano per i
soldi! Un magistrato di prima nomina, cioè al primo giorno
di lavoro, guadagna 3.200 euro, dopo pochi anni ne
guadagna intorno ai 5.000, a fine carriera 10.000.I nostri
magistrati sono i più pagati e allo stesso tempo i più
lenti d'Europa. Solo in Italia inoltre esistono le
correnti, il cui unico scopo è quello di condizionare il
Governo di turno. Un magistrato tiene udienza due volte
alla settimana dalle 9:30 alle 12:30. I magistrati si
promuovo e si assolvono tra di loro, la percentuale di
avanzamento di carriere è del 98% circa, quella dei
licenziamenti dell'1%. Ci sarebbe da ridere se non ci
fosse da piangere".
Dibattito pubblico "Innanzi
tutto:i magistrati mettono in risalto i loro problemi
anche attraverso lo sciopero perché il "vaso è ormai
stracolmo" ed è stracolmo non solo per l'attacco ai loro
stipendi, ma per quello che stanno subendo in termini
discriminatori oramai da decenni. Altra questione io
gradirei sentire dalla viva voce di questa categoria,
innanzi tutto, quali sono le loro paghe reali. Non sarebbe
utile una bella discussione in televisione sulle
motivazioni della loro protesta? A me non interessa sapere
le motivazioni di chi la spara più grossa da parte di
gente che non conosce. Che cosa ne dite di una discussione
pubblica alla luce del sole di magistrati con Ministro
della giustizia? Già, per loro non è opportuno possano
dire la loro in televisione sulla realtà delle buste paga
e dello stato della magistratura e dove sono le
responsabilità".
I magistrati sono l'unico potere che serve
"Gli altri due, il legislativo e l'esecutivo, potrebbero
benissimo licenziare l'80% degli adepti che le cose
andrebbero meglio. Invece si pagano le "trote" regionali
9000 euro al mese per potere chiacchierare con le
igieniste mentali del premier elette. Un magistrato che
lavora 40 ore alla settimana non prende che l'ombra di
queste cifre".
LA RISPOSTA: "Non metto in dubbio la sua personale
abnegazione al lavoro ma darà atto che in Italia un
processo penale dura qualche anno ed uno civile arriva a
decenni (il massimo che ho letto sui giornali 40 anni)
senza poi parlare del tenore di molte sentenze che ci
lasciano quanto meno sbalorditi. Lei la chiama
"giustizia"? Peraltro non precisa se il suo stipendio
(€ 3.800) sia netto o lordo, nel primo caso, dopo solo 10
anni di lavoro dovrei usare un termine non corretto e me
ne astengo; se invece lordo direi che è una retribuzione
già da privilegiato e non me ne lamenterei più di tanto ed
eviterei di scioperare in un momento difficile come
l'attuale per milioni di lavoratori non baciati dalla sua
fortuna. In merito alla produttività, declamata dall'OCSE,
mi permetta di fare una considerazione se gli altri stanno
peggio di noi non vuol dire che noi stiamo bene .. non le
pare? e non assolve la sua "corporazione" o "casta" dai
privilegi che avete sempre avuto e continuate ad avere e
che altri in questo sito hanno ben evidenziato. Un
suggerimento per lei e suoi colleghi state tirando un pò
troppo la corda .. evitate di scioperare e abbiate un
basso profilo in questo periodo, il popolo italiano
incomincia ad essere stufo di non poter ricorrere alla
"giustizia" perché tra lungaggini e costi ... si
rischia di avere ragione "postmortem". Con tutta la
mia considerazione per la "Giustizia" con la "G"
maiuscola. Cordiali saluti
"La Magistratura, secondo me, è il principale
problema del Paese. Politicizzati, sindacalizzati,
vanitosi e megalomani. Niente a che fare con
l'imparzialità di giudizio. Purtroppo quelli che
rispondono a queste caratteristiche, anche se minoranza,
sono quelli che comandano".
Dobbiamo tenere
conto di queste osservazioni. Molte non riguardano i
giudici, ma le leggi, le procedure e gli strumenti di
lavoro (in particolare per quanto attiene alla lentezza
dei processi), ma è indubbio che la categoria dei giudici
non si fa amare e conseguentemente perde credibilità agli
occhi della gente. E' necessario che le Associazioni ei
magistrati s'impegnino, giorno dopo giorno, per restituire
smalto all'attività giudiziaria e rendere ai cittadini
quel servizio giustizia che la Costituzione e la nostra
cultura giuridica pongono al centro degli interessi e
della vita stessa della società. Fiat iustitia ne
peraet mundus!
