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GIUGNO 2017

A Milano italiani e russi parlano del pensiero conservatore in Europa oggi

Importante incontro culturale e politico oggi a Milano, presso l’Hotel dei Cavalieri, per iniziativa della Lega Nord e del partito russo Partiya Dela ("Partito d'Azione"), sul pensiero politico conservatore in Europa. Si tratta di una Conferenza Internazionale e di una Tavola Rotonda.

I lavori saranno articolati in quattro sessioni.

Dopo i saluti degli organizzatori, Il dottor Alexey Lapushkin, Segretario del Consiglio federale del Partiya Dela e di Gianluca Savoini, Consigliere per la Politica Internazionale del Segretario Federale della Lega Nord, Matteo Salvini, e Presidente dell'Associazione Culturale "Lombardia-Russia”, interverranno:

il dottor Andrey Kobyakov, economista ed analista politico, Membro del Consiglio generale del Partiya Dela, Membro del Board of Organizers of the Moscow Economic Forum, Chairman of the Bord of tre Intitute of Dynamic Conservatism;

il dottor Srdja Trifkovic, editore degli Affari Esteri di Cronache: Una Rivista di Cultura Americana, Professore di Relazioni Internazionali, Rappresentante Ufficiale del Presidente del Movimento Serbo Dveri;

il dottor Yvan Blot, professore di scienze politiche e economiche, dottore in economia, ex deputato dei parlamenti europei e francesi (Partito del Fronte nazionale), membro dell'Accademie catholique de France;

Konstantin Cheremnykh, scienziato politico russo, scrittore;

Prof. Riccardo Cappellin, Professore Ordinario di Economia Industriale, Università di Roma "Tor Vergata", Coordinatore del Gruppo di discussione "Crescita, Investimento e Territorio".

La Seconda Sessione sul tema Conservatorismo moderno in Europa e Russia. Il ruolo dei partiti conservatori nei paesi europei. Conservatorismo e l'identità nazionale sarà aperta da Alexey Lapushkin, Segretario del consiglio federale di Partiya Dela ("Partito d'azione").

Prenderà, quindi, la parola Gianluca Savoini, Consigliere per la Politica Internazionale di Matteo Salvini e Presidente dell'Associazione Culturale "Lombardia-Russia".

I successivi oratori saranno:

il dottor Eliseo Bertolasi, della LegaNord, co-fondatore dell'Associazione culturale "Veneto-Russia", dottore di ricerca in antropologia culturale e ricercatore in geopolitica presso l'Istituto di studi avanzati in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG );

Cendrine Chereil de la Rivière, candidato per le elezioni del Parlamento per il partito Debout la France, già membro del Front National, consigliere regionale in Provenza e vicepresidente del Comune di Toulon;

il Prof. Giuseppe Valditara, ordinario di Diritto Romano nell’Università di Torino e Direttore Scientifico di Logos Magazine.

Nel pomeriggio la Terza Sessione tratterà del Consolidamento delle Forze Conservatrici (partiti politici, think tank, ONG, media): possibili modi e prospettive.

L’aprirà Gerard Hardy, presidente dei Volontaires pour le France.

Interverranno quindi:

Manuel Ochsenreiter, direttore del Centro tedesco per gli studi Eurasiatici;

Luciano Sandona, Consigliere regionale del Veneto (Lega Nord), Presidente dell'Associazione Culturale "Veneto-Russia";

Marine Voskanyan, giornalista e analista politico, coordinatore internazionale dei collegamenti del Forum economico di Mosca e di Partiya Dela.

La Quarta Sessione sul tema Concetto e agenda dell’International Conservative Club & Wordwide Conservative Network (Rete Conservatrice Mondiale) sarà presentata dal:

Dott. Andrey Kobyakov, Economista e Analista Politico, Membro del Consiglio Generale del Partito Politico Russo Partiya Dela ("Partito d'Azione"), Membro del Consiglio degli Organizzatori del Forum Economico di Mosca, Presidente del Consiglio dell'Istituto di Conservatorismo dinamico;

Alexey Lapushkin, segretario del consiglio federale di Partiya Dela.

