GIUGNO 2019
In ricordo di Antonio Galano
di Salvatore Sfrecola
Ciao Antonio, amico da anni lontani, nei quali pensiero
e azione ci hanno accomunato, tanto ci piaceva discutere
e approfondire, fare ipotesi ed attuare iniziative,
guardare lontano, forse, a volte, sognare.
Ti daremo un
saluto non formale domattina, nella Chiesa di San Pio X
alla Balduina a poche decine di metri dalla tua
abitazione, in quel viale delle Medaglie d’oro, arteria
centrale di un quartiere che ricorda eroi e martiri,
italiani che hanno servito con onore la Patria, spesso
con sacrificio della vita. Da Luigi Rizzo, l’intrepido
comandante del Mas che ha violato la munitissima base
austriaca di Buccari, ad Ugo de Carolis, il Maggiore dei
Carabinieri impegnato a Roma contro i tedeschi invasori
insieme al Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di
Montezemolo. Entrambi catturati dalla Gestapo finirono
alle Fosse Ardeatine dopo essere passati per la prigione
di via Tasso.
Le avevi
illustrate più volte con dovizia di riferimenti le gesta
di questi soldati. Ricordo, in particolare la tua
conferenza al Circolo Rex. Avevi condotto una ricerca
approfondita, sicché alcuni nomi che per molti di noi
indicano solo vie e piazze hanno assunto attraverso le
tue parole le dimensioni autentiche di personalità
forti, decise a tenere alto il vessillo della Patria che
per i militari era anche fedeltà al giuramento prestato
al Re. Personalità diverse, esperienze diverse, ma di
tutti ricordavi l’impegno condotto senza timore per la
propria persona, convinti che quello di prendere le armi
contro l’invasore per riscattare l’onore dell’Italia
fosse un dovere da compiere a qualunque costo.
Ci eravamo
sentiti e visti ancora di recente. Mi avevi detto nei
giorni scorsi “vieni a trovarmi”. Non ho avuto il tempo
e adesso me ne rammarico. Eri stato discreto, come
sempre, sulla tua salute. Non avevo capito, non pensavo
che ci avresti abbandonato così presto.
Alla notizia ho
pianto. Avevo trattenuto le lacrime in altre occasioni,
anche familiari. Ma ieri non sono riuscito. È stato un
pianto silenzioso. Ed ho ripercorso gli anni, i tanti
anni della nostra militanza nel Fronte Monarchico
Giovanile, a via Rasella, in quel Palazzo Tittoni dove
abbiamo imparato a sperimentare la difficile politica
monarchica in tempo di repubblica, guidati da quel
“l’Italia prima di tutto” che ci aveva lasciato Re
Umberto II, che andammo a salutare a Beaulieu sur mer.
Avevamo viaggiato tutta la notte in treno, senza
dormire, solo parlando di politica.
Qualcuno di noi
era attratto dall’impegno nei partiti. Liberali
entrambi, ma tu impegnato direttamente, sentivamo il
fascino del Risorgimento delle libertà, di quel periodo
di vigorosa aspirazione all’unità di quanti, provenendo
da ogni angolo d’Italia, mettevano a disposizione di
quell’ideale, invano perseguito lungo i secoli, le
intelligenze della migliore gioventù. Tutti volevano che
gli italiani “calpesti/desiri”, perché “non siam popolo
perché siam divisi”, si ritrovassero in un unico Stato,
che fu possibile solo grazie all’impegno coraggioso dei
Sovrani di Casa Savoia che osarono contro l’Imperial
Regio Governo e la sua potenza militare. Un faro
nell’Italia dai sette staterelli che perfino il campione
dei repubblicani, Giuseppe Mazzini, identificò
pubblicamente in una celebre lettera a Vittorio Emanuele
II come unica speranza d’Italia. Di questo parlavamo,
impegnati tuttavia ad attualizzare il messaggio che ci
proveniva da quegli uomini, un messaggio di speranza
anche per oggi, un tempo nel quale ricerchiamo la nostra
identità di italiani e di europei per sopravvivere alla
fine delle ideologie che spesso ha travolto anche le
idee che hanno alimentato la filosofia politica.