(sia fatta giustizia
affinché il mondo non vada in rovina), come diceva Hegel.
5 giugno 1010
A Varese il 2 giugno
canzonette invece dell'Inno di Mameli
La classe dirigente
della Lega non riesce a crescere nonostante i successi
elettorali
di Salvatore Sfrecola
Roberto Maroni è un
Ministro della Repubblica, un buon Ministro dell'interno.
Ha giurato fedeltà alla Repubblica ed alle sue leggi, che
si è impegnato a rispettare e a far rispettare.
Eppure a Varese, il
2 giugno, ha assistito alla Festa della Repubblica nel
corso della quale non è stato suonato l'Inno di Mameli,
sostituito da canzonette, sia pure famose, ma sempre
canzonette. Neppure il bellissimo ma triste Va pensiero
dell'italianissimo Giuseppe Verdi, colui che i patrioti
sorvegliati a vista dagli sbirri dell'Imperial Regio
Governo d'Austria evocavano con un Viva Verdi, che
significava viva Vittorio Emanuele Re d'Italia.
Una carnevalata, ha
scritto il Corriere della Sera, un segno di
debolezza, credo di poter affermare, dopo che Renato
Mannheimer ha accertato che oltre il 70 per cento degli
elettori leghisti considera positivamente l'unità
nazionale.
Non leggono, forse,
i sondaggi Bossi e i suoi uomini? O non sanno
interpretarli? O pensano che nell'attuale sconcerto
dell'opinione pubblica si debbano rispolverare i luoghi
comuni del Nord virtuoso e di "Roma ladrona", dopo aver
detto che tutto andava bene, che la crisi era alle spalle
e la ripresa in atto, mentre si prospetta una
significativa riduzione dei servizi pubblici locali e di
quelli sanitari in specie per rientrare nei parametri del
patto di stabilità imposto dall'Europa?
Delude la Lega
delle buone pratiche amministrative, dell'attenzione alle
aspettative della gente, che si è allargata verso il
Centro, fino a sfiorare la Capitale. Un insulto all'Inno
nazionale dopo aver insultato ripetutamente la bandiera!
Il Presidente
Napolitano sarebbe contrariato anche dell'assenza di
Ministri leghisti alla parata di via dei Fori Imperiali.
Non basta. Il Capo dello Stato vuole evitare di far
crescere la tensione nei confronti della maggioranza.
Spetta al Presidente del Consiglio richiamare all'ordine i
suoi ministri, imponendogli un comportamento più consono
al loro ruolo costituzionale ed al giuramento sottoscritto
all'atto della formazione del Governo. Se Bossi e soci si
comportano così è perché il Cavaliere ha sempre dimostrato
di essere succubo della Lega, dei voti che assicura al
Nord. Ma attenzione, la volubilità degli italiani ha fatto
brutti scherzi in passato a governi di vario colore,
soprattutto quando hanno attentato alle loro tasche
3 giugno 2010
Evidentemente il Premier
si crede spiritoso
Berlusconi sul più
giovane magistrato d'Italia:
"poverino sarà
disperato"
di Senator
In vena di scherzi
e battute, come sempre il Presidente del Consiglio ne ha
per tutti nei giardini del Quirinale, dove partecipa al
ricevimento per la Festa della Repubblica. Caracollando,
secondo il suo abituale incedere che evidentemente ritiene
raffinato, il Cavaliere, come riferisce il Corriere
della Sera, ad una signora che gli si avvicina e dice,
"Presidente, sa che mio figlio è il più giovane magistrato
d'Italia?" risponde "poverino, sarà disperato".
La frase potrebbe
avere varie interpretazioni. E' disperato perché è il più
giovane e si trova a convivere ed a lavorare con colleghi
più anziani di lui. Improbabile. La magistratura si è
molto ringiovanita. E comunque sarebbe un'attenzione per
il lavoro di magistrato che non abbiamo mai sentito uscire
dalle labbra del Premier che invece dei
giudici ha detto che sono
delle persone "mentalmente disturbate".