Seguiranno gli interventi

Tra i partecipanti:

il dottor Yvan Blot, professore di scienze politiche e economiche, dottore in economia, ex deputato dei parlamenti europei e francesi (Partito del fronte nazionale), membro dell'Accademie catholique de France;

Gerard Hardy, presidente dei Volontaires pour le France;

il dottor Srdja Trifkovic, editore degli Affari Esteri di Cronache: Una Rivista di Cultura Americana, Professore di Relazioni Internazionali, Rappresentante Ufficiale del Presidente del Movimento Serbo Dveri;

Gianluca Savoini, Consigliere per la Politica Internazionale di Matteo Salvini del Partito e Presidente dell'Associazione Culturale "Lombardia-Russia";

Il dottor Eliseo Bertolasi, co-fondatore dell'Associazione culturale "Veneto-Russia"), dottore di ricerca in antropologia culturale e ricercatore in geopolitica presso l'Istituto di studi avanzati in Geopolitica e Scienze Ausiliarie ( ISAG);

Luciano Sandona, Membro del Veneto Veneto, Parlamento, Italia, LegaNord (Partito Lega Nord), Presidente dell'Associazione Culturale "Veneto-Russia";

Manuel Ochsenreiter, direttore del Centro tedesco per gli studi Eurasiatici;

Alexey Lapushkin, segretario del consiglio federale di Partiya Dela;

il Dott. Andrey Kobyakov, Economista e Analista Politico, Membro del Consiglio Generale dei Partiya Dela, Membro del Consiglio degli Organizzatori del Forum Economico di Mosca, Presidente del Consiglio dell'Istituto di Conservatorismo dinamico;

Konstantin Cheremnykh, scienziato politico russo, scrittore politico;

Marine Voskanyan, giornalista e analista politico, coordinatore internazionale dei collegamenti del Forum economico di Mosca e di Partiya Dela;

Tra gli invitati italiani:

il Prof. Gianpio Bracchi, Professore Rettore "Politecnico" di Milano, ex vicepresidente "Banca Intesa";

Pietro Foroni, Consiglio regionale della Lombardia;

Fabrizio Ricca, Consiglio Comunale di Torino;

Gianmatteo Ferrari, Vicepresidente dell'Associazione culturale "Lombardia-Russia";

Claudio D'Amico, Segretario per le Relazioni Esterne per Lega Nord, ex parlamentare al Parlamento Nazionale;

Alessandro Bernasconi, professore in procedura penale, Università di Milano;

Francesco Rotondi, esperto nel diritto del lavoro;

Roberto Brustia, esperto in politica estera, consulente aziendale;

Francesca Fuso, avvocato penalista, Milano;

Daniele Bracchi, avvocato internazionale, esperto geopolitico, Milano;

Pietro Foroni, Parlamento regionale lombardo;

Luca Bertoni, tesoriere dell'Associazione culturale "Lombardia-Russia";

Prof. Riccardo Cappellin, Professore Ordinario di Economia Industriale, Università di Roma "Tor Vergata", Coordinatore del Gruppo di discussione "Crescita, Investimento e Territorio".

13 giugno 2017

Legge elettorale: soglia di sbarramento e governabilità

di Salvatore Sfrecola

Sembra sia in dirittura di arrivo la nuova legge elettorale, enfaticamente definita “alla tedesca” per far intendere che è capace di assicurare quella governabilità che oltre il Reno è garantita da sempre, anche quando nessun partito ottiene la maggioranza assoluta. Naturalmente, come usa sulle rive del Tevere, dove purtroppo è evaporata la saggezza giuridica romana, le correzioni apportate al modello preso ad esempio hanno snaturano l’originale, sicché la legge in itinere è già definita maialinum, un “mega porcellum”, secondo la senatrice del Movimento 5 Stelle Paola Taverna. Infatti le liste sono bloccate, ciò che da sempre desiderano i capi dei partiti che, in tal modo, controllano i gruppi parlamentari e rafforzano il loro potere. Senza preoccuparsi della governabilità che interessa i cittadini ma della gestione dei bilanci pubblici alla quale comunque accedono in ragioni di coalizioni di governo che “democraticamente” si spartiscono la torta secondo le percentuali elettorali, insomma secondo il famoso “Manuale Cencelli”, anche sulla base di alleanze innaturali come quella alle viste tra Renzi e Berlusconi, l’unica possibile per fermare l’ascesa del Movimento di Grillo, che metterà in archivio le “prospettive riformiste” nelle quali credeva Walter Verini. Un Paese condannato alla instabilità che vuol dire ingovernabilità, il “trionfo del trasformismo”, come intravede Walter Veltroni.

Ecco perché i partiti hanno rigettato il Mattarellum che attraverso i collegi uninominali, consentiva agli elettori di individuare il candidato favorito o il meno peggio e che avrebbe effettivamente incoronato, al termine dello spoglio delle schede elettorali, chi avrebbe governato nei prossimi anni nel corso della legislatura. Invece preferiscono il proporzionale, così ognuno ha una fetta di potere che farà valere al tavolo delle trattative per la formazione del governo e degli incarichi parlamentari e “in proporzione” avrà una fetta di potere che cogestirà comunque. Potere che significa incarichi negli enti, nelle società e banche pubbliche, potere di gestire contratti di appalto ed assunzioni, il sottobosco nel quale si alimentano interessi non sempre limpidi.