Quante battaglie
nell’ambito del Fronte Monarchico Giovanile e
dell’Unione Monarchica Italiana, quando mettevamo a
confronto esperienze ed aspirazioni, diverse secondo
l’indole, la formazione professionale, gli studi
condotti. Eravamo tanti ed impegnati in vario modo.
Vorrei fare qualche nome ma sono certo che ne
dimenticherei qualcuno, non per mancanza del ricordo ma
perché la mente vaga tra immagini in bianco e nero ed a
colori che fanno emergere volti che si ricorrono, amici
ed amiche dei quali sento la voce, percepisco l’accento
della regione di provenienza, battute che sono rimaste
nel mio patrimonio di esperienze umane straordinarie.
Poi, passato il
tempo dell’impegno giovanile il lavoro ci ha costretto a
diradare gli incontri, ma ogni occasione era propizia
per ritornare sulle nostre idee che continuavano ad
essere oggetto di riflessione mentre l’Italia si
avviava, da una repubblica all’altra, a perdere il senso
della sua storia, volutamente lasciata da parte, non
solamente nel dibattito politico ma anche nella scuola,
perché i giovani non sapessero che uomini illustri
avevano sacrificato la loro vita personale e
professionale per dedicare le migliori energie
all’interesse nazionale, perché passasse la versione
dell’italiano arruffone, che approfitta di quanto può e
come può, soprattutto se svolge una funzione pubblica,
per cui troppo spesso gente senza arte né parte oggi può
aspirare a ricoprire compiti parlamentari e di governo e
ad arricchirsi quando un tempo chi svolgeva un ruolo
pubblico inevitabilmente sacrificava patrimonio e
professione per servire lo Stato, per indossare “la
giubba del Re”, come titola un libro famoso sulla
corruzione scritto da Piercamillo Davigo, per ricordare
come nel suo paese fosse un onore servire lo Stato.
Abbiamo seguito
questo degrado, caro Antonio, e ne abbiamo parlato più
volte negli ultimi anni nella speranza di poter
contribuire in qualche modo alla rinascita di questo
nostro Paese. Non ci siamo mai scoraggiati ed anche di
recente ci eravamo ripromessi di discuterne. Non ce
l’abbiamo fatta. Ma non disperiamo neppure questa volta.
Continuerò fingendo che tu sia accanto a me ad aiutarmi
a riflettere e ad operare per la Patria nostra
amatissima.
Ciao Antonio,
amico mio.
Salvatore
21 giugno 2019
FRAMMENTI DI RIFLESSIONI
del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci
Giustizia amministrativa
È illegittimo il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, emanato di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze, del 12 febbraio 2018,
nella parte in cui fissa il compenso lordo minimo per i
componenti della commissione giudicatrice (Tar Lazio,
Sez. I, 31 maggio 2019, n. 6926, con commento di L.
Grassucci, “Illegittima la previsione con decreto
ministeriale di un compenso minimo per i commissari di
gara”, in www.Italiappalti.it, 5 giugno
2019).
Nomine del CSM ed altro
Come avevamo già previsto in questi Frammenti,
anche le prossime nomine del CSM non sfuggono a
ricorrenti critiche che possono proiettare ombre
sospette sui comportamenti della magistratura, a tutto
detrimento di quanti domandano giustizia.
Occupandosi dello spinoso problema, Marco Travaglio (“Chi
perde vince”, il Fatto Quotidiano, 7 giugno 2019)
ricorda, non a caso, quanto avvenuto, anni addietro, per
la nomina del Procuratore di Palermo che provocò un
ricorso al Tar del Lazio degli esclusi, che accolse il
gravame. Decisione, poi, disattesa dal Consiglio di
Stato, in sede di appello, con una tutt’altro che
esemplare sentenza (Presidente del Collegio ed
estensore, successivamente coinvolti in altre scabrose
vicende).
Auguriamoci che di qui a poco tutto possa concludersi
nel pieno rispetto della legge e non mediante regole e
criteri inesistenti, rabberciati per la bisogna.
Sono, infatti, quelli odierni, tempi particolarmente
duri per la credibilità della magistratura di ogni
ordine e grado.
In un recente e magistralmente documentato articolo,
Emiliano Fittipaldi (“Magistratura dipendente”,
L’Espresso, n. 24/2019, 10 ss.) osserva che “nel
gran bazar della giustizia le sentenze sono i prodotti
più venduti, ma sono molte le merci acquistabili”.