Il 4 settembre
2003, in un'intervista realizzata da Boris Johnson,
direttore del settimanale conservatore britannico The
spectator e da Nicholas Farrel, editorialista de La
voce di Rimini, invitati dal Premier in Sardegna,
nella sua residenza di Porto Rotondo il Cavaliere
definisce i giudici "persone mentalmente disturbate,
altrimenti non potrebbero fare quel lavoro".
In quella occasione
ce l'ha anche con
i giornalisti. Sostiene che
lo attaccano perché sono "gelosi e vorrebbero essere me".
Come sempre Paolo
Bonaiuti tenta di rimediare, una sorta di marcia indietro.
Parla di "battute sul filo del paradosso", e sostiene che
il resoconto è viziato "dalla differenza di lingua" e da
una "coloritura giornalistica". Nessuna smentita, dunque.
D'altra parte è
quello che ritiene il Premier disturbato dal fatto che, di
tanto in tanto, per il suo pregresso ruolo di imprenditore
ben corazzato politicamente, viene indagato dai giudici.
C'è un'assoluta
ostilità nei confronti della magistratura. Anche lo stesso
Angelino Alfano non ne fa mistero, anzi si esibisce in
performance certamente assai gradite a chi lo ha
tolto dall'anonimato per farne un ministro della
Repubblica, anzi il Ministro della Giustizia. Così, quando
finita la bagarre della presentazione delle liste
elettorali, ad elezioni avvenute, a Ballarò, a Di
Pietro che gli chiedeva se non ritenesse di dover
restituire la loro dignità di onesti magistrati dello
Stato ai vari giudici intervenuti a giudicare dei ricorsi
in materia di liste il Ministro non ha inteso ragioni, e,
nonostante le ripetute sollecitazioni, ha menato il can
per l'aia.
Pessima figura. Con
un po' di onestà intellettuale, a cose fatte, dopo il
successo conseguito nelle elezioni regionali avrebbe
potuto riconoscere che quei magistrati avevano fatto il
loro dovere fino in fondo.
Non si incarnano
così le istituzioni, Berlusconi e i Berluscones
imparino da ciò che accade all'estero dove nessun politico
insulta i giudici perché inquisito. Forse accade nelle
repubbliche delle banane. Ma dubito che anche lì,
almeno nella forma, il senso delle istituzioni sia
mantenuto.
2 giugno 2010
Uno sciopero che la
gente non capisce
Le associazioni dei
magistrati non sanno comunicare
di Iudex
Abituati a scrivere
sentenze, ordinanze e decreti, indicando nelle premesse,
leggi ed atti "visti", con molti "considerato" e
"ritenuto", per dare una sequenza logica al ragionamento
destinato a chiudersi con un P.Q.M. (per questi motivi),
che apre alla decisione adottata in nome del popolo
italiano, i giudici hanno poca dimestichezza con il
linguaggio della comunicazione politica e giornalistica e
ne pagano le conseguenze nel momento in cui contestano la
manovra economica destinata a "limare", come si usa dire,
i loro stipendi: - 5 per cento tra 90 mila e 150 euro, -
10 per cento sulle somme ulteriori.
La categoria
protesta, l'Associazione Nazionale Magistrati e le altre
associazioni del magistrati amministrativi (TAR e
Consiglio di Stato) e contabili (Corte dei conti) e degli
Avvocati dello Stato preannunciano uno sciopero ritenendo
che la riduzione dello stipendio incida sull'indipendenza
di giudici e pubblici ministeri.
La gente chiamata a
sacrifici, per riduzioni di stipendi (i dipendenti
pubblici) e per la probabile contrazione di servizi
sociali in relazione ai minori trasferimenti agli enti
locali, non capisce le ragioni di questa protesta. Ritiene
i magistrati una categoria privilegiata ("Ultracasta" l'ha
definita Stefano Livadiotti) dal punto di vista degli
stipendi e poco produttiva, considerati i tempi della
giustizia, soprattutto di quella civile. E la stampa,
soprattutto quella vicina al Governo ed alla sua
maggioranza, che ha fatto della polemica contro la
magistratura un motivo dominante della sua battaglia
politica, enfatizza ogni questione che possa mettere in
cattiva luce i magistrati, dalla lentezza dei processi,
appunto, alle scarcerazioni che la gente non capisce, alle
inchieste che non si concludono mai e che, quando
interessano personaggi in vista della politica e
dell'economia, spesso finiscono con l'accertamento della
prescrizione.