Ce n’è abbastanza per giustificare quella disaffezione verso la politica che alimenta il successo dei cosiddetti populisti che non sono molto diversi dai partiti tradizionali, ma almeno si presentano come tali.

Tuttavia la “novità” della legge elettorale, della quale più si parla, è quella della soglia di sbarramento che impedisce l’ingresso in Parlamento ai partiti che non la raggiungono, quel 5% che sostituisce il 3% in precedenza previsto. La ragione della scelta è quella della semplificazione che, escludendo i piccoli partiti, i “cespugli”, come si dice nel linguaggio politico giornalistico, eliminerebbe il loro “potere di ricatto”, come esplicitamente affermato dai leader dei maggiori partiti quelli, in sostanza che nel tempo lo hanno subito.

Scenario verosimile certamente, ma che trascura la varietà e la variabilità delle scelte politiche parlamentari che caratterizzano il nostro mondo politico, perché lo sbarramento inevitabilmente favorirà la confluenza di gruppi e gruppuscoli in formazioni più ampie. Sicché l’effetto “ricatto”, parola brutta ma che potrebbe anche rivelare una più nobile difformità di opinioni su temi “sensibili”, si manifesterà all’interno dei partiti, che poi è quello che accadeva nella prima Repubblica quando i governi cadevano per manovre di correnti all’interno, soprattutto, della Democrazia Cristiana.

Questa varietà di opinioni è ineliminabile e non va eliminata, pena la crisi della democrazia che si regge sul consenso e sulle idee. Queste e non le indicazioni provenienti da interessi economici particolari dovrebbero governare i partiti i quali si presentano all’elettorato sulla base di una piattaforma programmatica, illuminata da idee forti che limiterebbero in radice la possibilità di influenze di interessi esterni non coerenti.

Il buon funzionamento di un sistema politico esige, dunque, certamente regole giuridiche, come quelle elettorali, che consentano la scelta dei rappresentanti del popolo, condizione perché la gente si appassioni alla politica, ma anche scelte ideologiche il cui valore si tende a trascurare anzi a negare, trascurando che nelle idee è il sale della democrazia, il motivo della partecipazione popolare, un dato che caratterizza le comunità politiche avanzate che poi sono quelle dove da più tempo il cittadino si sente veramente partecipe delle scelte che opera nel suo collegio elettorale. Un “gusto” per la politica che da noi si è perso da tempo e che i partiti non vogliono far rivivere.

3 giugno 2017

L’esilio dei morti

di Salvatore Sfrecola

La Festa Nazionale ovunque nel mondo è una gioiosa occasione per ricordare la data nella quale lo Stato si è formato, assumendo una autonoma configurazione territoriale, con propri confini e un autonomo ordinamento, spesso distaccandosi da un precedente contesto più ampio. In Italia, invece, noi festeggiamo il 2 giugno, un episodio nella storia italiana, tra l’altro notoriamente controverso, avvenuto in un contesto politico particolare con l’Italia divisa dalla guerra e con le armate di Tito minacciose al confine orientale omogenee ai reparti partigiani comunisti ancora in armi. Dimenticando che lo Stato unitario non è nato quel giorno ma molto prima, il 17 marzo 1861, quando fu proclamato il Regno d’Italia, per l’impegno di uomini di pensiero e di azione i quali, lungo buona parte dell’800, hanno immaginato, scritto ed operato perché l’Italia, la penisola che uno straordinario disegno della natura ha identificato come uno stivale nel Mare Mediterraneo. Così cessando di essere, come con disprezzo era stata qualificata dal Cancelliere austriaco Clemente di Metternich, “una espressione geografica” per divenire uno Stato moderno, costituzionale, che ha riunito le tante preziose realtà di questo meraviglioso paese, ricco di storia, di arte e di straordinarie intelligenze anche politiche, come il Presidente del Consiglio dell’unità d’Italia per “certificazione” proprio del Metternich: “in Europa allo stato attuale esiste un solo vero uomo politico, ma disgraziatamente è contro di noi: il Conte di Cavour”.

A distanza di 71 anni, la Repubblica, che si è accanita contro la Famiglia reale prevedendo alla 13^ disposizione transitoria che “agli ex re di casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale”, di fatto ha sancito anche l’esilio dei morti del re Vittorio Emanuele III, della regina Elena e del re Umberto II, uomo di straordinaria lealtà che ha saputo evitare una possibile guerra civile dopo il contestato esito del referendum. Meritava un monumento, lo hanno fatto morire fuori d’Italia.