Al “mercato delle sentenze”, quanto emerge per le nomine
del CSM è connesso ad altre “inchieste che hanno
terremotato istituzioni che regolano la vita giudiziaria
ed economica del Paese… come quella su un presunto
mercimonio di sentenze dentro il Consiglio di stato…Un
paesaggio desolante, visto che Palazzo Spada è uno dei
centri nevralgici del bel Paese”.
Né è da meno il Consiglio di giustizia amministrativa
per la Regione siciliana, “campo da gioco preferito” da
un ben orchestrato “gruppo di faccendieri”.
In realtà, l’ultima inchiesta sul CSM “dimostra che il
sistema giudiziario è troppo debole e permeabile,
scalabile da soggetti senza scrupoli, degenerato in
strutture correntizie che, invece di difendere,
rischiano di distruggere l’indipendenza della
magistratura”.
Ma una cosa è certa. Ormai l’organo di autogoverno della
magistratura ha perso ogni affidabilità per il palese
discredito che ha gettato sull’intera categoria che ha
preteso di rappresentare.
Propaganda politica nella scuola
Una insegnante di scuola media statale di Palermo è stata sospesa
dal servizio per non aver vigilato sul lavoro degli
alunni che, nella ricorrenza del 25 aprile, hanno
presentato un video nel quale si accomunano le leggi
razziali del 1938 al decreto sicurezza voluto dal
Ministro Salvini.
È, a tale riguardo, da condividere quanto posto in risalto da
Salvatore Sfrecola (“Teacher ride per la prof. di
Palermo. A scuola è l’ora dell’indottrinamento”,
La Verità, 2 maggio 2019, 12) e cioè che della
docente “si può dire, con ragionevole certezza, che non
ha saputo spiegare come le leggi razziali siano un
unicum nell’ordinamento giuridico italiano e non
possono essere poste a confronto con la legislazione
sulla sicurezza, come tutte le leggi criticabile, ma
assolutamente non associabile alla legislazione
razziale”.
Dopo siffatto precedente, ripristinato l’insegnamento
dell’educazione civica nelle scuole, non si può non
temere che le lezioni di tale materia possano
trasformarsi in riprovevoli espedienti di propaganda
politica.
Sul Codice degli appalti
Il Ministro Salvini ha dichiarato che si rende ormai quanto meno
necessaria una sospensione biennale del Codice degli
appalti.
L’iniziativa del Ministro merita attenta considerazione con
l’auspicio che, trascorso il biennio, venga in toto
sostituita, entro breve e perentorio termine, questa
sorta di pateracchio, denominato Codice, palesemente
inadatto ed ostativo alle finalità che intende
perseguire. Situazione questa che l’eventuale
conversione dell’ultimo decreto in materia non può
riuscire a sovvertire.
Invero, il Codice appalti risulta, sotto molteplici profili,
decisamente inadeguato perché frutto di innumerevoli
rimaneggiamenti che lo rendono di ardua applicazione
concreta, dando così ampio spazio ai magistrati per la
strutturazione ondivaga degli istituti ed alla
burocrazia per rallentare ad libitum i tempi di
inizio dei lavori.
Mentre taluni sostengono che l’unico mezzo per vincere la
corruzione è comunque necessaria una normativa
minuziosa, altri ritengono che, pur non potendosi
considerare buona parte degli imprenditori integerrimi
gentiluomini, non possono certamente essere ritenuti
aprioristicamente affiliati alle cosche mafiose.
In ogni caso, sono sempre da escludere le assurde gare al ribasso
che hanno indubbiamente influito negativamente su ogni
lavoro appaltato.
Anche Totti dice addio alla Roma
Francesco Totti, con apprezzabile e condivisibile gesto di
dignitosa rilevanza, lascia la Roma di cui ancora oggi
rappresenta un glorioso passato.
Alla società e alla squadra altro non resta che un inutile
ciarpame.
Addio grande, indimenticabile Capitano.
Il C.S.M. nella bufera. La soluzione passa attraverso
una riforma costituzionale che preveda il sorteggio e
non l’elezione dei membri togati
di Salvatore Sfrecola
Mio padre amava ripetere che il magistrato dev’essere
come il prete, attento alle frequentazioni, in modo da
apparire sempre estraneo alle beghe dei suoi
parrocchiani. Non so se ripeterebbe oggi lo stesso
esempio, visto l’andazzo di certi ecclesiastici dalle
amicizie disinvolte. Ma è certo che il monito resta
valido per l’attenzione che chiunque eserciti funzioni
giudiziarie deve tenere non solo nei confronti di amici,
parenti e compagni di circolo sportivo, ma anche degli
ambienti politici.