La gente non sa che
il carico di lavoro è enorme, che le leggi più recenti
sembrano fatte apposta per impedire le indagini, come
dimostra la normativa in corso di approvazione in Senato
sulle intercettazioni, criticata perfino dal
Sottosegretario alla Giustizia del Governo americano.
Ma torniamo alla
questione delle misure anticrisi ed allo sciopero
preannunciato in difesa della autonomia della
magistratura.
La gente non sa che
il trattamento economico dei magistrati, a differenza di
quello degli altri pubblici dipendenti, non è determinato
in sede di contrattazione collettiva tra Governo e
Sindacati o definito autonomamente dal Ministro, dal
Presidente della Regione o dal Sindaco, come avviene per i
dirigenti e per gli amministratori di quella miriade di
società a capitale pubblico che un tempo erano
semplicemente aziende autonome e municipalizzate con gli
stessi stipendi dei dipendenti pubblici. Un esempio per
tutti, tratto dal Corriere della sera di qualche
giorno fa: il Capo di Gabinetto del Sindaco di Roma, un
ente in gravi difficoltà finanziarie, che ha implorato, e
ottenuto, l'aiuto del Governo, gode di una indennità di
298 mila euro, molto di più di quanto, allo stesso titolo,
è riconosciuto ai Capi di Gabinetto di molti ministri.
Per i magistrati lo
stipendio è stabilito dalla legge, a garanzia della loro
indipendenza e per evitare di vedere una categoria di
pubblici dipendenti che incarnano un potere dello Stato,
la Magistratura, entrare in rotta di collisione con un
altro potere dello Stato, il Governo. Per accentuare
questa autonomia è anche stabilito, sempre con legge, che
i magistrati conseguono un aumento periodico percentuale
ancorato alla media degli aumenti delle altre categorie
del pubblico impiego. In sostanza se professori,
ministeriali, militari, ecc. conseguono un aumento se ne
avvantaggiano anche i magistrati con un meccanismo
percentuale che ha una evidente funzione perequativa.
Ora la manovra
economica non solo riduce gli stipendi come si è già
detto, ma blocca gli aggiornamenti periodici in funzione
perequativa e sterilizza le promozioni dei magistrati più
giovani.
Non è dubbio che
colpire una categoria che non può contrattare il proprio
trattamento economico e che nella stragrande maggioranza
non ha altre fonti di sostentamento, considerato che
articoli e libri non hanno arricchito nessuno, con
esclusione del prode Bruno Vespa, l'aedo del Cavaliere, è
un'azione che va contro l'indipendenza della Magistratura.
Ma la gente non lo capisce. Ritiene che gli stipendi di
cui parlano a volte i giornali, buoni ma nettamente
inferiori a quelli dei grad commis dello Stato e
degli enti pubblici, siano un privilegio, soprattutto
perché la Giustizia obiettivamente funziona poco.
Continuare su
questa polemica non giova ai magistrati. I quali, invece,
dicendosi consapevoli che la situazione richiede sacrifici
dovrebbero accettarli, ma protestare per la sperequazione
che la manovra attua all'esterno, perché colpisce solo il
lavoro dipendente in specie pubblico, e all'interno
perché danneggia i più giovani.
Bene ha fatto,
dunque, l'Associazione Magistrati della Corte dei conti
che, nel
proclamare lo sciopero della categoria, "con tempi e
modalità che verranno concordati unitamente alle altre
magistrature", ha denunciato
che le
misure contenute nel
decreto-legge all’esame del Parlamento, "oltre a risultare
gravemente discriminatorie nell’ambito dello stesso
comparto del pubblico impiego, l’unico colpito dalle
misure anticrisi, finiscono per essere anche lesive
dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati, poiché
incidono sul meccanismo dell’adeguamento stipendiale - che
opera solo a seguito degli aumenti ottenuti dalle altre
categorie di pubblici dipendenti – e, ancor più
gravemente, bloccano le progressioni di carriera dei
magistrati con minore anzianità di servizio". Aggiungendo
che "la Corte dei conti ha ripetutamente, e anche di
recente, segnalato al Governo e al Parlamento inefficienze
e sprechi sui quali sarebbe possibile incidere
concretamente, recuperando anche nell’immediato risorse
ben superiori a quelle che potranno derivare dai tagli
previsti nella manovra". Concludendo che "non solo non si
perseguono adeguatamente sprechi e corruzione, ma anzi,
con provvedimenti anche recentissimi, sono state
pregiudicate le possibilità di recupero di ingenti danni
erariali, già individuati o accertati dalla magistratura
contabile".