Non è accaduto in nessuno Stato nel quale i sovrani sono stati spodestati. Non in Egitto, dove Re Faruq I, fu defenestrato il 23 luglio del 1952 da un colpo di stato di militari, comandati dal colonnello Gamal Abdel Nasser il quale, tuttavia, ne ha permesso la sepoltura nella grande moschea di Ahmad al-Rifāʿī, al Cairo, ai piedi della cittadella su cui svetta la moschea di Mehmet Ali.

Non è accaduto nei paesi nei quali i regni sono caduti sotto la violenza dell’Armata Rossa, dalla Bulgaria alla Romania, per anni sotto il tallone di Mosca. A Sofia, ad esempio, re Simeone, cui spetta il titolo sovrano, per non aver mai abdicato, è stato eletto primo ministro. A Bucarest a re Michele sono stati riservati gli onori che gli competono, insieme alla sua famiglia. Ad Atene è tornato re Costantino. Tutti a disposizione dei loro paesi cui molto possono dare, per esperienza e importanti relazioni personali, considerato che i più prosperi Stati europei sono delle monarchie.

Ebbene la Repubblica, che si è accanita contro Casa Savoia, la dinastia che è stata determinante nel moto risorgimentale e nella formazione dello Stato unitario, ha anche avocato allo Stato i beni personali dei sovrani, come se si trattasse di malfattori, non ha consentito finora la tumulazione nella sede naturale nella quale sono sepolti i sovrani d’Italia, il Pantheon, Vittorio Emanuele III, Elena del Montenegro, regina d’Italia e Umberto II. Il re riposa ad Alessandria, la regina a Montpellier dove è morta a seguito di una malattia incurabile, non essendole stato concesso neppure di farsi visitare da un medico di fiducia a bordo di una nave che aveva attraccato nel porto di Napoli essendo diretta in Francia. Umberto II riposa nel Monastero cistercense di Hautecombe nella Savoia francese.

L’esilio è istituto antico riservato ai nemici della Patria, applicato ai morti è una infamia contro la storia di un popolo. Napoleone Bonaparte, responsabile di milioni di morti, francesi e non solo, un generale che, alla stregua delle regole di oggi, sarebbe giudicato per crimini di guerra, riposa onorato nel sepolcro di porfido rosso finlandese, su un piedistallo di granito verde, attorniato da dodici colossali Vittorie in stile neoclassico, nella cripta de Les Invalides. I suoi resti mortali furono trasferiti nel 1840 dall’isola di Sant’Elena dov’era morto il 5 maggio 1821. La decisione la prese re Luigi Filippo appartenente alla dinastia spodestata dalla rivoluzione del 1789 che Napoleone aveva servito e della quale si era servito per scalare il potere. Marinai francesi, sotto il comando del principe di Joinville, portarono la sua bara in Francia a bordo della “Belle Poule”. Fu accompagnato al sepolcro da un grandioso corteo funebre, con la partecipazione di migliaia di parigini, fra cui Victor Hugo, che ne scrisse in alcune pagine memorabili.

In Italia il re soldato, il fante tra i fanti, per dirla con Gabriele D’Annunzio, della Grande Guerra, più esattamente della quarta guerra d’indipendenza, deve riposare all’estero tra l’altro in una chiesa a rischio attentati dell’ISIS perché gli è impedito di essere tumulato in Italia nell’anno della vittoria contro “il nemico storico”, per dirla con Luigi Einaudi, quando l’ultimo lembo di terra italiana occupata dallo straniero fu liberata e “i ragazzi del 99” giunsero a Trento e a Trieste.

La civiltà di un popolo si misura dal rispetto per la propria storia, un rispetto che, da quel 2 giugno 1946, si è progressivamente affievolito, dal momento in cui il potere è stato assunto in Italia da partiti che non avevano partecipato alla formazione dello Stato nazionale, i cattolici della Democrazia Cristiana, che pure avevano votato in gran parte per la monarchia al referendum istituzionale, e i comunisti che vantavano uno spirito internazionalista succubi dell’Unione Sovietica, alieni dal riconoscimento delle glorie patrie che, invece, nella patria del socialismo reale venivano esaltate, sia pure a fini di mobilitazione delle coscienze nella guerra contro i tedeschi.

Le conseguenze si vedono, gli italiani sono stati indotti progressivamente ad abbandonare il sentimento nazionale, la consapevolezza della loro storia, l’orgoglio della appartenenza che è un sentimento necessario per potersi confrontare con gli altri in Europa e nel mondo.

Si parla tanto di confronto e di dialogo interculturale. È evidente che in assenza della consapevolezza della propria identità il confronto è impossibile, è possibile solamente subordinazione.

2 giugno 2017

 

 

 

 

 


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