Stona, dunque, ed è grave che nessuno l’abbia notato,
quanto ha scritto Franco Roberti, passato dalla
toga alla politica, che, intervistato da Il Fatto
Quotidiano dell’8 giugno parla di “noi” riferendosi
al PD, il Partito Democratico che lo ha
messo in lista per le elezioni europee. Certo è stato
eletto in quel partito ma l’atteggiamento disturba – mi
auguro non solo me – perché un tempo il magistrato che
scendeva in politica teneva ad apparire indipendente,
perché nessuno sospettasse che quella “passione”
politica non fosse sopravvenuta ma lo avesse
accompagnato e, in qualche modo, condizionato nel tempo
in cui esercitava le funzioni di giudice o di pubblico
ministero. Che è poi quello che ha mosso Matteo
Salvini a “ricusare” giudici che, a suo dire, hanno
pronunciato sentenze che interpretano norme governative
come avrebbero in qualche modo preannunciato in
occasione di esternazioni di sapore politico che un
magistrato dovrebbe sempre evitare per non apparire “di
parte”. Che, poi, magari non è vero. Ma apparire
indipendente è necessario, posto che è “normale” che
indipendente lo sia.
Si comprende, dunque, come le polemiche che in questi
giorni accompagnano le notizie sull’inchiesta del
Procuratore della Repubblica di Perugia, Luigi De
Ficchy, un magistrato di grande valore e di lunga
esperienza, possano far molto male alla Magistratura se
la lente d’ingrandimento degli inquirenti si è fermata
sui comportamenti di alcuni componenti del Consiglio
Superiore della Magistratura intenti ad immaginare,
insieme a uomini di partito, chi avrebbe potuto essere
votato per la preposizione alle più importanti Procure,
a cominciare da quella di Roma, libera dopo il
pensionamento di Giuseppe Pignatone. Infatti,
sull’onda dello scandalo, per cui – tra l’altro - un
politico sotto indagini si sarebbe incontrato con alcuni
componenti del C.S.M. per concorrere alla scelta di
quello che sarebbe stato il suo inquisitore, vanno
emergendo ipotesi varie di “riforma”, come quella della
separazione delle carriere di giudici e pubblici
ministeri, della sottoposizione di questi alle direttive
del Governo, della eliminazione della obbligatorietà
dell’azione penale. Se ne parla da tempo con opposte
valutazioni, ma il pericolo è sempre quello che Governo
e Parlamento intervengano sull’onda delle emozioni. Non
va mai bene, malissimo in materia di Giustizia, che è
interesse di tutti sia oggetto di iniziative di riforma
particolarmente meditate.
La riforma fondamentale, visto che parliamo di nomina
dei responsabili degli uffici direttivi, in particolare
delle Procure, cui spetta l’esercizio dell’azione
penale, è quella di una composizione del Consiglio
Superiore in qualche modo impermeabile alla politica. Ed
anche alle correnti interne, considerato che esse hanno
dimostrato nel tempo di essere non solamente espressione
di orientamenti culturali e di indirizzi
giurisprudenziali ma di portare nel dibattito interno
elementi di carattere ideologico molto spiccati, come
dimostrano i documenti presentati in congressi e
convegni, in particolare, di Magistratura Democratica,
da sempre “vicina” alle sinistre, a cominciare dal
Partito Comunista Italiano.
Il C.S.M., espressione dell’indipendenza di
quell’“ordine autonomo e indipendente da ogni altro
potere” che è la Magistratura, come si legge nell’art.
104 della Costituzione, presieduto dal Capo dello Stato
e con componenti di diritto il Primo Presidente della
Corte e il Procuratore Generale della Cassazione, è
composto per due terzi da magistrati ordinari eletti
“tra gli appartenenti alle varie categorie” e per un
terzo da eletti dalle Camere. Eletti, dalle correnti,
cioè da gruppi portatori di orientamenti culturali e
ideologici che si riversano nel voto dei componenti
togati i quali, al momento della scelta, attribuiscono
le loro preferenze ai colleghi di corrente o comunque ad
essa vicini, anche sul piano ideologico. Roberti
le difende. “servono all’elaborazione del pensiero della
giustizia”, dice. Ma sa bene che organizzano il consenso
ai fini delle elezioni e delle scelte.