Un linguaggio
chiaro, comprensibile dalla gente disgustata dagli sprechi
e dalla corruzione che ogni giorno vengono alla ribalta
della cronaca. Situazioni denunciate proprio dalla
magistratura contabile che nelle più recenti relazioni in
occasione dell'apertura dell'anno giudiziario e nei
referti al Parlamento ha indicato le aree e le fonti di
spreco, rimanendo inascoltata.
Nel frattempo il
giornale "di famiglia", che fa da cassa di risonanza delle
opinioni del Presidente del Consiglio continua a
martellare l'opinione pubblica, peraltro sempre meno
convinta di queste "verità", che i magistrati italiani
guadagnano più degli altri e lavorano meno. Come scrive
Francescο Cramer su
Il Giornale con stucchevole ripetitività, disturbato
per il fatto che i giudici si siano detti pronti allo
sciopero "e anche ad altre forme di protesta alternative
allo sciopero", il cosiddetto "sciopero bianco",
consistente nel rigoroso esercizio delle funzioni "senza
svolgere alcuna delle attività di supplenza di cui si
fanno carico abitualmente per le carenze di organico del
personale amministrativo". Dà fastidio perché questa
protesta mette in risalto le gravi inefficienze dei
tribunali per mezzi e uomini, senza dire delle procedure.
Una situazione che denuncia soprattutto la disattenzione
della classe politica di maggioranza dedita solo alla
limitazione delle intercettazioni, un piacere fatto a
molti, soprattutto a concussori e corruttori.
Così Cramer snocciola dati che sarebbero consegnati in
un recente studio del
Consiglio d’Europa i cui dati appaiono ictu oculi,
per usare il latino dei tribunali, inattendibili, non
tanto per i 1.292 tribunali italiani contro i 595 inglesi
e i 773 francesi (ma non è forse compito del Governo e del
Parlamento stabilire il numero delle sedi giudiziarie?).
Poi ogni 100mila abitanti la Francia ha 11,9 giudici, la
Spagna 10,1, la Gran Bretagna 0,7, l’Italia 13,7. Forse
Cramer non conosce i dati del carico giudiziario in un
Paese nel quale si ricorre al giudice per ogni minima
controversia. "In Italia ogni toga ha 4,2 addetti mentre
la Germania ne ha 2,9". Anche qui si tratta di vedere come
sono fatte le statistiche, quali dati assumono a base
delle rilevazioni. Non ho mai avuto 4,2 addetti. Anzi
spesso ho avuto una parte di segretario o segretaria,
condiviso/a con altri colleghi.
E' un po' come la famosa statistica di Trilussa, secondo
la quale se la metà degli italiani mangia un pollo a testa
vuol dire che tutti gli italiani mangiano mezzo pollo al
giorno.
Ma certa stampa non ha interesse e voglia di approfondire,
di dire come stanno le cose di contribuire, sia pure con
critiche fondate, al miglioramento della Giustizia. Il
Presidente del Consiglio, a capo di una istituzione dello
Stato, afferma che i componenti di un'altra istituzione,
quella che deve assicurare la pacifica convivenza dei
cittadini, è fatta di disturbati mentali. Necessariamente
di disturbati mentali. E parte della stampa lo segue. E'
un'azione eversiva, senza mezzi termini, che ha paragoni
solo nelle classiche repubbliche delle banane.
Detto questo riprendo quanto ho cominciato a dire
iniziando. I Magistrati italiani e le loro associazioni
dovrebbero rivolgersi a persone esperte di comunicazione
per individuare il taglio da dare alla loro protesta e per
ottenere consensi tra la gente. Quello della comunicazione
è un mestiere lontano mille miglia dalla mentalità dei
magistrati che spesso non sanno comunicare neanche il
senso delle loro pronunce con un linguaggio accessibile ai
cittadini.
Figurasi se possono entrare in competizione con il
Cavaliere che ha convinto molti di essere un liberale. Per
cui Camillo di Cavour e Luigi Einaudi si rivoltano nella
tomba.
1° giugno 2010