L’esperienza ci dice, infatti, di una progressiva
degenerazione del sistema dovuto proprio alla elezione
attraverso le correnti che organizzano il consenso
all’interno della magistratura per cui il magistrato che
si candida ad un posto direttivo, Presidente di
Tribunale o di Corte d’appello, Procuratore della
Repubblica o Procuratore Generale, ha speranza di veder
accolta la propria istanza solamente se appoggiato da un
gruppo che conta autorevoli rappresentanti nel CSM.
Tra i primi a criticare questo sistema Piercamillo
Davigo, all’atto del suo insediamento nel ruolo di
Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Non
va bene disse perché introduce elementi personalistici
che nulla hanno a che fare con scelte che dovrebbero
essere guidate da una obiettiva valutazione della
specifica professionalità ed esperienza in relazione
all’esercizio di una determinata funzione.
Le correnti della Magistratura, tuttavia, non ci stanno.
Negano che la loro influenza nel CSM ne condizioni le
scelte. Il tema è antico ma in questa stagione la
polemica si è aggravata e la lotta “di potere”,
un’espressione che dovrebbe essere bandita quando si
parla di Giustizia, è diventata ancora più esasperata da
quando Matteo Renzi ha ridotto il limite di
permanenza in servizio dei magistrati (da 75 a 70 anni)
così scatenando una lotta furibonda per l’assegnazione
dei posti di vertice di gran parte degli uffici
giudiziari. Non solamente nella Magistratura ordinaria
ma anche in Consiglio di Stato e Corte dei conti, con
l’effetto di far giungere al vertice di uffici
importanti magistrati con insufficiente esperienza.
Nella gestione delle nomine, come ha dimostrato
l’inchiesta di Perugia, le scelte vengono pesantemente
determinate dalle varie componenti presenti nel CSM dove
siedono laici eletti dal Parlamento, cioè dai partiti, e
togati scelti dalle varie correnti della Magistratura,
per cui è inevitabile che i curricula dei
partecipanti alle procedure di assegnazione siano
esaminati almeno sotto due profili, uno per qualche
verso “politico”, l’altro dell’appartenenza ad una
determinata corrente dell’ANM. Fuori di questa logica
non c’è spazio. Clamoroso il caso di Giovanni Falcone
che, nonostante l’esperienza che poteva vantare nella
lotta alla mafia, fu superato nell’attribuzione del
posto di capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo da un
collega, certamente più anziano, ma ignoto ai più, con
una esperienza che forse sarebbe stato meglio utilizzare
altrove.
Una soluzione s’impone, dunque, rapidamente per
restituire serenità alla Magistratura con una modifica
incisiva della composizione degli organi di autogoverno.
Ma serve una modifica della Costituzione che prevede
l’elezione. La soluzione è una sola, quella di prevedere
che i componenti togati siano scelti sulla base di un
sorteggio tra tutti i magistrati in servizio, tenendo
conto di anzianità e funzioni svolte, in modo da
assicurare all’organo di autogoverno esperienze e
professionalità diverse, capaci di una equilibrata
valutazione delle candidature ai vari posti di funzione.
Ci sarà sempre la possibilità che un magistrato
sorteggiato nel CSM possa essere “sensibile” alle
aspettative del collega di concorso o che ha condiviso
con lui qualche esperienza professionale. Ma non ci sarà
più una scelta per motivi di appartenenza correntizia a
tutti i costi, anche quando sia evidente che il
candidato non ha i requisiti per ricoprire il ruolo per
il quale concorre.
8 giugno 2019
L’alchimia che trasforma le Pensioni in
Oro
di Serenella Pesarin e Antonio Grassi
Sappiamo che l’età media della popolazione si sta
alzando, mentre aumenta l’attesa di vita nell’età
avanzata e la coorte del baby boom post-bellico sta
entrando in tale età, grazie anche all’accresciuta
qualità della vita e alle conquiste della medicina. Di
fronte a questo insorgente mondo di “vecchi”, alla
dilagante disoccupazione giovanile, all’assenza di
politiche sociali preventive, alla povertà in aumento,
all’afasia di rimedi nel breve periodo, la strada più
semplice da percorrere è quella dell’odio di classe o di
status. Per legittimare questo odio di classe serve
identificare in alcuni livelli sociali gli untori di
manzoniana memoria! Ed ecco che alcuni tipi di anziani
vengono improvvisamente proposti alla collettività come
ladri e truffatori. Chi sono? I pensionati dalle
cosiddette “pensioni d’oro”! Senza alcuna distinzione
tra chi ha versato negli anni cospicui contributi e chi
no! E così sentiamo parlare di tutti questi anziani,
indistintamente, come dei fuorilegge, dei predatori
perché “hanno ridotto il Paese in queste condizioni”, o
perché, solo esistendo, hanno rubato e rubano ai giovani
la possibilità di inserirsi nel mondo occupazionale
grazie ai privilegi di cui, nessuno escluso, hanno
goduto. Ma ecco il rimedio magico per questa malvagia
presenza: la rottamazione, iniziata da Renzi, prende il
posto della trasmissione intergenerazionale dei saperi e
dell’esperienza che si accresce solo con il trascorrere
degli anni. Questa rottamazione colpisce un nucleo,
anche numeroso, ma socialmente più debole rispetto alla
grande massa. Ma è il principio della rottamazione che
conta e basta una disposizione di legge per farne poi
indebitamente una regola generale. Ecco una
esemplificazione di qualcosa già realizzato. Il
caregiver (significato: datore di cure), nato per
valorizzare gli aspetti affettivi di chi si prende cura
di un minore bisognoso di cure (di una minoranza, per
fortuna), è stato poi usato come “cavallo di Troia”, per
introdurre provvedimenti che stanno abbattendo qualsiasi
differenziazione tra madre e padre sul piano sociale.
Poiché tutti possiamo essere caregiver, il ruolo
biologico di madre e padre viene così liquefatto e il
Caregiver (cavallo di Troia), destinato ad un nucleo
minoritario, si è poi esteso come una epidemia
attraverso “gli untori di turno”, ben nascosti nel
ventre del cavallo, dissolvendo in un grande magma
indifferenziato il significato unitario di famiglia.
Diventa a questo punto indispensabile proporre alcune
riflessioni che sono fondamentali secondo noi per
comprendere lo sfacelo individuale e sociale in cui
viviamo come anziani, come giovani, come coppie, come
lavoratori, come pensionati, etc. In questo sfacelo
trova la sua funzione la rottamazione degli anziani, di
cui il taglio delle pensioni cosiddette d’oro
rappresenta uno step necessario per avviare, o, meglio
sarebbe dire, continuare il processo di abbattimento
della funzione paterna; obiettivo” eclissare il padre”!
Abbattuto il Padre Celeste, con la morte di Dio
celebrata nel secolo scorso, bisognava abbattere anche
la funzione paterna terrena, mediatrice di
Verità-Regole- Etica-Sacralità. Oggi ci troviamo ad
affrontare un grande mostro nella caotica
indifferenziazione del parassitismo e della predatorietà
sociali, presenti anche nell’agone politico. Ed ecco che
nel caso del taglio delle pensioni che diventano, per
puro slogan elettorale di qualcuno, improvvisamente
”d’oro”; a livello inconscio profondo il significato
vero sta nell’attuazione di una rottamazione del valore
della tradizione, cioè del passato. Se tu impoverisci
gli anziani, non li colpisci solo sul piano esistenziale
cosciente, ma ne impoverisci il valore (denaro) anche
per il significato che hanno nel contesto sociale. Se
poi lo fai in maniera retroattiva, prendi “due piccioni
con una fava”: dai corpo concreto al Grande Mostro, gli
permetti di colpire mortalmente anche Verità, Regole,
Etica. La Verità, costituita dal significato univoco che
aveva nel passato, vale a dire rapporto contrattuale
Cittadino–Stato, viene abbattuta sostituendola con la
relativistica verità del potere del momento: diventa
improvvisamente “d’oro” una pensione conquistata con il
sudore della fronte, a seguito di un patto specifico di
lavoro tra il cittadino e lo Stato contratto nel
passato. -Le Regole: quelle tra Cittadino e Stato, anche
queste abbattute in modo retroattivo, colpendo la parte
più debole. Ci lamentiamo della violazione delle regole
che ordinano il civile convivere della famiglia e dei
cittadini e produce la violenza di coppia, dei giovani
sugli anziani, degli adolescenti, dei figli che
aggrediscono i genitori, degli uomini che uccidono le
donne, di donne che bullizzano altre donne (e stanno
cominciando a farlo anche con gli uomini). Ma questi
fenomeni di violazione delle regole e dei confini
trovano un modello di identificazione “Alto”, un Ideale
dell’Io di freudiana memoria, proprio in uno Stato che
viola le Regole del suo rapporto con il Cittadino: una
decisione, quella del taglio delle pensioni, che
introduce il principio della legalità dell’illegalità.
Illegale e truffaldino è cambiare le regole con valore
retroattivo. Se passa un principio che consente al più
forte di turno sul piano del potere politico, non di
creare nuove regole per il futuro, ciò è legittimo, ma
di intervenire sulle regole del passato, regole che
hanno condizionato pesantemente, in termini di correlata
responsabilità e fatica, la vita di persone, tante
persone, milioni di persone, una volta instaurato questo
principio, che cosa dovremo insegnare ai nostri figli e
ai nostri giovani? Che non esistono regole certe neppure
nel rapporto tra Stato e Cittadino. Che lo Stato ritiene
che la democrazia non sia una bandiera da difendere, ma
una banderuola che deve seguire là dove spira il vento
del più forte di turno o di chi siccome non riesce a
rispondere ai problemi reali, quali la disoccupazione
giovanile, trova un capro espiatorio per assolversi
dalle proprie incapacità! Allora la verità, la
giustizia, l’etica, le regole sono solo parole - scatole
vuote in cui è” lecito “inserire quello che si vuole,
dove la” innovativa Regola Magistrale dello Stato” è
predicare bene e razzolare male. E che per ora loro , i
giovani, l’unica certezza civica che hanno è che a 70
anni, come gli attuali settantenni, faranno la stessa
fine degli anziani settantenni del “paleolitico sardo”.
Allora i giovani, vestiti di pelli di pecora (oggi in
giacca blu e camicia bianca), buttavano giù da una rupe,
uccidendoli, i settantenni, che opponevano come unica
forma di affermazione della propria dignità una risata
di sfida, che ha poi dato origine all’espressione “riso
sardonico”. L’Etica: viene posto in essere e si dà corpo
al principio antietico proprio dell’etica relativistica.
Qualunque patto tra cittadino e Stato può essere
trasgredito, in modo anche unilaterale e retroattivo, in
qualunque momento, subordinatamente alle esigenze di
parte di uno degli attori del patto: lo Stato,
rappresentato da chi esercita il potere pro-tempore. Il
principio operativo del relativismo etico anche ad un
livello politico. Esso già vige in alcuni settori della
giurisprudenza, nella formazione culturale scolastica ed
universitaria, nell’attuale concezione del termine
famiglia. Sul piano educativo lo Stato rischia di
trasmettere così ai nostri giovani nella forma più
efficace, cioè quella dei comportamenti, che la legge
che domina è proprio quella della trasgressione dei
principi e delle regole di base dell’esistenza umana,
scritte sulla pietra. Tutto diventa possibile, quando le
regole sono liquide! Si introduce una unica legge:
quella del Far West. Si fa quello che vuole colui
che è più forte e che spara più velocemente degli altri.
In questo stiamo all’erta! Se le pratiche educative -
comunicative sono centrate per formare sempre più
velocissimi pistoleri, non meravigliamoci poi se la
desertificazione culturale otterrà il suo primato su
quell’umanesimo pedagogico e sulla trascendenza dei
valori, vitale per salvaguardare quella dignità umana di
cui ogni persona è, indistintamente, portatore! Ma se le
cose stanno così unica via di salvezza e sopravvivenza
resta la terra promessa per gli anziani italiani del
terzo millennio: il Portogallo.
5 giugno 2019
FRAMMENTI DI RIFLESSIONI
del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci
Giustizia amministrativa
Il diploma di massofisioterapista, rilasciato ai sensi della
legge 19 maggio 1971, n. 403, non consente ex se
l’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia, né dà vita,
nella fase di ammissione al corso universitario, ad
alcuna forma di facilitazione, nemmeno se posseduto
unitamente ad altro titolo di scuola secondaria di
secondo grado di durata quinquennale.
L’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia potrà, quindi, avvenire
solo secondo le regole ordinarie che postulano il
possesso di un titolo idoneo all’accesso alla formazione
universitaria ed il superamento della prova selettiva di
cui all’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Cons.
Stato, Ad. plen., 9 novembre 2018, n. 16, con commento
di L. Grassucci, Secondo l’Adunanza plenaria
il solo diploma di massofisioterapista non è sufficiente
ai fini dell’iscrizione alla Facoltà di Fisioterapia,
in ItaliAppalti, 13 novembre 2018).
Ai sensi dell’art. 95 c.p.a., l’impugnazione deve essere
notificata, nelle cause inscindibili, a tutte le parti
in causa e, negli altri casi, alle parti che hanno
interesse a contraddire; pertanto, è sufficiente la
notificazione dell’appello al ricorrente in primo grado
e non deve essere disposta l’integrazione del
contraddittorio nei confronti degli altri soccombenti, i
quali, avendo una posizione coincidente con quella
dell’amministrazione, sono privi di interesse a
contraddire e non devono essere, perciò, evocati in
giudizio (Cons. Stato, Sez. III, 12 maggio 2017, n.
2245, a cura di A. Corrado, in
Guida dir., n. 33/2017, 94).
“Palazzo d’ingiustizia”
È il titolo di una nuova, scottante inchiesta di
Riccardo Iacona (Marsilio Editori, Venezia, 2018): “un
viaggio dietro le quinte della giustizia italiana, tra
opacità, correnti politiche e conflitti personali”.
L’autore ci conduce nelle stanze dei Palazzi dove si
esercita la ”malagiustizia” italiana, “puntando i
riflettori su un intricato groviglio di lotte fratricide
e interessi inconfessabili”.
È una demoralizzante storia della giustizia italiana e
di “come non viene esercitata”.
Un libro da leggere e da meditare.
Il tricolore non è uno straccio
Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo, nel corso di una
cerimonia pubblica, si è servito della bandiera
tricolore per lucidare una targa commemorativa.
Come ha ben evidenziato Salvatore Sfrecola (Il
disprezzo di Gori per la bandiera gli può costare due
anni di galera, in La Verità, 14 maggio 2019,
5), nella condotta del Sindaco “ci sono evidentemente
tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi dell’illecito
penalmente sanzionato dal comma 2 dell’art. 292 c.p.:
l’intenzionalità del gesto, che manifesta disprezzo; il
deterioramento del vessillo che, se usato per lucidare o
spolverare una targa, avrà certamente subito gli effetti
di tale impiego; la natura pubblica della cerimonia” e
ciò con evidente vilipendio al valore simbolico del
tricolore.
Ora pro nobis
Il Papa regnante rifiuta di ricevere il Ministro Salvini
e di stringergli la mano finché non muterà orientamento
su migranti e accoglienza.
Da “Il Vangelo secondo Bergoglio”.
Profugopoli
Il libro (Milano, 2016) di Mario Giordano, è un
documentato atto di accusa contro “quelli che si
riempiono le tasche con il business degli
immigrati”.
Si parla troppo spesso di accoglienza e solidarietà, ma
– scrive l’Autore – è sufficiente sollevare il velo
dell’emergenza immigrazione per scoprire che dietro il
paravento del buonismo si nascondono soprattutto affari.
Non sempre leciti, peraltro. Fra quelli che accolgono
stranieri, infatti, ci sono avventurieri improvvisati,
faccendieri dell’ultima ora, speculatori di ogni tipo…
che sulla disperazione altrui hanno accumulato notevoli
fortune.
Giordano ha percorso le vie della Profugopoli italiana,
raccontando sprechi, follie, assurdità, tangenti,
corruzione, seguendo il fiume di denaro che circola nel
nostro Paese sotto le mentite spoglie della solidarietà.
Addio De Rossi
Con De Rossi, mitico “Capitanfuturo”, è stata ammainata
l’ultima bandiera giallorossa.
Conduzione della Società a dir poco disastrosa.
Siamo, purtroppo, tornati tristemente alla “Rometta”
d’un tempo.
4 giugno 2019